La vita del ragioniere Ugo Fantozzi, protagonista della serie di film iniziata nel 1975 e conclusa nel 1999, non sembra poi così terribile: ha un contratto a tempo indeterminato, un’auto e una casa di proprietà, una moglie e una figlia amorevoli. Eppure, i vari capitoli della saga mettono in luce, tra una risata e l’altra, piccoli spaccati di realtà e di vita sociale.
Nel primo film, Fantozzi (1975), diretto da Luciano Salce, è celebre e iconica la scena nella quale i dipendenti della Megaditta regalano ai figli dei loro colleghi panettone e spumante, se i bambini recitano una poesia. Mariangela Fantozzi recita la sua poesia e i dipendenti scoppiano in una fragorosa risata, deridendola per la sua bruttezza: la bambina non rispecchia i loro canoni estetici, non è la tipica ragazza carina che suscita approvazione e tenerezza. Si tratta di un vero e proprio atto di bullismo da parte di uomini adulti nei confronti della figlia di un loro collega; una scena che, ancora oggi, mette i brividi.
Le umiliazioni e le vessazioni subite passivamente non soltanto dal ragionier Fantozzi, ma anche dai suoi colleghi e dalla sua famiglia, ci raccontano di un’Italia che è grata per un lavoro fisso e con un buon compenso, che si sente fortunata. Il finale del film vede i dipendenti nuotare in un acquario, un acquario nel quale finiscono anche tutte le loro speranze e i loro sogni. Gli episodi di mobbing proseguono nel secondo film della saga, Il secondo tragico Fantozzi (1976), diretto nuovamente da Luciano Salce.
Dal terzo capitolo in poi il regista cambia, e con lui cambia anche la natura dei film, sempre più legati alla loro natura comica. Leggendo tra le righe, tuttavia, si possono comunque isolare dei momenti di riflessione sociale. In Fantozzi contro tutti (Neri Parenti, 1980) il fenomeno dell’assenteismo, trattato sin dall’inizio della pellicola, assume dimensioni spropositate. I dipendenti sviluppano «un morboso attaccamento al lavoro»: giocano a calcetto, si fanno la barba, insomma, fanno di tutto fuorché lavorare. La coppa Cobram è una gara ciclistica a eliminazione, organizzata dal nuovo direttore della Megaditta: la legge del più forte domina con prepotenza, la selezione naturale è impietosa. Vince Fantozzi, ma soltanto perché usa una sostanza dopante, e a che prezzo? Una vittoria che ha il sapore di una sconfitta.
Come si diceva, il quarto capitolo, Fantozzi subisce ancora, entra proprio nel vivo dell’assenteismo. Fantozzi copre tutti i suoi colleghi, svolgendo le mansioni al loro posto e ingannando l’ispettore, ma quando essi tornano dai loro divertimenti e il ragioniere si assenta per un attimo, ecco che lo tacciano come unico assenteista. Ma non finisce qui; la moglie del ragioniere si invaghisce di un autostoppista giramondo ed eccentrico, Franchino, che umilia Fantozzi con un quiz di cultura generale al quale il protagonista non è in grado di rispondere. In particolare, la domanda «Cos’è il kibbutz?» e la risposta di Fantozzi — «Un tipico modo di dire delle contadine di Alberobello» —lasciano intendere che la cultura del ragioniere, sicuro di sé e del suo diploma, non è poi così elevata ed è limitata al suo piccolo “orticello”.
In un altro episodio, Mariangela rimane incinta e Fantozzi vorrebbe che abortisse. Dopo aver sborsato una quantità esorbitante di denaro a ogni dipendente dell’ospedale, Fantozzi riesce finalmente a parlare con un medico per chiedergli di eseguire l’interruzione di gravidanza, peccato che il ginecologo del reparto sia in ferie e il sostituto sia un ortopedico! Verso il finale di questo film, si fa riferimento alle elezioni politiche in Italia del 1983. Fantozzi segue tutti i dibattiti in televisione per effettuare un voto consapevole, ma arriva al seggio elettorale con le idee più confuse di prima. In segno di protesta, nella cabina elettorale decide di tirare giù un immaginario sciacquone!
Il sesto capitolo della saga, Fantozzi in pensione (1988), è avvolto da un’atmosfera malinconica e nostalgica; Fantozzi va in pensione e, come tanti pensionati, si sente perso. A casa si annoia e trascorre le giornate ciondolando tra il divano e il letto. Si sente inutile ed escluso dalla società. Cerca un nuovo lavoro, consultando gli annunci sul giornale, ma nessun’azienda assume impiegati con più di trentacinque anni. Preso dalla disperazione, partecipa a un concorso falsificando la carta d’identità e assumendo un aspetto più giovanile. L’esito del concorso è, ovviamente, infausto; il ragioniere, dopo aver letteralmente sudato sette camicie, risolve la difficilissima equazione del concorso, ma si scioglie la tinta nera ed emergono i capelli bianchi. Viene cacciato a male parole, ma mentre si allontana uno dei candidati copia la sua risposta.
In Fantozzi alla riscossa (1990), infine, si affronta addirittura il tema della mafia (non dimentichiamo che proprio in quegli anni, infatti, si svolsero numerosi processi per mafia). Fantozzi viene nominato giudice popolare, riceve vari “regali” e minacce da parte dei criminali processati, e alla fine si auto-accusa di tutti i crimini.
Insomma, la saga di Fantozzi ha fatto tanto ridere, sì. Ma ci ha anche dimostrato che forse non si stava poi tanto meglio prima, come sentiamo spesso dire, quasi con nostalgia dei bei tempi andati.
Elisabetta Noce
Film citati e fonti
- Fantozzi (Luciano Salce, 1975)
- Il secondo tragico Fantozzi (Luciano Salce, 1976)
- Fantozzi contro tutti (Neri Parenti e Paolo Villaggio, 1980)
- Fantozzi subisce ancora (Neri Parenti, 1983)
- Fantozzi va in pensione (Neri Parenti, 1988)
- Fantozzi alla riscossa (Neri Parenti, 1990)
Le caricature inserite nell’articolo sono state realizzate da Pietro Fascio (profilo Instagram: @pietrofascio_official).

Crediti foto: LaPresse – Paolo Villaggio, le foto dai suoi film più famosi
tgcom24.mediaset.it (July 3, 2017). https://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/speciale-morto-paolo-villaggio/foto/paolo-villaggio-le-foto-dai-suoi-film-piu-famosi_3080406-2017.shtml



