27 e la paura di diventare adulti

27, diretto da Flóra Anna Buda e premiato al Festival di Cannes 2023 come miglior cortometraggio e disponibile sulla piattaforma MUBI, è in grado di catturare in modo sottile la confusione, la continua ricerca di sé, la solitudine e l’inadeguatezza della giovinezza, attraverso un breve ma intenso viaggio emotivo, capace di dare vita ad un’esperienza immersiva, in cui lo spettatore si ritrova a dover riflettere su quello che è realmente il proprio rapporto col tempo. 

La storia è incentrata sulla figura di Alice, una giovane donna ungherese nel giorno del suo ventisettesimo compleanno (da cui il titolo del corto), costretta ancora a vivere con la sua famiglia, senza un posto fisso e in continua crisi con la sua sessualità (ricordiamo la legge anti-LGBTQ+ del governo ungherese e la visione del sesso come tabù) e il suo io interiore, da cui cerca incessantemente di fuggire rifugiandosi nei sogni e aiutandosi con alcol e sostanze psicotrope. Nel corso del film vedremo Alice consumare tali sostanze durante una festa psichedelica sul tetto di una fabbrica, anche se, nel tentativo di fare ritorno a casa, la giovane cadrà dalla sua bicicletta e si ferirà. La domanda che lo spettatore si pone subito dopo l’accaduto è: “Questo incidente le darà finalmente il coraggio di diventare adulta e affrontare la realtà?” 

In soli undici minuti, il cortometraggio è in grado di trattare il tema del conflitto interiore che ogni giovane adulto ha provato sulla propria pelle, almeno una volta nella vita: quella sensazione di paura mista a incertezza nel dover affrontare il proprio passato (e quelli che sono i propri demoni interiori e le proprie cicatrici), realtà che forse nemmeno la protagonista riesce completamente a fronteggiare. Un altro tema cardine, che non passa di certo inosservato allo spettatore, è rappresentato dalla solitudine: la giovane sembra essere isolata emotivamente, oltre che fisicamente, dettaglio che ci risulta ben chiaro dalla rappresentazione vivida delle emozioni più viscerali, quali frustrazione, paura e speranza, messi in evidenza sia dalla colonna sonora sia dalla fotografia. Per quanto riguarda la prima, la scelta di alternare scene di silenzio a sequenze invece ricche di suoni, rumori e musiche, che contribuiscono a instaurare un’atmosfera particolarmente ricca di tensione psicologica, non è casuale, così come la scelta della fotografia, attraverso cui troviamo un gioco continuo di ombre e colori saturi, come a voler accentuare le emozioni forti e contrastanti della giovane donna. 

27 è un cortometraggio da riscoprire, non soltanto perché rappresenta in modo chiaro un’esplorazione intima e profonda del dolore in tutte le sue forme, ma anche perché chiunque può riuscire a immedesimarsi nei panni della ragazza. La mancanza di un lavoro fisso dopo l’università, il carovita, la precarietà economica del proprio paese e la difficoltà nel doverlo abbandonare per poter riuscire ad inseguire i propri sogni sono soltanto alcuni degli aspetti che accumunano tutti noi e che riusciamo ad evidenziare bene in una particolare scena: dopo essere stata sorpresa dal fratellino a masturbarsi (ritorna nuovamente il tema della sessualità della donna), Alice si affaccia dalla finestra della sua camera fumando, mentre la vita fuori dalla sua stanza sembra procedere come sempre. Lo spettatore ascolta attentamente le parole che sembrano essere pronunciate da un giornalista sulla situazione socioeconomica dell’Ungheria, attuali anche nel nostro paese e che racchiudono in breve quanto detto precedentemente:

Circa il 70% dei giovani laureati è tornato a vivere con i propri genitori.

Quest’anno, la percentuale aumenterà dell’1-2%. Il salario medio dei neolaureati di età superiore ai 25 anni non copre il costo della vita.” 

 

Per concludere, Buda opta intenzionalmente per un finale aperto, lasciando carta bianca alle eventuali domande, come a voler sottolineare che il viaggio interiore di ognuno è ciclico, senza una vera e propria fine, ma che l’accettazione di sé stessi è un passo fondamentale per poter crescere e diventare finalmente (forse?) adulti.  

Deborah Solinas 

Lascia un commento