Girard e la Violenza Sacrificale

Crediti thecollector.com: https://www.thecollector.com/rene-girard-sacrifice-violence-scapegoating/

È ormai risaputo come il timore della “caduta dell’Occidente” e la messa in discussione dei valori fondanti dell’Europa costituiscano il fulcro del discorso politico dell’estrema destra. Le questioni legate alla politica migratoria e alle grandi tematiche sociali si intrecciano spesso con questo timore, divenendone un’estensione ideologica. 

Questo fenomeno si manifesta indipendentemente dal contesto geografico in cui tali correnti vengono analizzate: i temi che dominano il dibattito politico negli Stati Uniti vengono affrontati, in linea di massima, in modo analogo anche in Europa. Le estreme destre ripropongono spesso idee profondamente pericolose, come i rimpatri e le espulsioni di massa di migranti, seguendo con preoccupante aderenza le politiche adottate dagli Stati Uniti proprio in questi giorni. 

René Girard è forse uno dei filosofi più influenti degli ultimi decenni, e anche una breve introduzione al suo pensiero rischierebbe di risultare riduttiva. Tuttavia, è necessario richiamare alcuni punti chiave della sua filosofia, grazie ai quali è possibile interpretare chiaramente gli sviluppi recenti che stanno portando alla rinascita del neofascismo

La teoria mimetica di Girard sostiene che i desideri umani non siano innati, ma modellati attraverso l’imitazione degli altri. Questo processo genera rivalità, poiché gli individui finiscono per competere per gli stessi oggetti o status, dando origine a conflitti. Per ristabilire l’ordine, le società hanno storicamente fatto ricorso al meccanismo del capro espiatorio, trasferendo l’aggressività collettiva su una vittima innocente. Questo atto unisce temporaneamente la comunità, ma alimenta cicli di violenza, celati da miti che presentano il capro espiatorio come meritevole di punizione. 

Secondo Girard, è la tradizione giudeo-cristiana a essere principalmente responsabile dello smascheramento di questo meccanismo, poiché dà voce alle vittime e rivela l’ingiustizia insita nel processo del capro espiatorio. I Salmi e racconti come quelli del Servo Sofferente o di Giuseppe e i suoi fratelli iniziano infatti a svelare le dinamiche della rivalità mimetica e della violenza sacrificale, portando le società a riconoscere, e infine a rifiutare, questi schemi distruttivi. 

L’attenzione per le vittime rappresenta, per il filosofo, un imperativo morale che emerge da questa tradizione, ma porta con sé anche un lato oscuro: la possibilità di manipolare lo status di vittima per giustificare l’aggressione contro altri. 

Proprio in questo contesto si inserisce l’ascesa del neofascismo, che coincide con la creazione di un nuovo capro espiatorio: il migrante. Negli Stati Uniti questo fenomeno assume un carattere emblematico, soprattutto alla luce dei numerosi casi di veri e propri crimini contro l’umanità perpetrati dagli agenti ICE (Immigration and Customs Enforcement), dove centinaia di migliaia di migranti sono stati soggetti a espulsioni di massa senza possibilità di appello e senza alcun mandato legale da parte degli agenti che hanno eseguito tali azioni. 

Tuttavia, i rimpatri di massa non sono motivati dalla prevenzione di atti criminali da parte dei migranti. Infatti, né Trump, né JD Vance, né Thiel hanno mai citato una tendenza criminale diffusa tra le numerose comunità latine, che costituiscono una parte significativa della popolazione di alcuni stati del sud. Al contrario, viene spesso utilizzata una retorica di vittimismo per giustificare queste azioni statali, in particolare focalizzandosi sugli effetti demografici provocati dal fenomeno migratorio, reinterpretati però secondo una chiave girardiana. 

In questo contesto, le vittime vengono spesso identificate nei bianchi, mentre i latinos sono visti come gli aggressori, in quanto gruppo etnico destinato a diventare maggioritario negli Stati Uniti. Per contrastare questa tendenza demografica, la campagna del GOP (Grand Old Party, il Partito Repubblicano) è stata reinterpretata a favore di una nuova retorica del “rimpiazzamento”, secondo cui l’intero fenomeno migratorio non sarebbe altro che una strategia organizzata da terzi per mettere in discussione la maggioranza bianca negli stati interessati. 

La crescente consapevolezza del meccanismo del capro espiatorio produce un effetto paradossale nella cultura politica contemporanea. Pur riconoscendo l’ingiustizia di questo processo, molti movimenti si appropriano del ruolo di vittima per legittimare nuove forme di esclusione e violenza. Così, la narrazione del vittimismo non si traduce in giustizia, ma diventa uno strumento retorico che alimenta ulteriori conflitti e divisioni, perpetuando cicli di aggressione e intolleranza sotto la maschera della difesa delle presunte vittime. 

Nel nostro contesto, ovvero in Italia e, per estensione, in Europa, il meccanismo del capro espiatorio viene spesso utilizzato in modo ancora più conveniente e strumentale, anche in virtù delle differenze religiose e culturali tra le popolazioni migranti e quelle europee. In questo caso, siamo noi europei a essere rappresentati come le vere vittime della cosiddetta “sostituzione etnica”. Un punto particolarmente rilevante è che Francesco Lollobrigida, esponente di Fratelli d’Italia, è stato il primo politico a utilizzare ufficialmente questo termine, che fino ad allora circolava principalmente nei circuiti cospirazionisti. 

In Europa, naturalmente, esistono numerosi fattori che rendono il discorso ancora più complesso. Tuttavia, è evidente come la retorica, anche in ambito giornalistico, sia cambiata: ora sono gli europei a essere la vittima del fenomeno migratorio e non i migranti stessi, i quali spesso fuggono da situazioni la cui causa è spesso riconducibile all’Europa. 

In un incontro del febbraio 1993, Girard osservò: «Siamo giunti a un punto in cui l’unico modo per essere violenti è contro i violenti. È per questo che oggi tutto è propaganda… Si sostiene sempre di combattere la violenza degli altri.»  Peter Thiel e J.D. Vance rappresentano entrambi un esempio di come la conoscenza del meccanismo del capro espiatorio possa essere strumentalizzata, anche da chi dichiara di apprezzare la filosofia di Girard. 

In conclusione, il pensiero di René Girard, nato come critica della violenza collettiva e come esortazione a riconoscere e difendere le vittime, viene oggi spesso stravolto e riutilizzato per giustificare nuove forme di esclusione e oppressione. Il paradosso è che proprio la crescente consapevolezza del meccanismo del capro espiatorio ha aperto la porta a un nuovo tipo di violenza simbolica e istituzionale: una violenza giustificata non più nel nome della forza o dell’ordine, ma della vittima stessa. 

Leader politici come Thiel e Vance, così come molti esponenti delle destre europee, sembrano adottare la grammatica girardiana non per disinnescare la violenza, ma per rilegittimarla sotto nuove forme, sfruttando la retorica del “noi contro loro” e invertendo i ruoli: i gruppi dominanti si presentano come perseguitati, mentre i più vulnerabili diventano i nuovi capri espiatori. 

Rayan Badr

Lascia un commento