Ogni anno, il 23 settembre, a partire dal 1999, si celebra la Giornata Internazionale della Bisessualità, o Bi Visibilty Day. Istituita dagli attivisti americani Wendy Curry, Gigi Raven Wilbur e Michael Page durante l’International Gay and Lesbian Association Conference a Johannesburg in Sudafrica, l’obiettivo di questa giornata è dare visibilità, appunto, a quella porzione della comunità LGBTQ+ spesso ritenuta “a metà” tra il mondo etero e quello gay.

Gli stereotipi e le discriminazioni che la comunità bisessuale è tenuta ad affrontare sono molti, nonostante negli anni gli attivisti stiano cercando di fare chiarezza. Quello più lampante riguarda appunto l’invisibilità delle persone bisessuali, frequentemente additate come etero o gay in base al genere del loro partner. Come disse Gigi Raven Wilbur, infatti: «Anche la comunità bisessuale è diventata più forte, ma rimane ancora invisibile in molti modi. Ciò è dovuto in parte al fatto che la società ci condiziona tutti a classificare automaticamente qualsiasi coppia che cammina mano nella mano come gay o etero, a seconda del sesso che assegniamo a ciascuna persona.»
Un concetto che pare lapalissiano, quello per cui una persona continua a essere bisessuale a prescindere dalla propria situazione relazionale, ma che ha costituito l’ennesima spinta a creare il Bi Visibility Day.
Pensiamo a Freddy Mercury, David Bowie, Lady Gaga o Frank Ocean: il grande pubblico associa i loro nomi esclusivamente all’eterosessualità o all’omosessualità, ignorando – volutamente o non – che queste persone hanno più volte ribadito di non essere attratte da un unico genere. È il caso del biopic Bohemian Rhapsody, dove il cantante dei Queen viene rappresentato e raccontato come uomo gay – quando in realtà non solo non lo era, ma la data 23 Settembre è stata scelta anche perché era il mese del suo compleanno.

Si chiama Bi Erasure e si tratta di una sistematica cancellazione dell’identità di una persona; «vogliono attenzioni o sono solamente gay e in fase di negazione». Brian A. Fainstein, Dottore e professore all’Università di Chicago, fa risalire questo tipo di discriminazione al pensiero troppo rigido e binario della grande maggioranza della società. Non a caso per molti anni si è parlato di bisessualità come un’attrazione 50-50, ignorando che si tratta di un orientamento fluido ?e anche una persona, mettiamo, attratta al 99% da un genere e all’1% da un altro è tanto valida quanto chi non prova differenze?.
E per quante discriminazioni vengono dall’esterno, altrettante vengono dall’interno della comunità: non è raro che i bisessuali vengano tacciati di transfobia in quanto presumibilmente questa sessualità esclude le persone trans e non binarie – quando la definizione stessa di bisessualità è persona attratta da uno o più generi.

Anche se giornate come il Bi Visibility Day non sono sufficienti per eradicare completamente la bifobia, sarebbe scorretto sottovalutarne l’importanza: si trattano, queste, di occasioni per parlare apertamente e mettere in luce persone e storie di cui altrimenti non si parlerebbe con altrettanta frequenza. È solo attraverso la normalizzazione di queste identità, del resto, che alla parola bisessuale non si assoceranno più altre come “fase”, “promiscuità” e “indecisione”.
Rebecca Isabel Siri
