The American Blizzard

Tra le pagine dell’almanacco dell’anno che comincia soffiano venti gelidi da Nord. Nuove tempeste investono il panorama geopolitico mondiale: nella notte di Capodanno, le forze armate di Kiev abbattono 45 droni kamikaze russi, uno sciame di varianti circola fuori controllo tra i cittadini cinesi e l’UE fatica a smaltire la sbornia del Qatargate, scandalo dalla portata ancora non completamente commensurabile.

L’anno nuovo è bello perché non si conosce, pensava Leopardi. Una certezza, tuttavia, l’abbiamo: gli effetti del cambiamento climatico, pur imprevedibili, saranno una costante del nostro futuro. Mentre gli americani del Minnesota, Iowa, Nebraska e Montana – per i meno ferrati in geografia, Stati del Centro-Nord degli USA – registrano punte da -57 °C nelle aree montuose, in Italia apriamo lo spumante in compagnia del mite e anomalo anticiclone africano. Non allontaniamoci, però, dagli States a stelle e strisce: i nostri storici alleati sembrano essere investiti da una bufera che nulla ha a che fare (almeno direttamente) con le stravaganze climatiche del nostro secolo.

L’impero repubblicano di Biden, mai così frammentato dai tempi della guerra civile, “festeggia” un nefasto anniversario, quello dell’assalto a Capitol Hill, la sede del Congresso, del 6 gennaio 2021. La rivolta fomentata dal capelluto arancione, atta a rovesciare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020, ha stravolto gli equilibri internazionali e ha scalfito, probabilmente irreparabilmente, la forza del soft power americano, arma che noi occidentali credevamo invincibile. Senza Capitol Hill, stimano numerosi accademici e strateghi della Casa Bianca, Putin non avrebbe colto negli Stati Uniti il momento di vacillamento che ha dato la spinta decisiva all’invasione dell’Ucraina.

Crediti: Fotografia di Jonathan Ernst / Reuters  https://www.newyorker.com/news/letter-from-bidens-washington/the-end-of-trump-presidential-campaign-announcement-2024

In una società sempre più polarizzata politicamente, dove lo scontro rosso-blu, in realtà molto meno monolitico di quanto si creda, assume dei toni sempre più esistenziali, messianici e animati dal disprezzo per la fazione opposta, il 40 % degli elettori repubblicani crede che “se i leader eletti dal popolo non proteggeranno l’America, il popolo dovrà farlo da sé, se necessario con atti violenti”, come scrive il reporter inglese Tom Gjelten. Ricordiamo, a questo proposito, l’attentato a Nancy Pelosi del 2022, chiara testimonianza della crescente incidenza di fenomeni di terrorismo interno.

Il popolo che il 4 luglio del 1776 si dichiara Nazione oggi appare un puzzle sul punto della disgregazione. Gli Stati federati, profondamente diversi tra loro, chiedono più potere allo Stato federale (sinonimo di governo centrale), che intendono progressivamente smantellare. Nel 1998, solo Nikolaevich Panarin, ex agente del KGB, prevedeva una prossima disintegrazione degli Stati Uniti, programmata dal russo per il 2010. Fantapolitica o veggenza? Ai posteri l’ardua sentenza. Fatto sta che oggi i principali laboratori strategici statunitensi trattano guerra civile e disfacimento della patria come scenario plausibile. La secessione, mostro che in fondo non ha mai smesso di serpeggiare negli incubi degli americani, è giudicato un pericolo reale. Un risultato elettorale avverso ai democratici alle presidenziali potrebbe essere la scintilla prima dell’esplosione finale. Proprio John Podesta, democratico, ha minacciato la secessione di California (“Calexit”), Oregon e Washington in caso di vittoria di Trump, o uomini a lui vicini, nel 2020.

In un’America dove le diseguaglianze aumentano vertiginosamente, dove il dinamismo rallenta, dove le élites, una volta orgoglio nazionale, sono percepite come caste, l’American Creed è saltato in aria. La guerra si gioca, quindi, a livello identitario: cosa significa essere americani? La Nazione è quella della narrazione conservatrice, della purezza della patria? Oppure è quella macchiata dalla nascita dal peccato, quella della sopraffazione, della violenza e del potere come strumento di oppressione? Se la storia è per un paese quello che è il carattere per una persona, l’America, fondata sul culto religioso dell’individuo, necessita, perlomeno, di un buon analista.

In attesa delle elezioni presidenziali del 2024, il mondo resta col fiato sospeso.

Micol Cottino

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