Perché gli artisti sono preoccupati dall’IA: un nuovo modo per fare “arte”

«Sirena con capelli verdi e lunghi vicino a un delfino. Mare tropicale. Colori freddi» è il prompt che scelgo di inserire su Deep Dream Generator, che mi dà anche la possibilità di scegliere filtri, qualità e persino lo stile dell’immagine che andrà a creare. In venti secondi, ecco il risultato.
Su ChatGPT chiedo di raccontarmi una storia di una sirena con i capelli verdi che vive nei mari tropicali insieme a un delfino: in meno di una decina di secondi mi viene restituito un racconto di cinquecentosessantasette parole.
In meno di un minuto ho una storia e un’illustrazione.

Immagine prodotta attraverso Deep Dream Generator. Prompt: Sirena con capelli verdi e lunghi vicino a un delfino. Mare tropicale. Colori freddi.

L’arte circola da sempre sui social e non è una novità. Quello che sta cambiando nell’ultimo periodo, però, è la fonte delle illustrazioni, delle canzoni, dei racconti pubblicati online: a diventare virali – e in un certo senso anche giustamente, perché soddisfano le curiosità degli utenti – sono le opere d’arte generate dall’Intelligenza Artificiale. Fin qui nulla di nuovo, in realtà; esperimenti di questo tipo, svolti per testare i limiti dell’IA, si tengono da anni, il problema sovviene quando l’arte prodotta da una macchina inizia a soppiantare quella prodotta da un essere umano.

La qualità dei prodotti di Deep Dream Generator e ChatGPT – due dei player più importanti nel campo– è lungi dall’esser perfetta, ma la popolarità dei loro servizi sta aumentando vertiginosamente. A essere allarmati sono soprattutto gli artisti, il cui lavoro potrebbe essere messo in pericolo nei prossimi anni.


I primi a segnalare il problema sono stati gli illustratori di libri per bambini e ragazzi, seguiti da schiere di artisti online che da tempo cercano di far conoscere il proprio nome e che ora si vedono oscurati dai trend.
Le implicazioni di un uso sempre più massiccio dell’arte generata dall’IA sono molteplici: i primi dubbi sollevati concernono proprio la natura delle opere, che essendo originate da semplici prompt mancano dell’usuale processo creativo. Si tratta di questioni etiche che potrebbero incidere sulla sensibilità culturale del ventunesimo secolo, tanto che discuterne e enumerarle tutte diviene un compito complesso e multivariato. Rob Biddulph, autore e illustratore britannico, afferma che «la vera arte riguarda il processo creativo molto più che il pezzo finale. E premere semplicemente un pulsante per generare un’immagine non è un processo creativo.»


Quella di Biddulph è una preoccupazione piuttosto condivisa, ma non mancano nemmeno le voci fuori dal coro. Secondo alcuni, infatti, quello a cui assisteremo nei prossimi anni è uno shock culturale che si assesterà con lo scorrere del tempo; del resto Baudelaire stesso ai tempi aveva definito la macchina fotografica come «anti-arte», invenzione che avrebbe annientato gli artisti, mentre oggi ben sappiamo che fotografia e pittura sono due rami ben distinti e che la fotografia stessa ha dato il via a correnti artistiche sempre meno realistiche, dando ai pittori la possibilità di sperimentare concetti sempre più astratti.

Manifestanti contro l’impiego di IA per sostituire scrittori e sceneggiatori.

Ma al di là della questione etica se ne sollevano altre, anche di natura legale. Le produzioni delle Intelligenze Artificiali si basano su un pool di opere create da persone in carne ed ossa – dunque chi creditare? È Deep Dream Generator, per fare un esempio, a essere l’autore? O lo è chi ha scritto il prompt? È forse il caso di citare i nomi degli artisti sui cui lavori è stata basata l’immagine prodotta?


E ancora: quanto può essere originale un’illustrazione, un racconto o una canzone originata da una miscela di prodotti preesistenti?
Audrey Kim, curatrice del Misalignment Museum di San Francisco, definisce questa nuova tendenza «consanguineità artistica» facendo proprio riferimento alla possibilità, in futuro, di una sempre più lampante somiglianza tra le opere generate con l’IA. Un problema estremamente stringente, questo, perché la capacità espressiva dell’essere umano, generalmente esplicitata proprio attraverso l’arte, sarebbe limitata proprio dal fenomeno descritto da Kim. In breve: la capacità immaginativa innata nell’uomo sarebbe sensibilmente ridotta.

Jason Allen via Midjourney, Jason Allen. Opera generata attraverso l’Intelligenza Artificiale.

Sorge dunque spontanea la domanda: ma questa è arte vera? Secondo gli esperti no.
Ciò che vediamo su TikTok, su Instagram e su Twitter – i nuovi divertenti trend, per intenderci – sono solo immagini, melodie, testi. Ma non arte. Se venissero classificati in quanto tali, dunque, potrebbero forse costituire un ausilio per l’essere umano, nonché una fonte di svago.
Illustratori, scrittori e musicisti potrebbero tirare un sospiro di sollievo, giacché al momento non è poi così scontato che il loro lavoro sia totalmente al sicuro dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale.
La questione, tuttavia, non è stata affatto presa sottogamba dal pubblico generale: nel corso degli ultimi mesi sono state diverse le manifestazioni contro l'”arte” prodotta attraverso l’IA e sui social stessi gli utenti si sono generalmente schierati a favore degli artisti in carne ed ossa.
A tal proposito è bene ricordare le parole di Lisa Holdsworth, sceneggiatrice che nelle ultime settimane ha preso parte agli scioperi WGGB, al fine di garantire migliori condizioni lavorative per scrittori e sceneggiatori: «crediamo anche in una migliore retribuzione e in migliori condizioni di lavoro per i creatori, in un miglioramento dei pagamenti sui servizi di streaming, in una protezione contro il lavoro gratuito e in salvaguardie sull’intelligenza artificiale per proteggere i compensi e i diritti creativi.»

Rebecca Siri

Crediti immagini: primper.ai

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