C’è un momento, spesso impercettibile, in cui l’aria assume un sapore diverso ed evocativo, le foglie si colorano di vino e il freddo del mattino diffonde nell’aria un profumo ruvido. Non è solo una questione di temperatura o di colori: anche dentro di noi percepiamo degli spifferi che sussurrano una musica, battono un ritmo. Il corpo e la mente, in fondo, hanno radici stagionali, seguono cicli antichi, legati alla luce, agli odori, ai suoni del mondo che ci circonda. E ogni volta che una stagione si raggrinzisce tra le braccia della successiva, anche noi – volenti o nolenti – ci trasformiamo.
Con l’arrivo dell’autunno, la luce si ritira piano. Si fa più dorata, più fioca e malinconica. Le giornate si addormentano, la sera anticipa il suo arrivo e con lei si respira un silenzio nuovo, quasi meditativo. È in questo periodo che molte persone avvertono un senso di stanchezza, di nostalgia o di lieve tristezza: il cosiddetto “mal d’autunno”. Non è un’invenzione romantica, ma una reazione naturale al mutare dei ritmi quotidiani.
La psicologia contemporanea riconosce sempre più il legame tra i cambiamenti stagionali e il nostro equilibrio emotivo. Come sottolineano diversi esperti, la diminuzione delle ore di sole riduce la produzione di serotonina, l’ormone che regola l’umore, accrescendo invece la produzione di melatonina, che favorisce il sonno e la tendenza all’introspezione. Non si tratta quindi di pigrizia o di svogliatezza: è il nostro stesso corpo che cerca di adattarsi a una nuova armonia, invitandoci – in un certo senso – a rallentare.
C’è chi in questo passaggio si sente un po’ svuotato o apatico, chi riflessivo, chi malinconico. Ma provando a immergerci più in profondità, scopriamo che ogni stagione porta con sé un messaggio prezioso. L’autunno ci insegna l’arte del lasciare andare, come gli alberi che si spogliano senza timore. L’inverno è un invito al silenzio, alla cura, al raccoglimento. La primavera porta il dono della rinascita e dell’entusiasmo di ricominciare. Infine, l’estate, con il suo pieno calore, ci invoglia a vivere all’aperto, a respirare, a espanderci.
Accogliere questi movimenti interiori senza giudicarli può diventare un atto di gentilezza verso sé stessi. Non serve forzare l’energia quando non c’è, né sentirsi in colpa se l’umore cambia insieme al tempo. Possiamo imparare a fluire con le stagioni, come fa la natura intorno a noi.
A volte basta poco: una passeggiata sotto un cielo grigio, l’odore della pioggia nell’aria, il fruscio delle foglie sotto i passi, una candela profumata e un po’ di tempo per ritrovarsi. Piccoli gesti quotidiani che riportano equilibrio, luce e presenza, perché anche nei periodi più ombrosi e spogli possiamo seminare spazi di calore interiore e farli fiorire.
Il cambio di stagione non è un nemico da combattere, bensì un’opportunità da cogliere per rallentare, osservare e coccolare sé stessi. È un momento in cui possiamo imparare ad ascoltare meglio i bisogni e gli sfizi del nostro corpo e della nostra mente, abbracciando il fatto che non siamo perennemente gli stessi, e che va bene così.
Forse la chiave sta proprio qui: nel concederci di cambiare insieme al mondo, senza tentare invano di resistere. Di accettare che la vita – come le stagioni – è fatta di fasi, di cicli e di transizioni, e che ogni passaggio, anche il più silenzioso, racchiude in sé una possibilità di rinascita.
L’anima umana, in fondo, è come un albero: non può fiorire tutto l’anno, ma sa attendere, riposare e germogliare, sempre al momento giusto.
Sara Gadda
Fonti:
http://www.mariangeladerogatispsicologa.it/cambiamento-dellumore/
https://www.stateofmind.it/2024/03/cambiamenti-stagionali-psicologia/
