In questi ultimi mesi alcuni adulti si saranno ritrovati, forse per la prima volta dopo anni, a comprare un fumetto in edicola, rivivendo ricordi di un’infanzia fatta di onomatopee e storie a colori — questo perché l’anno si è aperto con una novità per Topolino, periodico a fumetti che ha inaugurato delle edizioni speciali con storie tradotte nei vari dialetti della penisola italiana.
L’iniziativa editoriale
L’operazione è iniziata il 17 gennaio, in occasione della Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali, con un numero contenente una storia in napoletano, milanese, catanese e fiorentino. Il 2 aprile, nel numero 3619, è stata la volta del pugliese, laziale, veneto e del piemontese, con copie distribuite “nelle edicole della zona regionale di competenza linguistica”. La traduzione in piemontese è stata curata dal professor Nicola Duberti, docente di Linguistica Piemontese all’Università di Torino. Nelle prime pagine del numero in questione il docente spiega che per piemontese si intende il piemontese di koinè, lingua basata sulla varietà di piemontese parlata a Torino, anche se in realtà il dialetto si parla poco in città, se non tra e nel rivolgersi alle generazioni più anziane, e sta perdendo terreno tra i giovani.
La questione ortografica
La scelta del sistema di scrittura non è stata una questione di poco conto. A differenza dell’italiano, lingua standardizzata con un sistema di scrittura consolidato, il piemontese, seppur lingua dotata di una tradizione scritta, non gode di un sistema grafico universalmente codificato, per cui a seconda dell’epoca, del luogo e delle convenzioni adottate una stessa parola si può ritrovare scritta in modo diverso. Duberti dichiara quindi che è stata scelta una grafia basata su modelli del Settecento, la cosiddetta Pacotto-Viglongo, dai cognomi di uno scrittore e di un editore piemontesi.
Leggendo la storia, tuttavia, anche chi capisce e parla quotidianamente piemontese avrà forse avuto delle difficoltà, perché si tratta di una grafia per certi versi simile al francese, per cui non si legge come si scrive, come siamo abituati in italiano. Per esempio, nella storia in questione, Topolino e il ponte sull’oceano, Pippo, ribattezzato Folip, dice, rivolto a dei ladri: “S’av pias nen ij forësté i l’eve mach da dilo” (“se non vi piacciono i forestieri avete solo da dirlo”). Una delle convenzioni grafiche stabilisce che il segno <o>, quando non accentato, ha il valore della u in italiano, e quindi si dice furesté, dilu, ed espressioni del tipo «ròba robà», “roba rubata”, si leggono roba rubà.
Il dialetto oggi, tra declino e riscoperta
Riflettere sul dialetto piemontese è importante perché il Nord-Ovest è proprio una delle zone d’Italia dove si registra il tasso di dialettofonia più basso. Come spiegato nel manuale Italiano e dialetto di Cerruti e Regis (Carocci 2020), l’uso del dialetto varia anche in base al livello di istruzione, all’età e al sesso dei parlanti: è meno diffuso tra i giovani, le persone con un elevato grado di istruzione e le donne, mentre resiste maggiormente tra gli anziani, le persone meno istruite e gli uomini.
Nonostante questo declino, negli ultimi vent’anni si è assistito a una rivalutazione dei dialetti italoromanzi, che stanno perdendo la connotazione negativa che li ha caratterizzati per gran parte del Novecento. In un’intervista pubblicata sul numero in questione, il professor Riccardo Regis, ordinario di Linguistica Italiana all’Università di Torino e coordinatore del gruppo di linguisti per l’iniziativa di Topolino, ammette una certa soddisfazione per l’entusiasmo suscitato dal progetto, anche se i riscontri sono giunti solo da lettori adulti — sarebbe invece curioso di conoscere l’opinione dei giovani. Ripercorre poi in breve la rivalutazione dei dialetti e il processo che li ha portati a diventare un fenomeno pop, dal loro sdoganamento nella letteratura di consumo a partire da Camilleri fino al loro ritorno sul palco del Festival di Sanremo.
Le funzioni del dialetto oggi
Il linguista Berruto ha individuato quattro valori principali del dialetto: uno comunicativo-affettivo per la comunicazione quotidiana; uno ludico-espressivo, come risorsa comunicativa preziosa; uno simbolico-ideologico e uno folkloristico-museografico. Tra le nuove generazioni sembrerebbe prevalere soprattutto il valore ludico-espressivo, tramite l’inserzione di espressioni dialettali all’interno di conversazioni in italiano, come dimostrato da esempi di giovani che iniziano a sfruttare le potenzialità dei social per promuovere il territorio e la lingua piemontese, come @michelanellevalli.
Tornando a Topolino, la storia assume un’irresistibile coloritura locale e sabauda, che merita sicuramente una lettura: Topolinia diventa Giariopoli, Topolino Giari Miclin, e anche chi non parla quotidianamente piemontese ma lo capisce leggerà con un sorriso termini ed espressioni quotidiane, come sagrinte nen (“non preoccuparti”), frobi (“cosa inutile”), darmage (“peccato!”, vicino al francese dommage), gadan (“sciocco”), pa vaire (“non tanto”).
Iniziative come questa offrono alle nuove generazioni un’occasione per entrare in contatto con le proprie radici linguistiche e culturali e possono contribuire a mantenere viva una lingua che non è solo mezzo di comunicazione, ma specchio di una cultura e di un modo unico di vedere il mondo. Insomma, A l’è mai tròp tard për imparé (“Non è mai troppo tardi per imparare”).
Anna Gribaudo
Crediti immagini: panini.it
