Un centro culturale minacciato da una “riorganizzazione geostrategica”
Il Goethe-Institut è un’associazione culturale nata nel 1951 per promuovere la lingua tedesca nel mondo, e rilanciare l’immagine della Germania dopo la Seconda guerra mondiale: paragonabile a istituti come l’Alliance Française per il francese e l’Instituto Cervantes per lo spagnolo, l’ente conta centocinquantotto sedi in novantotto Paesi del mondo, e le certificazioni linguistiche che rilascia ogni anno sono riconosciute a livello internazionale. Il Goethe-Institut di Torino ha sede nel cuore della città, in Piazza San Carlo, ed è da sempre un motivo di prestigio, in quanto è stata la seconda sede aperta al mondo, nel 1954. Come ricordato in questo articolo de La Stampa, questo istituto ha avuto come ospiti alcuni dei più grandi scrittori tedeschi dello scorso secolo, tra cui Christa Wolf, Heiner Müller e Herta Müller, e tra i banchi del Goethe si è seduto anche Primo Levi. Tuttavia, a partire dal 31 gennaio 2024 la sede verrà dismessa, dopo ben settant’anni di attività.
Le ragioni dietro la chiusura
La notizia risale a fine settembre, quando il Consiglio Superiore del Goethe-Institut, con sede a Monaco di Baviera, ha annunciato la decisione di rimodellare la sua organizzazione globale. Nove dei centocinquantotto istituti verranno chiusi, e i Paesi più colpiti saranno Francia e Italia. In Francia verranno chiuse le sedi di Bordeaux e Lille (e l’ufficio di collegamento di Strasburgo), mentre in Italia quelle di Genova, Trieste e Torino, con un ridimensionamento della sede di Napoli. A queste si aggiungono le chiusure a Cutiriba (Brasile), a Osaka, a Rotterdam e a Washington D.C. Anche nella sede di Monaco il personale verrà ridotto. L’obiettivo dichiarato è quello di risparmiare ventiquattro milioni di euro all’anno nell’attuale bilancio di duecentotrentanove milioni di euro dei fondi strutturali per immobili e personale. I soldi così liberati dovrebbero rafforzare il lavoro del programma del Goethe-Institut, rendendo i corsi di lingua più efficaci e digitali.
L’ente finanziatore dei Goethe-Institut è il Ministero degli esteri tedesco, guidato da Annalena Baerbock, che ha dichiarato che dietro questi tagli si profila una “riorganizzazione geostrategica”, volta a puntare su altre aree del mondo, come l’Europa Centrale e Orientale, il Caucaso, il Pacifico meridionale e alcune zone degli Stati Uniti. La ministra è stata bersagliata dalle critiche: i tagli riguarderanno anche il DAAD, servizio tedesco per lo scambio accademico, e la Fondazione Humboldt, che promuove la collaborazione tra scienziati e accademici tedeschi e internazionali. Carola Lentz, presidente del Goethe-institut, ha dichiarato che questa trasformazione “garantisce la sua capacità di azione a lungo termine di fronte a nuove sfide politiche e a minori margini finanziari”. Alla fine del 2022 la Commissione per i bilanci del Bundestag aveva bloccato quattordici milioni di euro del bilancio del Goethe-Institut e li aveva legati alla necessità di riforme. Questi fondi sono ora stati sbloccati in vista delle nuove pianificazioni. Per il prossimo anno la direzione dell’istituto prevede un budget inferiore del 3,3% a causa delle disposizioni del bilancio federale.

Crediti: Microsoft Start; https://www.msn.com/de-de/finanzen/top-stories/goethe-institute-müssen-schließen-die-italiener-sind-wütend-auf-annalena-baerbock/ar-AA1jbR46
A Torino
L’annuncio della chiusura è giunto ai dipendenti tramite un comunicato stampa, e le proteste non sono tardate: una quarantina di persone, tra docenti e collaboratori, verrà sottoposta a licenziamento collettivo. La maggior parte sono donne sopra i cinquant’anni che lavorano da più di due decenni al Goethe. Da non dimenticare le centinaia di studenti piemontesi che ogni anno frequentano i corsi del Goethe per ottenere certificazioni linguistiche: anche se i progetti nelle scuole non saranno a rischio, per liberi professionisti e studenti universitari sarà più complicato conseguire le prove – le uniche sedi rimanenti saranno infatti quelle di Milano, Roma e Palermo. Inoltre, l’istituto offre un prezioso servizio per le aziende del territorio che fanno affari con la Germania.

Crediti: Goethe.de; https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/tur.html
Il 23 ottobre circa trenta persone si sono radunate per una protesta in Piazza Palazzo di città, tra personale e docenti: in piazza è arrivato anche il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, che ha annunciato di aver scritto una lettera alla ministra tedesca Baerbock e alla presidente del Goethe-Institut. Come riporta La Stampa, Lo Russo ha affermato che “Combatteremo per tenere aperto il Goethe nella nostra città. Siamo attenti alla questione, per il ruolo culturale dell’istituto e le relazioni internazionali con la Germania e i Paesi di lingua tedesca. La notizia della chiusura ci ha colto impreparati, non era stata annunciata”. Silvia Borgiattino, ex allieva dell’istituto, ha lanciato una petizione online (che si può trovare qui) per chiedere di tenere aperta la sede torinese. L’obiettivo è di raggiungere le venticinquemila firme, ora sono quasi diciottomila.
Le chiusure che hanno suscitato altrettanto scalpore sono anche quelle di Napoli, dove Goethe stesso avevo più volte soggiornato; di Strasburgo, simbolo della collaborazione franco-tedesca; e di Washington. Non mancano le critiche anche dall’interno: come si afferma in questo articolo della rivista tedesca Cicero “Chi ha la volontà di collaborare con importanti partner europei in materia di politica culturale troverà mezzi adeguati anche in tempi di austerità.” Va infine ricordato che la sede di Torino aveva rischiato di chiudere già nel 1999 e nel 2008, ma fu grazie alle istituzioni che si salvò. La speranza è che ciò avvenga di nuovo.
Anna Gribaudo
Fonti:
https://www.zeit.de/kultur/2023-09/goethe-institut-schliessung-stellenabbau-zukunftskonzept
