Ma che cos’è
Quel nodo in gola che mi assale, che cos’è?
Al Bano, Nostalgia canaglia
È difficile da spiegare: ci si ricorda la bellezza e il calore di una situazione, di una persona, di una versione di sé del passato, rivivendole in un’immagine e riprovandone le sensazioni positive; ma poi è come se arrivasse un vento gelido a circondare tutto, a riportarci nel presente e a farci provare una mancanza lancinante e dolorosa. È la nostalgia: da nóstos, “ritorno”, e algìa, “dolore”; letteralmente, “dolore del ritorno”. Si tratta dello “stato d’animo consistente nel rimpiangere ciò che è trascorso o è lontano” (Treccani). È un sentimento complicato e paradossale perché contiene in sé un ossimoro: dolcezza del ricordo ma anche senso di irrimediabile perdita verso un passato che non è e non sarà mai più possibile replicare.
Contrariamente a quanto si può pensare, considerata l’etimologia, la parola non è nata nell’Antica Grecia. L’ha utilizzata per la prima volta nel 1668 Johannes Hofer, che stava scrivendo la sua tesi di ricerca all’Università di Basilea. In particolare, si occupava di studiare uno stato mentale che colpiva i soldati svizzeri mercenari ingaggiati all’estero, i quali sperimentavano un senso di mancanza di casa quasi morboso. A livello medico, era uno studio interessante visto l’impatto che aveva sull’efficienza delle truppe. Per descrivere questo particolare stato, Hofer scelse di combinare due parole greche e dar vita al termine che tutti noi oggi conosciamo.
La nostalgia nacque quindi come una vera e propria malattia e rimase tale per diverso tempo. Soltanto in seguito, la concezione della nostalgia si è spostata dall’ambito medico e anche dal significato strettamente legato alla casa o ai luoghi: la nostalgia implica una mancanza che è anche temporale e relazionale. Il fatto che prima non ci fosse questo termine per indicarla non significa che l’emozione non esistesse; semplicemente, non aveva una definizione precisa.
A livello psicologico, alcuni studi ipotizzano che la nostalgia serva a farci percepire la nostra vita come dotata di senso e significato, considerata la capacità umana di pensare in termini temporali, e quindi di percepire e riflettere su un passato, anzi, sul proprio passato. Non sempre, infatti, la nostalgia porta solo tristezza: riesce a conservare la sensazione di un calore lontano, e, in qualche modo, a risultare rassicurante. Sapere da dove si proviene, chi siamo stati e chi abbiamo lasciato alle spalle implica ovviamente un senso di perdita e di mancanza, ma può anche servire per dirci chi siamo oggi e soprattutto chi siamo diventati.
La nostalgia porta con sé un senso di mancanza doloroso, che si sente a livello fisico e in certi casi toglie il fiato, per quanto è forte la consapevolezza che qualcosa o qualcuno di importante non si sperimenterà mai più allo stesso modo, che quel singolo momento è perduto per sempre. Allo stesso tempo, tuttavia, c’è sempre un modo per indirizzare questa sensazione sul presente, affinché esso sia un momento da cui ripartire, perché la nostalgia farà sempre parte di noi e determinerà sempre chi siamo e chi saremo. Può avere un effetto benefico e contemporaneamente quasi rassicurante, se si trova il modo di utilizzarla per guardare dove ci si trova e dove si vuole andare. L’inevitabilità del tempo che passa e dei cambiamenti è qualcosa con cui tutti, prima o poi, dovremo fare i conti, e la nostalgia può essere un’arma che ci portiamo dietro per sapere con certezza che, nonostante ci sia una perdita, il ricordo di ciò che è stato farà sempre parte di noi. Perché, dopotutto, chi preferirebbe evitare di fare certe esperienze e provare determinati sentimenti soltanto per non sentirne la mancanza e non fare i conti con la loro fine?
Laura Marchese
