Il teatro prende il largo con “Direzione: Colonne d’Ercole”

Il Buon Teatraccio torna in scena a novembre, questa volta verso i confini del mondo: salite a bordo con l’equipaggio di Anostos Crociere, alla scoperta di questo spettacolo!

Un viaggio teatrale ai confini dell’anima

Lo spettacolo, diretto da Diego Valle e scritto da Sara Bollarino, Atena Pagliarin e Matilde Lerda, racconta di un viaggio in crociera: la nave Anostos Crociere, con a bordo il suo capitano, Michela, salpa per un itinerario verso i confini del mondo. La nostra protagonista non sarà sola in questa avventura, ma verrà accolta dall’equipaggio, che comprende il capo commissario Carlotta e il medico di bordo, Filippo.

Con il tempo, il rapporto di Michela con i due si farà difficile; sarà l’arrivo di Little Boy, artista eccentrico e trasgressivo, a movimentare la vicenda. La protagonista incontrerà anche Andrea nel suo percorso: un consulente del lavoro in vacanza, con cui nascerà un legame profondo segnato da affetto e fragilità.

Michela si ritroverà in un mondo svuotato, dove i volti delle persone non sono così chiari e le voci si confondono, fino a quando si avvicinerà ai confini estremi della mappa, dove inizia l’ignoto.

Quattro chiacchiere con il regista, Diego Valle

La trama, secondo il regista

La trama dello spettacolo segue la vita di Michela, la protagonista: tutto inizia il giorno in cui diventa capitano di una nave e, durante il suo primo viaggio, conosce i suoi compagni. Sembra uno sviluppo semplice, ma cela un significato molto più metaforico di quanto paia: in sostanza, la trama non è che la cornice di questo spettacolo.

È  il primo spettacolo di cui non hai scritto il copione ma che hai diretto: come ti sei trovato?

Direzione: Colonne d’Ercole non è un testo “ordinario”: vi ho visto tante possibilità registiche e mi sono divertito molto a giocarci su. È la prima volta che dirigo una pièce che non ho scritto e questo comporta sfide divertenti; però così, forse, è ancora più bello. In effetti, di solito io sono anche tra gli scrittori di uno spettacolo e mi capita di avere delle idee fissate creando la trama. Questa volta, invece, è stata una scoperta anche per me: cose che da me venivano interpretate in un modo erano lette in un altro modo dagli attori.

Ci sono state delle parti rispetto a cui ti sei trovato in difficoltà e che hai preferito cambiare?

È una domanda interessante. Si tratta di uno spettacolo che offre molto e io, sicuramente, ho messo del mio andando ad aggiungere o a ritoccare alcune parti, senza, però, modificare nulla: alcune sezioni sono più complicate di altre da far funzionare, ma, alla fine, non abbiamo tagliato niente. È un testo che si presta ad essere riportato in mille modi diversi e il bello sta anche nel trovare una soluzione che metta tutti d’accordo.

Come hai usato la scenografia per dare la sensazione della crociera?

Queste è una delle mie parti preferite riguardo alla regia. Ho deciso di usare meno scenografia possibile: tutto si svolge in un unico ambiente — la scenografia del capitano — con l’utilizzo di un numero davvero limitato di oggetti e lasciando molto all’immaginazione del pubblico. Un po’ come accade nei film, la mia idea era proprio quella di creare delle inquadrature differenti, pur essendo nella stessa stanza, a seconda di cosa desiderassi trasmettere. Per dare la sensazione di essere su una crociera, cerco, poi, di giocare molto con musica e suoni, anche attraverso cose semplici come il rumore del mare e il verso dei gabbiani.

Qual è stata la scena più difficile da costruire? 

Penso che la mia scena preferita sia effettivamente anche la più difficile da costruire: è una scena molto movimentata, la cui difficoltà sta proprio nel seguire tutti e quattro gli attori sul palco, facendo sì che si muovano in maniera simultanea e coerente con la situazione.

Come hai aiutato gli attori a entrare nel loro personaggio?

Qua si va nella mia zona di comfort. Recitando da dieci anni, ho seguito molti corsi a riguardo: nell’ultimo periodo, il metodo attoriale che ho prediletto è stato quello di partire sempre da un lavoro degli attori sul corpo e su sé stessi. Mi piace cominciare le prove proprio con dei laboratori sui personaggi, come se cercassi dei punti d’incontro tra i personaggi stessi e gli attori che li interpretano. Alla base, il teatro racconta esagerando qualcosa che, al nocciolo, è vero. Ci tengo a trovare questo qualcosa, usando i laboratori come tramite. 

Nel tuo percorso a teatro hai preferito fare il regista, l’attore o scrivere?

Penso dipenda molto dal tipo di persona che si è. Io ho fatto teatro per molto tempo e per me è sempre un’emozione unica stare sul palco, creare mille persone diverse e fare vedere agli altri ciò su cui ho lavorato per mesi. 

Ad oggi, però, ti dico che preferisco fare regia: è la mia seconda esperienza in questo ruolo e mi sta suscitando le stesse emozioni, ma in modi diversi. Nel dirigere questo spettacolo ho aggiunto molto della mia passione per il teatro ed è un po’ una fusione di tante cose che ho visto e amato; lo sento mio. 

Mi ricordo ancora la prima volta che scrissi un testo e l’unica cosa a cui pensavo era “ Piacerà quello che ho scritto? Quello che ho creato funziona?”. Vedere poi i sorrisi e gli applausi a spettacolo concluso è stata una sensazione fantastica.

Provo la stessa cosa per la regia e non vedo l’ora che arrivi la data del debutto, proprio per vedere se funziona. Sono comunque tre esperienze meravigliose.

Che emozione vorresti che il pubblico si portasse con sé una volta visto lo spettacolo?

Nel corso dello spettacolo ho inserito molte emozioni, dalla gioia alla tristezza, ma penso che la consapevolezza sia la cosa che più si avvicina al mio obiettivo: vorrei che il pubblico si portasse a casa consapevolezza su quello che ha visto, ma anche su quello che ha provato durante questo viaggio particolare.

Per godervi tutto ciò di cui ha parlato il regista Diego Valle non vi resta che andare a teatro, in questo viaggio verso i confini del mondo!

Serena Spirlì

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