Cittadinanza: chi sono gli italiani nel 2024?

Si è parlato molto di cittadinanza nell’ultimo mese, soprattutto durante le Olimpiadi e dopo che il leader di Forza Italia e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha riaperto la discussione sul tema. Il ministro ha infatti promesso una proposta di riforma della legge in vigore che concede la cittadinanza agli stranieri in Italia. Questo gesto ha avvicinato il partito della maggioranza di governo verso posizioni più centriste, allontanandosi da Fratelli d’Italia e Lega, che invece si dicono contrari alla nuova proposta.

Attualmente, nel nostro Paese vige la legge 91/1992 definita come ius sanguinis, dal latino “diritto di sangue”. Sono principalmente tre i modi attraverso cui uno straniero residente in territorio italiano può richiedere la cittadinanza: nascita, naturalizzazione e matrimonio. Nel primo caso il diritto si acquisisce per nascita, ma solamente se uno dei genitori ha già cittadinanza italiana. Nel secondo caso sono necessari dieci anni di residenza ininterrotta su suolo italiano e aver raggiunto la maggior età. Nell’ultimo caso la cittadinanza si ottiene sposando una persona con cittadinanza italiana e dopo aver risieduto per due anni in Italia dalla data del matrimonio.

Il dialogo su nuove proposte di legge per l’acquisizione della cittadinanza è dunque di nuovo aperto dopo che l’ultima discussione si era fermata al 2022. L’opposizione si dice favorevole, sebbene con piccole differenze di vedute. Il Partito democratico e Alleanza verdi sinistra sarebbero più inclini allo ius soli (dal latino “diritto di suolo”), ma si dicono comunque disposti ad un accordo più moderato come lo ius scholae che accontenti anche Movimento 5 stelle, Azione e Italia Viva. Le disquisizioni di queste settimane infatti vertono proprio attorno a quest’ultima idea, cioè la possibilità di dare la cittadinanza italiana ai minori stranieri che abbiano completato uno o più cicli di studio su territorio nazionale.

Secondo le statistiche del ministero dell’Istruzione e del Merito, aggiornate al 2022/23, sono 914 mila gli alunni che non hanno cittadinanza italiana e rappresentano l’11,2% degli iscritti totali nelle scuole. Inoltre, i ragazzi che sono nati in Italia ma non hanno la cittadinanza italiana rappresentano il 65,4%.
Fare una stima di quanti potrebbero essere i beneficiari dello ius scholae è al momento difficile perché tutto dipende dai paletti che la legge deciderà di porre. Attualmente si sta discutendo molto se occorrano dieci o cinque anni di studio continuativo e sono in dubbio eventuali altri requisiti come il permesso di soggiorno di lunga durata dei genitori.

La riapertura del tema nel campo politico non corrisponde tuttavia, ad oggi, ad una promessa certa che la legge sarà approvata.
Ciò che resta certo è la difficile condizione di migliaia di persone che nascono, vivono e invecchiano in Italia e che però non dispongono delle stesse possibilità dei loro coetanei che discendono da famiglia italiana. Si tratta di non poter votare, di non poter fare concorsi pubblici ed essere vincolati negli spostamenti e nei propri progetti di vita dal proprio permesso di soggiorno.

L’Italia ha inoltre una delle leggi più restrittive in Europa in materia di concessione della cittadinanza per chi arriva, ma è anche quella più generosa nei confronti degli emigrati italiani. La legge italiana in vigore prevede la cittadinanza per discendenza, che consente di acquisire la cittadinanza italiana anche a chi ha antenati italiani, pur non avendo mai vissuto in Italia. La condizione principale è che non vi siano interruzioni nella trasmissione della cittadinanza lungo la linea genealogica. Questa normativa riflette il desiderio di mantenere vivo il legame con le generazioni di italiani emigrati all’estero e di preservare un legame con la patria d’origine.

Questa legge appare oggi datata e non allineata con le dinamiche moderne dell’immigrazione e dell’integrazione. Il principio secondo cui “l’italiano lo è per sangue” sembra trascurare le nuove realtà di un Paese multiculturale, dove molte persone nate o cresciute in Italia si trovano a vivere come “stranieri” in una terra che considerano casa.

In un Paese che affronta un grave calo demografico e un costante flusso migratorio in uscita, il riconoscimento della cittadinanza per i giovani stranieri già integrati appare come un passo naturale verso una maggiore inclusione sociale. La domanda ora è: sarà la politica in grado di rispondere a questa esigenza, o continuerà a essere ostaggio delle opportunità elettorali?

Alexandra Onofreiasa

Dati ministero dell’Istruzione e del Merito: https://www.miur.gov.it/documents/20182/8426729/NOTIZIARIO_Stranieri_2223.pdf/d5e2aa0c-cbde-b756-646d-a5279e2b980d?version=1.0&t=1723104803484

Crediti immagine di copertina: https://www.neodemos.info/2018/01/16/leggendo-ius-soli-e-ius-culturae/

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