Il 18 luglio è uscito nelle sale dei cinema italiani il film Unicorni, opera diretta da Michela Andreozzi, attrice e regista già nota per diverse pellicole, quali Nove lune e mezza (2017) e Una gran voglia di vivere (2023). Il film, in un invidiabile atto di coraggio, si discosta dai precedenti diretti da Andreozzi e affronta una tematica ancora ben poco presente tra le pellicole di produzione italiana: l’identità di genere in età infantile.

Con una delicatezza quasi commovente, Unicorni racconta la storia di Blu (Daniele Scardini), un dolce bambino di nove anni che ama le bambole, la Sirenetta e vestirsi “da femmina”. La sua famiglia è composta da papà Lucio (Edoardo Pesce), mamma Elena (Valentina Lodovini), e dalla sorellastra Diletta (Viola Gabriele), nata dal precedente matrimonio di Lucio con Marta (Donatella Finocchiaro). Tutti i membri di questo grande nucleo familiare hanno sempre dimostrato una mentalità molto aperta, anche nei confronti degli atteggiamenti poco tipicamente mascolini di Blu. I genitori, infatti, gli hanno sempre permesso di esplorare ogni lato di sé, senza porsi troppe domande, a condizione che i suoi vestiti e le sue gonne colorate rimanessero entro il confine delle mura di casa.
La situazione cambia quando il piccolo Blu annuncia a tutta la sua classe di voler interpretare la Sirenetta nella recita scolastica. Elena e Lucio vengono improvvisamente catapultati fuori da quella zona di comfort nella quale si erano adagiati; ora i due sono costretti ad aprire gli occhi e a fare luce su una situazione che, forse, avevano fin troppo sottovalutato. Sotto consiglio di Marta iniziano a frequentare un gruppo di supporto per genitori di bambini che non si riconoscono nel genere a loro assegnato, tramite il quale si ritrovano a scontrarsi e specchiarsi con famiglie ed esperienze più simili a loro di quanto pensassero; ma una realtà così grande può anche essere spaventosa, e man mano che imparano termini e definizioni come “identità di genere”, “espressione di genere” e “disforia”, Lucio inizia a pensare che tutte queste cose non possano incastrarsi con suo figlio e che magari Blu abbia solo bisogno di una presenza maschile più forte nella sua vita. Il suo panico si scontra con l’atteggiamento più calmo e comprensivo di Elena e i due arrivano a rappresentare le due facce opposte della stessa medaglia, ponendo la base per quella che è la domanda principale di tutto il film: è meglio proteggere il proprio figlio dalla malvagità del mondo o assecondare la sua felicità?

Michela Andreozzi, con questa dramedy, espone il pubblico a una realtà ancora ignorata da molti e lo fa con una forza dirompente; forza che si cela negli occhi e nelle parole di Blu, che a soli nove anni è un gigante, pronto a combattere contro il mondo intero pur di affermarsi e poter dire “io esisto”. Una forza che si ritrova nell’amore di Elena per suo figlio, legame che la porta a spingersi oltre limiti che non pensava neanche di avere. E si rivede soprattutto nella paura di Lucio, un timore viscerale che è, forse, la cosa più umana di tutto il film.
Grazie al lavoro sopraffino della regia, della sceneggiatura e del cast, Unicorni risulta essere un film in grado di unire le masse e scuotere gli animi. Degne di nota sono anche le colonne sonore che, grazie alle musiche di Andrea Guerra, alla Filmstrings Orchestra Umbra, ai musicisti e alla voce solista di Benedetta Capaccioni, sembrano quasi prendere vita, unendosi perfettamente alle scene più importanti del film.
Unicorni non è una pellicola che racconta una storia fatta e finita; al contrario, è l’incipit del lungo percorso che farà parte della vita di Blu, percorso che, come spettatori, possiamo solo provare a immaginare. Eppure, Unicorni è un film estremamente necessario. L’esperienza del piccolo Blu va non solo raccontata, sussurrata in punta di piedi; va urlata ai quattro venti, fino a perdere la voce. Fino a quando, anche in Italia, non si inizierà a vedere il non conformismo di genere come una cosa normale, che merita di essere rispettata e non stigmatizzata. La risposta del pubblico, però, è stata divisiva (non che ci sia da stupirsi): Unicorni è un film da cui si può imparare molto, ma bisogna essere disposti ad ascoltare. È facile etichettarlo come l’ultima trovata “woke” del nuovo millennio, sicuramente è più semplice che accettare di avere ancora tanto da imparare sul mondo e sugli esseri umani.
Il messaggio ultimo, il fine di questa storia, è intrinseco in ogni secondo di questo lungometraggio, potente e genuino come solo un bambino può essere: Lui è Blu, e vuole fare la Sirenetta.
Marta Di Chiaro
