Qual è il ruolo della poesia oggi?

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti / sì qualche storta sillaba […]

Se si pensa genericamente alla parola poesia, si finisce quasi sempre per collegarla a qualcosa di elitario e tecnico o di difficile comprensione. Il che non è in effetti completamente sbagliato: alla fine, la poesia, come tutte le arti, ha una certa struttura e determinate regole. Tuttavia, quando si riflette sulla poesia in maniera più astratta, ecco che il suo campo si allarga e inizia a inglobare altri ambiti.
Complice l’impostazione scolastica, “poesia” diventa sinonimo di “figure retoriche” e “parafrasi”, con il panico generale che ne consegue. È un modo rigido e arido di intenderla.

La poesia dovrebbe essere un modo per empatizzare e cercare di capire cosa vuole dirci l’autore, e di conseguenza immedesimarci in quegli armoniosi accostamenti ritmici. Dovrebbe diventare lo strumento per eccellenza dell’espressione di un dissenso, di un disagio, di un pensiero controcorrente. Insomma, qualcosa di intimo, che scavi nel profondo e sia allo stesso tempo reazionario.

Certo, non sempre riesce ad addentrarsi nell’abisso dell’animo umano e più volte i poeti hanno reso il loro dissenso affermando di non poter utilizzare la poesia come mero strumento utilitaristico. Montale scriveva:

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato. […]

[…] Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Eugenio Montale, Ossi di seppia, Einaudi, 1943.

Montale sottolineava così l’impossibilità di utilizzare la poesia come un contenitore che inglobasse la nostra anima e la descrivesse per filo e per segno. La poesia non ha la formula, la soluzione a tutto, perché può solo dirci (o meglio, i poeti possono solo esprimere) ciò che non siamo e che non vogliamo.

Qual è dunque il ruolo della poesia? È cambiato nel corso del tempo: per esempio, la poesia antica era prettamente simposiale o composta per celebrare elogi, mentre quella duecentesca e quella rinascimentale  hanno in parte mantenuto il carattere corale, in parte assunto quello individuale e di commissione.

Date tutte queste premesse, dov’è finita la poesia?

La risposta è più articolata e dobbiamo fare un piccolo passo indietro. La rigidità scolastica a cui la poesia è stata ed è tuttora sottoposta ha creato una risposta forte e decisiva: non più una poesia al servizio delle strutture istituzionali aride e conservatrici, bensì una versificazione che denuncia ed evidenzia i cambiamenti nel mondo – positivi e negativi. Questo tipo di poesia contro “il sistema” si ritrova sia nell’arte che nella musica. Spesso releghiamo la poesia alla produzione editoriale di un certo tipo di intellettuali, ma in verità i testi musicali – fatte le giuste eccezioni – sono forme poetiche. L’accostamento armonico, melodico, ritmico delle parole alla musica è un connubio esistito da sempre che comporta una precisa abilità versificatoria. Il ritmo incalzante e conciso di certe canzoni di De André – molte delle quali, tra l’altro, di precisa ispirazione poetica, a partire da Pavese e da Masters – crea un prodotto sublime, spesso ironico, che scava nel profondo dell’animo umano e fa riflettere.

L’arte è una forma di poesia e la poesia è una forma d’arte. Se prendiamo quest’ultima nella sua accezione più tecnica, troviamo numerosi esempi di impiego congiunto delle due forme. Nel libro Siamo fatte di carta di Anna Maria Scocozza e Floriana Porta, le due artiste fanno dialogare le parole e le immagini mettendo haiku e baishu (forme poetiche giapponesi) insieme a sculture fatte interamente di carta e materiali di riciclo. La scelta della carta non è casuale, come scrive Scocozza:

La carta, come soggetto vivente, è stata scelta da entrambe, su cui trasferire le nostre impronte liriche, una casa, insomma, per far abitare le parole, gli inchiostri, le forme scultoree, le pieghe. Stimolare a far manifestare “lo Spirito della carta” è stato il nostro compito, per fargli raccontare le nostre storie impregnate di vissuti, ricordi, emozioni e sogni”. La carta diventa lo strumento in cui entrambe sperimentano l’arte (intesa nel suo senso più generale), ma mentre Scocozza le dà una forma e un corpo, Porta le dà voce e respiro. Entrambe dialogano intimamente con lo stesso sguardo e la stessa direzione per creare un connubio artistico e poetico.

Anna Maria Scocozza, Floriana Porta, Siamo fatte di carta, Ventura Edizioni, 2024.

Nella prefazione al libro, la scrittrice Sara Durantini scrive:

L’immediatezza, la rapidità, la fulminea apparente frammentarietà della parola poetica di Porta condivide il baluginio emotivo, il palpito luminoso, la cesellatura che innesca una trama narrativa con le opere di Scocozza realizzate con la carta e con materiali riciclati. […] La sinergia tra poeta e artista, che si esprime su un semplice foglio di carta, porta alla creazione di un’opera da esplorare. Le due coautrici, Floriana Porta, nelle vesti di poeta, e Anna Maria Scocozza, in quelle di artista, intrecciano le loro voci creando un connubio creativo in cui parole e immagini si influenzano e si arricchiscono a vicenda.

Sara Durantini, prefazione a Anna Maria Scocozza, Floriana Porta, Siamo fatte di carta, Ventura Edizioni, 2024.

La poesia ha continuato a insinuarsi laddove necessitava di scavare solchi profondi e oggi la si trova sui social, dove chiunque può sperimentare, senza preconcetti astrusi ed elitari. I social sono quindi diventati terreno fertile per la nascita di due fenomeni indissolubili: da un lato la sperimentazione artistica, dall’altro la critica costruttiva alle poesie, con ragionamenti, apprezzamenti o dissensi. Basti pensare a Rupi Kaur, celebre poetessa che nel 2014 ha esordito proprio sui social pubblicando le sue poesie insieme a piccole illustrazioni.

Alessandra Tiesi

Letture Consigliate

Anna Maria Scocozza, Floriana Porta, Siamo fatte di carta, Ventura Edizioni, 2024

Rupi Kaur, Milk and Honey, Tre60, 2017.

La redattrice ha già parlato dello stesso argomento in un suo precedente articolo: https://officinamagazine.it/qual-e-il-ruolo-della-poesia-oggi/

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