Il 15 marzo è la giornata del fiocchetto lilla, simbolo della cura dei disturbi del comportamento alimentare (DCA). Si tratta di un argomento troppo spesso sottovalutato, che torna in auge un giorno all’anno, in cui social e articoli di giornale non parlano d’altro. Il punto è proprio questo: se ne discute a sufficienza al di fuori del 15 marzo? Facciamo, però, un passo indietro.
DCA: di che cosa si tratta?
I DCA non coinvolgono un solo sesso e neanche un’età specifica. I comportamenti che possono costituire campanelli d’allarme spaziano dai digiuni all’assunzione di ingenti quantità di cibo, dall’autoinduzione del vomito a un’intensa attività fisica.
I principali disturbi del comportamento alimentare sono l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa. Si definiscono invece “NAS” i disturbi alimentari non altrimenti specificati, che coinvolgono i soggetti che presentano sintomi clinicamente significativi, senza però soddisfare i criteri per una diagnosi di un disturbo alimentare specifico.

I dati attuali
Secondo l’ultima rilevazione del Ministero della Salute, in Europa venti milioni di persone soffrono di disturbi alimentari, di cui più di tre milioni soltanto in Italia. Ciò che preoccupa maggiormente è l’aumento delle diagnosi: le rilevazioni sui bambini visitati presso l’ospedale pediatrico Bambino Gesù mostrano un incremento del 64% rispetto agli anni precedenti alla pandemia di Covid 19. Una percentuale preoccupante se considerata la giovane età, confermata dal fatto che l’età media di insorgenza di questi disturbi si sta abbassando: spesso i primi segnali si manifestano già dagli otto anni. Sono quasi 4 milioni le persone che soffrono di questi disordini alimentari e ammontano a circa 4000 i morti ogni anno.
Confronti con l’irrealistico
Non vi è dubbio che l’abbassamento d’età sia stato favorito dal sempre più precoce avvicinamento dei bambini ai social network e dall’evoluzione dei contenuti che vi circolano, che sembrano sempre più incentivare il dismorfismo. Si passa dai famosi “What I eat in a day” — spesso fuorvianti, data l’estrema soggettività del fabbisogno calorico e di macronutrienti di ciascuno — alla sponsorizzazione di programmi d’allenamento apparentemente semplici da seguire, per raggiungere velocemente una certa tipologia di fisico che, in assenza di una genetica favorevole, richiede un percorso ben diverso da quello promosso.
E lo Stato fa poco o niente
In Italia, i centri abilitati a offrire supporto per chi soffre di questi disturbi sono circa 150, di cui 120 pubblici e 30 privati. Alcune regioni, quali l’Abruzzo, la Calabria, il Lazio, il Piemonte, la Puglia e la Sicilia, risultano non sufficientemente dotate o, nei casi più gravi, totalmente prive di strutture adatte. Un eventuale mancato rinnovo dei finanziamenti, inoltre, non permetterebbe l’incremento o il mantenimento stabile (coerente se non necessario, visto l’aumento drastico sopracitato dell’incidenza dei disturbi) dei centri già presenti, rendendo incerta la continuità delle cure negli anni, se non mesi, a venire.
Nella Legge di Bilancio 2022 sono stati stanziati 25 milioni di euro da dividere tra le Regioni per il biennio 2022-2023, permettendo così di assumere 780 professionisti del settore, di aprire nuovi ambulatori o di potenziare quelli già esistenti: l’incentivo ha dato i suoi frutti, ma non è stato rinnovato. Nel 2024 sanitari e associazioni hanno protestato per la sua cancellazione e, anche grazie alle proteste, sono stati successivamente stanziati dieci milioni di euro per il 2024, ancora una volta non confermati per il 2025. E così lo Stato ha lasciato gli istituti di cura con un mucchio di polvere in mano.
Resta solo un finanziamento di un 1 milione e mezzo di euro per il progetto “Campagne di prevenzione dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione del Ministero della Salute”, che consiste, in poche parole, in uno stanziamento di 500 mila euro da investire fra il 2025 e il 2027 all’anno per attività relative alla divulgazione sul tema .
L’illusione del sufficiente
Da dicembre 2024, sempre grazie alle proteste delle associazioni, i disturbi del comportamento alimentare sono entrati a far parte dei cosiddetti “livelli essenziali di assistenza” (LEA), i quali prevedono prestazioni e servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini in forma gratuita o mediante il pagamento di una piccola quota di partecipazione, comunemente nota come ticket. Rimane impossibile guardare il bicchiere mezzo pieno, perché solo 16 delle 32 prestazioni necessarie all’analisi e assistenza dei DCA sono attualmente gratuite.
Anche in questa situazione resta marcato il divario fra Nord e Sud, che presenta meno della metà delle strutture rispetto al Nord (clicca qui per visualizzare i centri presenti sul territorio italiano). L’Italia ha, insomma, ancora molta strada da fare per rendere i cittadini più consapevoli e per fornire gli strumenti adatti a prevenire l’insorgenza di questi disturbi. Se, da un lato, dare voce a chi ha seguito percorsi di cura è importante, non possiamo né dobbiamo scaricare l’intera responsabilità della divulgazione sui pazienti, limitandoci cioè ad affidare loro il compito di raccontare le proprie esperienze. Il sapere accresce la conoscenza ma non il benessere mentale.
Giulia Frontino
The Password ha scritto alcuni articoli sul tema dei DCA, li trovi qui:
