JISEI – Poesie dell’Addio

Le ultime parole prima dell’addio

In una vita come la nostra, dove tutto corre in fretta e il tempo per dare cuore alle nostre azioni occupa sempre meno spazio, è difficile pensare che la morte, il termine ultimo del nostro ricorrere, possa diventare il momento infinito in cui tracciare a parole l’essenza stessa della nostra esistenza. “Jisei si chiama in giapponese l’ultima poesia”, ossia il lascito terreno di un’anima che si appresta ad abbandonare il suo corpo. Jisei è il testamento spirituale del futuro defunto che coronerà di bellezza ed unicità anche l’ultimo istante della sua vita. Nella cultura nipponica questa attenzione per il momento del trapasso definisce una società che nei secoli riesce a ridefinire l’importanza delle più piccole azioni e oggi, per orientarci in questi testamenti letterari, useremo l’antologia curata da Ornella Civani ed edita da SE Edizioni nella collana Piccola Enciclopedia: “Jisei – Poesie dell’Addio”.

Una storia letteraria in pillole

Tra gli Jisei presenti in questa piccola, ma sostanziosa, raccolta troveremo testimonianze di monaci, girovaghi, samurai, ronin e tante altre figure che hanno abitato l’isola Giapponese dal 900 circa sino alla meta del 1900, una tradizione letteraria che tocca momenti differenti del Paese e ci garantisce un’analisi generale del pensiero socio-letterario attraverso uno specchio di 1000 anni sempre, però, osservato tramite i lasciti di questi autori. Tra gli Jisei presenti troveremo diverse tipologie di poesie tradizionali giapponesi ad esempio Haiku e Tanka.

Musō Soseki (1351)

Il nuovo cammino
che sto per cominciare
corre in ogni direzione
traversa monti e mari.
Ma se devo dire
quale ne sia la forma,
è un rullo di tamburo,
uno squillo di tromba.

Muso Soseki è un celebrato creatore di giardini zen, monaco di corte che durante lo shogunato Ashikaga ricevette varie onorificenze tra cui quella di “Maestro dei sette imperatori”. Una figura chiave quindi tra i rapporti diplomatici tra il potere politico e religioso.

Mukaki Chine (1688)

S’accende
e subito si spegne
la lucciola.

Poetessa giapponese morta nel fiore dei suoi anni, sorella di Mukai Kyorai una discepola di Basho, che per la sua morte scrisse riprendendo la stessa immagine: Sulla mia mano / tristemente si spegne / la lucciola.

Asano Naganori (1701)

Più del fiore
che il vento inebria
col suo fiato,
a malincuore rinucio
a quel che mi resta
           di primavera.

Nome completo Asano Takumi no Kami Naganori fu signore di Aki e celebre per aver ispirato il gesto leggendario dei 47 ronin. Nel 1701 presso il castello dello Shogun di Edo, dove era proibito l’uso delle armi, sguainò la spada contro un ufficiale che aveva offeso il suo onore e per questo ricevette la punizione del seppuku. 47 dei suoi samurai, da quel momento ronin, giurano vendetta nei confronti dell’ufficiale che troverà la morte per loro mano nel 1702. Sebbene il gesto sia conforme alle regole del Bushido, i ronin che si consegneranno volontariamente davanti allo Shogun furono costretti anch’essi al seppuku.

Terasaka Kichiemon (1747)

Nel tempo della fioritura
non fuoi ammesso tra i fiori,
ma ora, nel cadere,
mi mostrerò io pure
figlio del ciliegio.

Condannato a sopravvivere, fu l’unico dei 47 ronin a portare testimonianza di quegli eventi. Era il più giovane del gruppo escluso suo malgrado dal martirio degli eroi e morì di vecchiaia.

Ueda Akinari (1809)

Un riparo
per la lunga notte?
questo vecchio
meglio avrebbe dovuto
abitare la vita.

Questa poesia è raffigurata sulla bara di Ueda Akinari, fu incisa ben sei anni prima della sua morte, Akinari è considerato il virtuoso del racconto moderno giapponese e fu seppellito come da sue disposizioni sotto un susino dal fiore rosso presso il Saifukuij di Kyoto.

Ryūnosuke Akutagawa (1927)

Un filo di moccio,
l’ultima luce prima del buio
sulla punta del mio naso.

Uno dei maggiori narratori del novecento, autore di Rashomon da cui fu tratto nel 1950 l’omonimo film, morì suicida. Questo Haiku venne recapitato la notte precedente al suicidio con il titolo “Per ridermi addosso” al suo medico e psichiatra.

Mishima Yukio (1970)

Cadono i fiori
precedendo quanti
ancora indugiano,
sotto le raffiche del vento
di questa nostra notte.

Morì per seppuku volontario e pubblico davanti al quartier generale delle forze armate di Tokyo, questo dopo aver esortato a insorgere contro la costituzione del 1946 voluta dal comando d’occupazione americano che avrebbe condotto il paese al vile servilismo dell’imperialismo americano. Autore di vari romanzi, racconti e saggi fu candidato tre volte al premio Nobel per la letteratura, volle però morire da guerriero: il seppuku era per lui espressione di libertà e momento culminante della sua estetica della morte.

Queste sono solo alcuni degli Jisei presenti nella raccolta, pochi ma significativi. Rendono l’idea dell’importanza che la cultura giapponese ha affidato alle famose ultime parole: pochi versi per definire un’esistenza. Quale sarà, quindi, il tuo Jisei?

Matteo Bonino

Fonte Immagini

Sfondo: https://allabout-japan.com/en/article/10895/

Foglie: https://www.nsbpictures.com/falling-leaves-png/

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