AAA CERCASI LABUBU!!

Diventati virali solo nelle ultime settimane, ma già una tendenza affermata a livello globale, i Labubu sono bizzarri e affascinanti pupazzetti nati nel 2015 dalla fantasia dell’artista di Hong Kong Kasing Lung, e distribuiti dall’azienda Pop Mart a partire dal 2019.

La storia dei Labubu inizia in Cina, dove l’industria dei giocattoli da collezione ha vissuto una vera e propria rivoluzione grazie alle blind box – scatole misteriose contenenti personaggi a sorpresa – e all’uso di un’estetica kawaii che mescola l’infanzia a tratti oscuri e surreali. Difatti, i Labubu sono contraddistinti da un sorriso inquietante, occhi spalancati, orecchie a punta e un vestiario che cambia sempre: queste caratteristiche si sono rivelate vincenti per trasformare questi pupazzetti in icone.

Il successo di Labubu non può essere spiegato senza citare Pop Mart, l’azienda che ha trasformato una semplice creazione artistica in un prodotto di culto che ha catturato l’attenzione di collezionisti, appassionati di design e curiosi di ogni età. Fondata nel 2010 a Pechino, Pop Mart ha puntato tutto sull’intuizione che l’arte e il collezionismo potessero fondersi in un nuovo modello di business. Grazie ai Labubu, l’azienda oggi è diventata un gigante del settore toy & collectibles a livello globale e, pur vantando decine di collaborazioni con diversi designer e artisti, è proprio con Kasing Lung che ha conosciuto il suo boom.

Nel 2020 Pop Mart è stata quotata alla Borsa di Hong Kong, superando in valore e notorietà molte aziende del settore più tradizionali. Ha costruito un ecosistema che va oltre il prodotto fisico: flagship store, distributori automatici intelligenti, app dedicate e soprattutto una presenza strategica sui social media cinesi come WeChat, Xiaohongshu e Douyin (il corrispettivo cinese di TikTok). Proprio i social sono stati il veicolo che ha trasformato il prodotto Labubu in un fenomeno virale, alimentando una community appassionata con video di unboxing, fotografie creative, recensioni e persino fan art.

Anche grazie al contributo dei social, il fenomeno non è rimasto confinato alla Cina: in pochissimo tempo Labubu ha varcato i confini orientali, conquistando prima i paesi asiatici limitrofi, poi l’Europa, gli Stati Uniti e il resto del mondo. Tutti sono impazziti per i Labubu, tanto da poter aspettare ore e ore in fila fuori dai negozi ed essere disposti a spendere generose cifre solo per ottenere un’edizione rara o limitata. Pop Mart ha puntato molto sul fattore “limitato” della sua produzione: la scarsità pianificata e il fattore sorpresa di alcuni modelli, combinati al design accattivante e instagrammabile, li ha resi perfetti per la condivisione online e quindi adatti per essere una tendenza mondiale.

Inoltre, Kasing Lung ha costruito un intero universo narrativo attorno ai Labubu attraverso la serie The monsters, nella quale vengono raccontate storie, illustrati personaggi secondari e ambientazioni particolari. La serie stimola l’immaginazione e l’affetto da parte dei fan verso queste piccole figure dal nome così giocoso, che in realtà è privo di significato ed è stato scelto unicamente per la sua musicalità.

Pop Mart ha sicuramente saputo sfruttare le dinamiche del mercato globale, partecipando a fiere internazionali e aprendo flagship store – punti vendita studiati su misura per rappresentare il brand – nelle maggiori città, come Londra, Los Angeles, Tokyo. Ogni nuova uscita è un evento, ogni serie limitata viene esaurita in pochi minuti. Il valore di rivendita dei Labubu più rari ha raggiunto cifre impressionanti su piattaforme come eBay o StockX, contribuendo a cementare la loro aura da oggetto di culto. Influencer famosi e personaggi di spicco sfoggiano i loro Labubu attaccati a borse di noti brand di moda.

La “Labubu mania” è il simbolo di come la Cina non sia più soltanto una fabbrica del mondo, ma un centro di innovazione culturale capace di esportare tendenze e influenzare gusti globali. Il caso Labubu, infatti, racconta molto anche della nuova economia e dell’influenza che i social hanno su di noi.

E tu sei già stato influenzato da questa moda o ancora no?

Chiara D’Amico

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