I sentieri che permettono di arrivare al Picco Margherita, al momento, sono due:
- Il Central Circuit, che ricalca le orme della prima spedizione condotta dal “Duca degli Abruzzi” Luigi Amedeo di Savoia nel 1906; è più conosciuto dai turisti, dotato di passerelle per attraversare le zone più fangose e rifugi in legno per pernottare.
- Il Bukurungu Trail, che prende il nome da una delle valli attraversate ed è stato aperto al pubblico recentemente; è infatti meno conosciuto dai turisti, più selvaggio e non dotato di strutture per pernottare.
Il periodo migliore per avventurarsi fra questi monti è durante una delle due stagioni secche, che vanno da gennaio a febbraio e da giugno ad agosto. Durante il resto dell’anno la stagione è molto umida e caratterizzata da tremendi temporali, perciò rende molto più difficile addentrarsi nella foresta e aumenta anche la possibilità di contrarre malattie infettive a basse quote. Inoltre, per quanto sia definita tale, la stagione secca è anch’essa parecchio umida: ciò permette alla vegetazione di essere assai verdeggiante e rigogliosa anche a 3500 m s.l.m.
All’interno del parco la flora è estremamente varia e cambia a seconda della quota: fino a circa 2800 m s.l.m. si attraversano la foresta pluviale tropicale e la foresta di bambù; a quota 3000 m ci si imbatte nella cosiddetta heather zone (ossia “zona dell’erica”), dove la specie predominante è appunto una varietà gigante di erica arborea, caratterizzata dalla presenza di un lichene che forma lunghi ciuffi che scendono come capelli dai rami. Sopra i 3600 m s.l.m. si trova un particolare tipo di brughiera detto Rwenzori-Virunga montane moorland. Oltre i 4500 m circa si trovano solo rocce e qualche muschio temerario, mentre a partire da circa 4700 m si possono finalmente incontrare i ghiacciai.
Un cartello sopra l’uscio della Capanna Elena (a 4540 m s.l.m., il campo più alto sul monte Stanley) riporta la scritta Remember that global warming is real: un tempo infatti un ramo del ghiacciaio arrivava a pochi passi dal rifugio, ma ormai si ferma a una quota superiore di circa 250 metri.
Purtroppo negli ultimi decenni si sta assistendo ad una rapida recessione dei ghiacci del Rwenzori causata dal drammatico cambiamento climatico che sta avvenendo a livello globale, come ormai assodato dalla comunità scientifica. Tra qualche decina d’anni probabilmente lo spettacolo dei ghiacciai del Rwenzori rimarrà solo un ricordo impresso nelle vecchie fotografie e relazioni alpinistiche.
Irene Rubino

Ma la Sig.ra Irene RUBINO le ha mai scalate quelle montagne? Si è mai avvicinata ad esse? Spero di si,! Ma non ci credo! Se, per cortesia, mi risponde, io Le esprimerò la mia gratitudine! Mi permetto di informare la Sig.ra Rubino che io conosco ed ho scalato quelle montagne del ghiaccio! Certamente con molta fatica , ma ricvompensato da un grande piacere. E sulla parte più alta piantai la bandiera italiana! Non ero solo! Ero in gruppo con amici francesi alpinisti! E lasciai, insieme agli amici, la mia firma nel librone che trovammo all’interno della capanna del nostro “Duca degli Abruzzi” . Da allora sono passati più di 26 anni! Tuttavia, credo che le informazioni della Sig.ra Rubino non siano rigorose. Qui di seguito tutte le informazioni necessarie per chiarirmi le idee! Grazie !
Sabino Gallo
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