POV: la gen Z ride anche del Papa

Tra pandemie, crisi climatiche, disoccupazione, ansia per il futuro, ora anche la morte del Papa,  sembra che ci sia poco spazio per una risata… Non per la gen Z, che, cresciuta a pane e meme, riesce sempre a ironizzare sulle tematiche più disparate. È la generazione nata tra gli anni Novanta e il 2012 (circa), che ha ereditato un mondo in crisi su numerosi fronti, ma che nonostante ciò riesce a farsi largo sulle piattaforme con una visione del mondo fresca, ironica… insomma, una visione forse un po’ più positiva.

La cifra stilistica che li contraddistingue? Ridere di tutto, anche (e soprattutto) di ciò che fa male, confonde o spaventa. TikTok, Instagram e altre piattaforme social sono diventate il palcoscenico principale di questa forma di espressione, dove il confine tra leggerezza e profondità è sempre più sottile. Sì, perché proprio grazie ai meme si sollevano in realtà anche tematiche più delicate: ad esempio, un video virale su TikTok può alternare il racconto di un attacco di panico a una battuta sul costo della terapia. Le pagine ironiche fioriscono con post che scherzano sulla precarietà lavorativa, i disturbi mentali o persino eventi geopolitici, riuscendo a essere al tempo stesso esilaranti e tristemente lucidi.

Negli ultimi giorni, i nostri social sono stati invasi dai meme sulla morte del Papa, con l’intramontabile frase “ogni morte di Papa…”: se ne possono leggere di ogni tipo, dai più leggeri a quelli che virano verso un humor più ricercato. Per non parlare dei numerosissimi video sul conclave, in cui vengono commentati i papabili come se fossero concorrenti di un talent. Non bisogna considerarla come una mancanza di rispetto, anche perché si potrebbe dire che questo sia stato il conclave forse più seguito, sia da credenti che non, grazie a questi video che hanno reso accessibili processi lontani e spesso percepiti come arcaici.

Su TikTok, i trend ironici si moltiplicano con velocità impressionante. Sono sufficienti una battuta, un audio, un’espressione e in poche ore migliaia di utenti li reinterpretano, dando vita a un gigantesco gioco collettivo. Uno degli esempi più noti è il filone dei pov (point of view), in cui si recita ironicamente una situazione assurda, come “POV: sei la mia ansia sociale che mi osserva mentre provo a ordinare un caffè”. Anche la crisi climatica non è risparmiata: video ironici mostrano “l’estate 2050”, con persone che vanno al mare in tuta ignifuga. È un modo per parlare di temi seri, ma in modo creativo, provocatorio e accessibile.

Ovviamente questo approccio non è esente da critiche. Alcuni lo giudicano troppo disinvolto, accusando la gen Z di banalizzare tragedie o rendere tutto uno scherzo, ma in realtà questa ironia nasce spesso da una consapevolezza acuta e profonda. Non è semplice leggerezza, bensì una forma di sopravvivenza emotiva; inoltre, permette alla generazione di affrontare argomenti che in passato venivano evitati o stigmatizzati, come la salute mentale o il fallimento.

L’ironia della gen Z è ibrida, mutevole, spesso difficile da decifrare da chi non ne condivide il contesto culturale. Vive di riferimenti, sovrapposizioni di senso e citazioni stratificate, eppure è anche straordinariamente potente, perché riesce a rendere virale un pensiero, un messaggio, una denuncia. È una lingua franca tra milioni di giovani, che si riconoscono attraverso una battuta su un tema che pochi anni fa sarebbe stato “tabù”.

La gen Z ha preso l’ironia, l’ha destrutturata, ricostruita e fatta sua. La usa per comprendere il mondo, per affrontare il dolore, per creare comunità e per resistere. Che si parli di guerra, crisi, amore o ansia, ogni contenuto può diventare materia per un meme, una battuta, un video di pochi secondi. Tuttavia, dietro a quella risata c’è spesso una consapevolezza feroce: che il mondo è complicato e che, a volte, ridere è l’unico modo per restare lucidi.

Chiara D’Amico

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