“L’immagine della donna italiana che usciva dal libro […] era la più inattesa e antitradizionale: una donna ossessionata dai problemi del sesso, ricca di slanci ma inibita dai pregiudizi, generalmente insoddisfatta della propria vita, ma incapace di fare il minimo tentativo per cambiarla. […] Fu questo lo choc che fece urlare allo scandalo, perché tutto si poteva perdonare alla donna, meno che la sua incertezza, la sua insoddisfazione.”
Queste sono le parole di Gabriella Parca nella prefazione “La maggioranza oppressa” dell’edizione Feltrinelli del 1977 al suo libro “Le italiane si confessano”. In seguito a una prima edizione uscita in sordina alla fine degli anni Cinquanta, a maggio scorso ne è stata pubblicata una nuova per Nottetempo con l’aggiunta della prefazione di Chiara Tagliaferri.
Il lavoro di Parca fu quello di raccogliere a titolo esemplificativo un insieme di lettere considerate troppo “scabrose” per la pubblicazione, tutte indirizzate alle rubriche di “posta del cuore” che la scrittrice curava per lavoro. Trecento lettere tra le ottomila arrivate nell’arco di tre anni alla posta del cuore di due settimanali “a fumetti” fanno riemerge i recessi delle vite della “maggioranza oppressa” delineata dalla giornalista.
L’insieme di lettere relegate al silenzio e alla polvere degli archivi è raggruppato da Parca per grandi gruppi tematici (“La famosa prova”, “Sogni d’arte”, “Adolescenti” sono i titoli di alcuni capitoli). L’operazione di riportare alla luce le voci di queste donne, appartenenti al proletariato e alla piccola borghesia, dà vita a uno spaccato della condizione femminile in Italia.
La lettura di queste lettere, messe una di fianco all’altra, ci trasporta in uno scenario claustrofobico, asfissiante, frammentato, dominato da una doppia morale dai tratti psicotici per la sua insita contraddittorietà. Contraddizioni inculcate nella coscienza delle donne della società italiana tra gli anni Cinquanta e Sessanta, che percepivano e vivevano con dolore.
Seppure con una consapevolezza acerba e confusa, le donne delle lettere raccolte da Parca si trovano continuamente a dover compiere delle scelte, anche minime, dalle quali possono derivare conseguenze catastrofiche per le loro esistenze.
Osserviamo così il paradosso: le donne rimangono relegate alla sfera domestica, senza possibilità di azione in quella pubblica. Allo stesso tempo, la loro esistenza privata è legata indissolubilmente alla loro reputazione, alla loro immagine pubblica, all’opinione della loro comunità. Questo le porta a doversi preoccupare costantemente delle implicazioni che i tumulti della loro sfera intima possono avere nei (pochi) rapporti con l’esterno, in particolare con gli uomini.
Si manifestano così i dubbi, le preoccupazioni, le angosce, le domande che non trovano risposta. La calibrazione di ciò che è lecito provare e ciò che è meglio reprimere, di ciò che va espresso e quanto va espresso, di quanto bisogna fidarsi e di come tutelarsi è estenuante e costante.
Il fulcro centrale diventa la sessualità, espressione più evidente della doppia morale che nei problemi di sesso manifesta la sua incoerenza. Come osserva Parca citando la precedente prefazione di Cesare Zavattini: «Come ricordava lo stesso Zavattini, “da noi si pratica una morale con la madre, una con l’amante, una con il deputato, una con il figlio, una con l’amico”. È proprio a causa di tutte queste morali, che non si riesce ancora a “incollare” insieme, manca una vera morale. […] Invece della morale esiste da noi il moralismo, che consiste nel vedere ancora nel sesso il maggior peccato, salvo poi parlare di “profanazione” quando si rivela, registratore alla mano, quel che si dice nel confessionale».
L’attualità dell’opera di Parca e la necessità della sua ripubblicazione sono ribaditi dalla prefazione di Tagliaferri. In una comparazione con le lettere del Cioè della sua adolescenza, emerge la stessa rabbia, la stessa frustrazione di una ragazza “quando sente la sua libertà finire accartocciata dai condizionamenti sociali”.
“Il suo lavoro [di Parca] ha illuminato il passato storico e sociale, ci ha aiutato a ritrovarci e a dire “ero io e allo stesso tempo non ero io”, perché è grazie alla memoria condivisa che si forzano gli argini, e si allargano gli orizzonti”.
Sofia Racco
Crediti immagine di copertina di Instagram: https://www.wikiart.org/en/henri-matisse/the-italian-woman-1916
