Attentato alle torri gemelle: radici e conseguenze storiche

Prime pagine internazionali (11/09/2001)

La mattina dell’11 settembre 2001, New York e il resto del mondo, assistono impotenti all’esplosione che causa il crollo delle due torri del World Trade Center, simbolo del prestigio americano, per la prima volta messo in discussione da un attacco che sorprende e colpisce il cuore del Paese, dopo due secoli di battaglie combattute all’estero.

Termina così il mito dell’invulnerabilità degli USA, faticosamente costruito per mezzo di azioni militari vittoriose, trattative diplomatiche su scala mondiale, crescita economica, finanziamenti internazionali, oltre che per il possesso degli armamenti più evoluti e distruttivi. 

L’esecuzione dell’attentato è immediatamente rivendicata, come sospettato, da Osama Bin Laden, fondatore dell’organizzazione terroristica al-Qaida, sorta nel 1988 con l’obiettivo di porre fine all’influenza occidentale nei paesi musulmani ed istituire un nuovo califfato islamico.

Per comprendere le ragioni che hanno condotto ai fatti dell’11 settembre, è necessario attuare una breve analisi storica sui rapporti internazionali del tempo, rispetto i quali gli Stati Uniti assunsero una posizione predominante, e indagare l’essenza del terrorismo nella sua costruzione ideologica.

La geopolitica del Novecento è certamente caratterizzata dall’ingerenza occidentale in Medio Oriente, area che nel primo dopoguerra fu soggetta a spartizione territoriale secondo gli interessi di Francia e Gran Bretagna. Quest’ultima era venuta meno agli accordi siglati con i paesi arabi durante il conflitto, determinando tensioni anche in Palestina, laddove aveva sostenuto l’istituzione di un “focolare ebraico” che, nel 1948, sarebbe stato proclamato Stato d’Israele.

Nell’ambito delle guerre arabo-israeliane (1948, 1967) crebbe l’ostilità nei confronti di Israele e dei suoi alleati occidentali, in primis gli Stati Uniti. In seguito, la nascita della Repubblica islamica in Iran (1979) contribuì a determinare la politicizzazione e radicalizzazione dell’islam, con il conseguente consolidarsi dei gruppi fondamentalisti che fanno del terrorismo la propria arma distintiva. Per essi lotta e violenza si configurano come gli unici mezzi utili a fondare una società perfetta e modellata secondo i precetti del Corano, priva perciò delle ingiustizie sociali, politiche ed economiche attribuite ai regimi secolarizzati e infedeli. La rivoluzione iraniana suscitò l’immediata reazione dell’Unione Sovietica, la quale, allarmata per il potenziale espandersi dell’islamismo nei paesi limitrofi facenti parte del proprio territorio, invase l’Afghanistan (1979) per imporre un governo filosovietico. La resistenza dei guerriglieri, finanziata dagli USA, fu affiancata dai talebani legati a Bin Laden, che proprio in questo contesto fondò al-Qaida, la quale mise in atto, fra i numerosi, un primo attacco al World Trade Center nel 1993.

Gli eventi precipitarono nel 2001, quando si concretizzò il secondo attentato, che ebbe un esito drammatico tanto dal punto di vista materiale quanto dal punto di vista psicologico.

Quella mattina di martedì, alle 8.45, 2996 persone trovarono la morte. Nessun luogo del mondo era inviolabile, tantomeno il Paese che aveva costruito un impero sulle macerie degli altri popoli, assoggettati e sfruttati per i propri interessi: era il messaggio che i fondamentalisti vollero rendere manifesto in Occidente.

La risoluzione del presidente americano Bush junior fu drastica: la responsabilità degli Stati Uniti di fronte alla storia è di liberare il mondo dal male, affermò in risposta alla sfida imposta da Bin Laden. A ottobre, avviò infatti l’offensiva in Afghanistan, con l’obiettivo di porre fine al regime istituito dai talebani, che avevano preso Kabul nel 1996. Dopo, diede inizio ai bombardamenti su Baghdad (accusò l’Iraq di intrattenere rapporti con Al-Qaida), nonostante il dissenso dell’ONU, che non riteneva necessaria la “guerra preventiva”, la quale nei fatti produsse l’acuirsi dei conflitti interni e dell’astio nei confronti degli invasori.

La lotta al terrorismo perpetrata da Bush ha reso evidenti le contraddizioni che dal suo inizio hanno caratterizzato la politica statunitense: priva di uno specifico obiettivo e delle adeguate misure anti-terrorismo, non è stata in grado di pacificare e risolvere la situazione in Medio Oriente, incrementando, al contrario, il disordine. Al-Qaida ha continuato ad operare per mezzo di stragi in tutto il mondo e nei paesi non musulmani si radicalizzò l’intolleranza nei confronti dell’islam, associato all’integralismo. Bush perse progressivamente consensi, fino a raggiungere l’apice dell’impopolarità quando emerse lo scandalo per il maltrattamento dei prigionieri iracheni e afghani nelle carceri di Abu Ghraib e Guantanamo.

Si assistette ad una parziale distensione grazie ad Obama, che svolse un’azione diplomatica e di apertura, distinguendo tra islam e terrorismo; inoltre, negli anni della sua presidenza, Bin Laden fu ucciso da un commando di forze speciali della marina americana.

Risultava ormai chiaro il fatto che le potenze occidentali non avrebbero più potuto ricoprire il ruolo di garanti di un equilibrio istituito e imposto arbitrariamente dai protagonisti e vincitori delle guerre del Novecento: è uno dei motivi per cui l’11 settembre la storia è cambiata per sempre.

Gaia Romano





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