Italia-Israele: la partita blindata del Mossad

Davanti al match di qualificazione ai Mondiali tra Italia e Israele, tenutosi il 14 ottobre 2025 allo stadio Friuli di Udine, la città è stata oggetto di un dispiegamento di forze senza precedenti. 

Secondo l’agenzia Associated Press, sono stati schierati elicotteri, droni, agenti in assetto antisommossa e, soprattutto, cecchini posizionati sui tetti del teatro dell’incontro e dell’albergo dove alloggiava la squadra israeliana.

L’area è stata dichiarata anche “zona rossa”, con controlli severi e solo tifosi muniti di biglietto ammessi all’ingresso.

Crediti wips.plug.it: https://wips.plug.it/cips/notizie.virgilio.it/cms/2025/10/italia-udine-israele.jpg

Il governo Meloni avrebbe infatti autorizzato la presenza del Mossad, ovvero i servizi segreti israeliani, in territorio italiano in occasione della partita. Nonostante il Dipartimento di Sicurezza nazionale abbia negato l’autorizzazione formale, dalla stessa coalizione in consiglio regionale, però, arriva una replica che implicitamente conferma la notizia. Il capogruppo della Lega Antonio Calligaris ha dichiarato che “la presenza dei servizi di sicurezza israeliani non può essere né uno scandalo né una novità. Sin dall’attentato di Monaco del 1972 i servizi di sicurezza israeliani seguono le delegazioni sportive in maniera sistematica e in accordo con le forze di polizia locali in tutti gli stati del mondo”.

Nonostante il massiccio dispiegamento di forze, migliaia di persone sono scese comunque in piazza per esprimere la loro solidarietà con il popolo palestinese e per chiedere il boicottaggio di ogni forma di complicità economica, politica e culturale con la macchina genocida israeliana.

Il corteo, partito da piazza della Repubblica, ha attraversato le vie del centro in un clima di grande tensione ma anche di determinazione collettiva: cori, bandiere e cartelli hanno scandito la richiesta di giustizia e libertà per la Palestina, contro la repressione e l’occupazione sionista. Come prevedibile, la risposta dello Stato non si è fatta attendere: la polizia in assetto antisommossa ha più volte caricato i manifestanti, utilizzando idranti e gas lacrimogeni, sparati ad altezza d’uomo, nel tentativo di disperdere il corteo.

Intanto, dentro lo stadio, anche il pubblico ha fatto sentire la propria voce: durante l’esecuzione dell’inno israeliano si sono levati fischi e cori di protesta, segno di un disagio diffuso che attraversa sempre più settori della società. La partita si è svolta davanti a spalti semivuoti, con meno di diecimila biglietti venduti (poco più della metà della capienza totale), a testimonianza di un boicottaggio popolare che ha superato ogni previsione.

È ormai evidente la complicità del governo Meloni con la macchina genocida israeliana, sia sul piano operativo, sia sul piano politico e diplomatico. La costante difesa dell’azione di Tel Aviv sulla scena internazionale si intreccia con responsabilità ben più gravi.

Recentemente, infatti, la premier Giorgia Meloni e diversi membri del governo italiano sono stati denunciati alla Corte Penale Internazionale dell’Aia per complicità in genocidio. Secondo la denuncia, sostenuta da gruppi di giuristi e associazioni per i diritti umani, l’Italia avrebbe fornito sostegno politico, militare e logistico a Israele nel contesto del genocidio a Gaza, configurando una forma di corresponsabilità nei crimini commessi contro il popolo palestinese.

Il reato di complicità in genocidio non richiede la partecipazione diretta alle uccisioni, ma anche il solo sostegno materiale o diplomatico consapevole a chi le perpetra può costituire una violazione del diritto internazionale.

Inoltre, a rendere ancora più grave il quadro, è quanto emerso recentemente da un’inchiesta di Altreconomia (1 ottobre 2025), secondo cui Leonardo Spa — colosso dell’industria bellica italiana a partecipazione statale — ha ammesso di continuare a esportare armamenti e componenti militari verso Israele, anche dopo l’inizio dei bombardamenti su Gaza del 2023. Nel report, l’azienda parla di “assistenza tecnica” e “ricambi” legati a velivoli utilizzati dall’aviazione israeliana, ma di fatto conferma che l’Italia non ha sospeso né revocato le licenze, in violazione dello spirito della legge 185/1990, che vieta esportazioni verso Paesi coinvolti in conflitti o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.

Queste rivelazioni gettano una luce impietosa sull’atteggiamento del governo italiano, che si presenta come “difensore della civiltà occidentale” mentre sostiene economicamente e militarmente chi perpetua il genocidio in Palestina. La maschera è caduta: dietro il linguaggio della sicurezza e della diplomazia si nasconde la logica del profitto e della guerra. L’Italia arma Israele e poi militarizza le proprie città per proteggerne l’immagine, reprimendo chi osa contestare questa complicità.

La vicenda di Udine dimostra ancora una volta che lo sport, come ogni spazio della società capitalista, non è neutro: è un campo di battaglia ideologico. Lo stadio blindato, i droni in cielo, i cecchini sui tetti e i manganelli nelle piazze rappresentano il volto di un potere che teme la solidarietà dei popoli. Ma di fronte alla repressione, cresce la coscienza collettiva.

Oggi la lotta per la Palestina è anche una lotta contro il militarismo, il profitto e l’imperialismo italiano. Rompere con la logica della guerra significa rompere con l’economia di Leonardo, con i governi che la proteggono e con il sistema che trasforma i popoli in mercati e le vite in armi.

Nelle piazze di Udine e in tutte le manifestazioni per la Palestina degli ultimi mesi si è levata la voce della vera Italia, quella antifascista, antisionista e anti imperialista. È l’Italia che lotta per la liberazione della Palestina dallo stato illegittimo di Israele, dal fiume fino al mare.

Giulio De Meo

Fonti: Leonardo ammette l’export di armi in Israele e fa cadere la maschera del governo, Altreconomia, https://altreconomia.it/leonardo-ammette-lexport-di-armi-in-israele-e-fa-cadere-la-maschera-del-governo/

Crediti immagine: https://www.gazzetta.it

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