
Quando sentiamo la parola “monopolio”, pensiamo comunemente a un’impresa che ha una presa ingiusta sul mercato, che manipola artificialmente i prezzi e restringe l’offerta. Tuttavia, Peter Thiel mette in discussione questa narrazione, affermando che non tutti i monopoli sono necessariamente negativi.
A dire il vero, abbiamo già parlato di Thiel in alcuni articoli precedenti, ed è necessario tornarci, anche se in questo caso l’argomento trattato si discosta dalla politica.
Quando si riflette sullo sviluppo del mercato finanziario e sui suoi recenti risvolti, si è subito indotti a pensare ai grandi centri come New York, Londra o Singapore. Tuttavia, è importante sottolineare come, proprio grazie all’influenza dei venture capitalist di San Francisco, siano emerse alcune delle prime aziende valutate in trilioni di dollari.
È quindi fondamentale comprendere l’analisi di chi ha vissuto in prima persona l’ascesa di questi colossi, ricordando che, in gran parte, essi sono stati spinti e finanziati dalla ricerca pubblica americana.
Thiel suddivide fondamentalmente la sua argomentazione in due categorie: i cattivi monopoli e i buoni monopoli.
I cattivi monopoli sono, sostanzialmente, quelli che tutti conosciamo: non offrono alcuno spunto di innovazione. In un mondo statico, dove le industrie non si evolvono, emergono proprio questi monopoli. Essi traggono vantaggio dalla propria posizione dominante applicando prezzi elevati o offrendo pochi prodotti, agendo più come esattori che come innovatori. Questo tipo di monopoli non apporta alcun beneficio alla società.
L’altra parte della sua argomentazione risulta invece particolarmente interessante. Se analizzata da un punto di vista critico, privo di pregiudizi nei confronti dell’autore, essa presenta diversi spunti validi. Thiel cita, ad esempio, il caso dell’iPhone.
I buoni monopoli, secondo Thiel, sono invece quelli che creano interi mercati nuovi, guidando l’innovazione anziché limitarla. Un esempio emblematico è proprio Apple. Quando l’azienda lanciò l’iPhone, non si trattava semplicemente di un altro telefono, ma del primo smartphone che funzionava davvero bene, rivoluzionando completamente il modo in cui le persone interagivano con la tecnologia.
Per anni, Apple ha goduto di un monopolio su questa innovazione radicale, poiché offriva qualcosa che prima non esisteva. Come sottolinea Thiel, le persone facevano la fila per acquistare l’iPhone, in quanto quel prodotto rispondeva a un bisogno che fino a quel momento non sapevano nemmeno di avere.
In questo caso, il monopolio non era frutto di controllo o coercizione, bensì della capacità di innovare in modo autentico. Apple ha ottenuto il suo vantaggio competitivo aprendo il mercato verso nuove possibilità.
Thiel prosegue affermando che, ancora oggi, Apple, pur non detenendo più il controllo assoluto che aveva nei primi anni, continua a godere di una posizione privilegiata assimilabile a quella di un monopolio. Un esempio evidente è rappresentato dal cosiddetto ecosistema Apple: un ambiente integrato in cui tutti i dispositivi, dall’iPhone all’Apple Watch, lavorano in perfetta sintonia. Questo genera un effetto lock-in per il consumatore, rendendo difficile il passaggio a prodotti concorrenti. In questo caso, non si tratta semplicemente di un monopolio legato a un singolo prodotto, ma di un monopolio sistemico, esteso a un’intera gamma interconnessa di beni e servizi.
Tornando all’argomentazione centrale di Thiel, i cosiddetti monopoli dinamici sono quelli che fungono da veri motori dell’innovazione: il loro vantaggio consiste nel creare nuove categorie, nuove nicchie e nuovi bisogni, perciò senza limitarsi a conquistare fette di mercato esistenti. In altre parole, aprono possibilità inesplorate. Questo porta a un nuovo assetto del mercato, dove emergono opportunità inedite anche per altri attori economici.
Secondo Thiel, la differenza chiave risiede proprio in questo: offrono qualcosa di radicalmente nuovo, che prima non esisteva, e che viene accolto perché apporta un valore reale alle persone.
Il punto essenziale della sua tesi è che lo sguardo sul fenomeno monopolistico va ricalibrato: non più “tutti i monopoli sono negativi”, bensì “alcuni monopoli sono fondamentali”. Le aziende che cambiano davvero il mondo, secondo Thiel, sono quelle che raggiungono una posizione dominante attraverso l’innovazione, offrendo prodotti così rivoluzionari da diventare imprescindibili. Così come Apple ha fatto con l’iPhone, creando un mercato che prima semplicemente non esisteva.
Rayan Badr
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