Nel romanzo L’Isola di Arturo Elsa Morante scrive “Non m’aveva incuriosito mai, l’attualità. Come fosse tutto cronaca ordinaria da giornali, fuori della Storia fantastica, e delle Certezze Assolute.” E, chissà, forse è proprio per rendere l’attualità (e la storia contemporanea) più attraente che Shokoofeh Azar ha deciso di scrivere L’illuminazione del susino selvatico, romanzo dall’aspra bellezza.
L’autrice è laureata in giornalismo e proprio per via di questa professione avrebbe potuto raccontare la storia del suo Paese attraverso un reportage tagliente, ma ha deciso, al contrario, di narrarla attraverso il realismo magico, che le permette di coniugare le due anime dell’Iran. Da una parte troviamo la storia, vera e cruda, dall’altra la tradizione letteraria che affonda le sue radici nel rito del racconto, connesso a elementi magico-mitici e spesso contrapposto alla brutalità del regime.
L’illuminazione del susino selvatico, ambientato in Iran nel decennio successivo alla rivoluzione, è incentrato sulla storia di una famiglia di intellettuali costretti a vivere sulla propria pelle i traumi e gli orrori dello sconvolgimento del 1979. I protagonisti lasciano Teheran e si stabiliscono in un piccolo villaggio, sperando di poter portare avanti le loro vite lontano dalle brutalità del regime. Questo tentativo di scappare dal chaos che avvolge la capitale però non va a buon fine: anche nel remoto villaggio di Razan in cui avevano cercato protezione, ed in cui è la foresta a regnare, sono perseguitati dall’estremismo religioso.
Il romanzo riesce a far immergere il lettore in un altro mondo, intriso di sofferenze, selvaggio e idilliaco al tempo stesso, attraverso aneddoti del passato e racconti magici e surreali. Seppur sullo sfondo si trovi l’immagine di un Iran moderno post-rivoluzione, il lettore è travolto da un’atmosfera da mille e una notte, che lo accompagna alla riscoperta di una tradizione millenaria intrisa di fantasia. Le vicende includono incontri con folletti, fantasmi (no spoiler) e altre creature magiche, che richiamano chiaramente la mitologia persiana e sono anche un modo in cui i personaggi (e l’autrice stessa) possono mantenere in vita la loro cultura, messa a rischio dalle restrizioni imposte dal governo.
Nonostante l’aura che pervade le pagine di questo libro, esso non si sottrae mai alla brutalità di ciò che accade a coloro che vengono imprigionati, torturati ed uccisi poiché le loro convinzioni vanno contro il nuovo ordine. Si potrebbe pensare che la quasi totalità degli eventi narrati sia influenzata dal realismo magico (soprattutto da quello di Marquez), ma in realtà la maggior parte del loro contenuto è reale. I nomi dei personaggi, ad esempio, ricalcano quelli dei genitori e dei famigliari dell’autrice, i loro sentimenti sono reali, e sono simili a quelli che migliaia di persone provano oggi nello stesso Paese, gli attacchi e la violenza sono reali, veri ed autentici.
Alla luce degli avvenimenti attuali la lettura di questo libro può avere una duplice funzione. Può essere, innanzitutto, un modo accattivante per aprire uno spiraglio sulla storia contemporanea e sull’attualità, portandoci a comprendere come e perché si sia arrivati alla situazione attuale, ma anche un buon modo per avvicinarsi e lasciarsi affascinare dalla cultura straordinaria di un Paese che in pochi conoscono; l’Iran, infatti, possiede una cultura millenaria, che non ha mai smesso di influenzare non solo il Medio Oriente, ma anche l’Occidente, e che merita di non essere dimenticata nonostante, come afferma uno dei protagonisti del romanzo, “culture, knowledge and art retreat in the face of violence, the sword and fire.”
C’è così tanto, in un solo libro, di questa nazione, della sua memoria e della sua cultura, in un viaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti, tra passato e presente, che L’illuminazione del susino selvatico non può non essere la prossima lettura sui vostri comodini.
Jessica Pons
