Palazzo nuovo per la Palestina: intervista dall’occupazione

Il 15 novembre, rispondendo a un appello dell’Università di Birzeit, decine di studenti hanno occupato Palazzo Nuovo in difesa della Palestina: prima un corteo tra le aule, con l’invito a interrompere le lezioni, poi due giganteschi vessilli – la bandiera palestinese e la scritta “uni occupata free Palestine” – srotolati dall’ultimo piano hanno annunciato due giornate di impegno; assemblee, incontri, un’azione alla Mole Antonelliana giovedì 16, un partecipato spezzone al corteo studentesco contro la riforma Valditara venerdì 17.

Ne abbiamo parlato con Erica, militante di Cambiare Rotta, uno dei collettivi che hanno aderito all’iniziativa.

Torniamo al comunicato di inizio occupazione di mercoledì pomeriggio. Come Cambiare Rotta, quando avete deciso di aderire alla protesta?

L’idea di occupare Palazzo Nuovo è nata il 7 novembre, durante l’assemblea finale con cui si è sciolto il corteo antifascista partito dal polo Einaudi. Progetto Palestina, in particolare, ha sottolineato la necessità di seguire gli esempi di Napoli e Padova, che hanno occupato i loro atenei. Noi abbiamo risposto alla chiamata.

Due giorni e mezzo di protesta. Tante iniziative e nuovi spazi di discussione. Quali sono stati i momenti chiave dell’occupazione?

L’assemblea iniziale è stato il momento fondamentale, perché abbiamo posto le basi dell’occupazione. Tutti hanno espresso una necessità comune: mobilitarsi per la Palestina contro la complicità delle università italiane e in particolare di UniTo e PoliTo nel conflitto con Israele. Il Politecnico ha accordi con aziende come Leonardo, Technion di Haifa e Thales Alenia, che lavorano direttamente nel campo della guerra. La conoscenza prodotta in questi progetti, presentati agli studenti attraverso master e specializzazioni in ambiti di studio non legati al mondo militare, viene utilizzata in ambito bellico. Nonostante le università palestinesi richiedano da molti anni la chiusura di ogni accordo con le università israeliane, gli atenei italiani non hanno risposto al loro appello e alla loro richiesta di aiuto.

L’incontro online con l’attivista palestinese Leila Khaled ha suscitato polemiche. Il rettore Stefano Geuna ha ribadito che l’evento non è stato in alcun modo autorizzato dall’Università di Torino.

Ascoltare in collegamento la voce di Leila Khaled, storica attivista che ha combattuto contro la repressione che subisce ancora oggi il popolo palestinese, è stato importante per creare una connessione diretta con la lotta che noi appoggiamo da Torino. L’incontro è stato molto partecipato, siamo riusciti ad avere l’aula 1 (una delle più capienti di Palazzo Nuovo), che era pienissima. La risposta di chiusura del rettore ci dimostra ancora una volta quanto la nostra università come istituzione sostenga Israele in questo conflitto.

Qual è stata la risposta dei docenti?

Abbiamo creato una petizione rivolta al mondo accademico, ma per ora non abbiamo ancora visto una grande apertura. Per quanto riguarda i fatti del 27 ottobre, però, abbiamo ricevuto grande solidarietà da parte dei professori, che hanno partecipato in tantissimi all’assemblea e all’incontro con il rettorato.

Ore dieci di venerdì 17 novembre. Il corteo in protesta contro il governo e in difesa della Palestina si ritrova in Piazza XVIII Dicembre. Le tensioni con la polizia, scrive Torino Today, iniziano all’altezza di via Arsenale. Il gruppo dei manifestanti è comunque riuscito a raggiungere Piazza Castello. Erica, qual è il tuo racconto di questa giornata?

Non è stata una manifestazione semplice. Dopo i fatti della protesta dello scorso 3 ottobre, i blocchi della polizia non ci colgono più di sorpresa. Alcuni ragazzi, pur di aggirare il cordone di polizia, sono passati per un parcheggio sotterraneo. Volevamo raggiungere Piazza Castello, il centro simbolico della città. Al di là di queste difficoltà, siamo molto soddisfatti per l’alto tasso di partecipazione… E’ stato bello creare una rete, una connessione con i cortei del resto d’Italia.

Ora che l’occupazione è finita, cosa chiedete all’Università di Torino?

Chiediamo che l’Università si schieri al fianco del popolo palestinese e che tutti gli accordi con le università israeliane vengano bloccati. Colgo l’occasione per rilanciare la mobilitazione che si terrà il 29 novembre a Lingotto in occasione dell’AEROSPACE & DEFENSE Meetings Torino, business convention internazionale per l’industria aerospaziale e della difesa a cui parteciperanno Leonardo, la Nato, l’Università e il Politecnico di Torino… Ancora una volta, un polo che viene presentato come momento di formazione e che, in realtà, rientra nella politica di sponsorizzazione della dual-use technology (beni, software e tecnologie che possono essere utilizzati sia per applicazioni civili che militari). L’Italia, come abbiamo avuto modo di constatare in Val di Susa con la crescente militarizzazione della zona per la costruzione del Tav, intende diventare, insieme alla Francia, un punto strategico europeo a livello bellico.

Micol Cottino, Virginia Platini

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