Il caso Piazzapulita: la politica teme il giornalismo?

La scorsa puntata di Piazzapulita, programma di divulgazione politica in onda su La7, si è aperta con un appello del conduttore Corrado Formigli contro i leader dei maggiori partiti di governo, Matteo Salvini della Lega e Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. Il conduttore ha gridato al boicottaggio del proprio programma televisivo, in quanto da qualche tempo i due leader e tutti gli esponenti dei due partiti «a partire dai vertici fino all’ultimo consigliere municipale», si rifiutano deliberatamente di partecipare al dibattito. O meglio, ad alcuni viene impedito dai propri vertici parteciparvi.

Formigli ha dunque messo in guardia i due leader di come una simile condotta possa minare i principi base di un regime democratico, tra i quali la libera informazione e il diritto all’informazione da parte dei cittadini. A tal proposito Massimo Giannini, giornalista primo ospite della serata, di lì a poco parlerà di accountability, ovvero il dovere da parte di tutti gli esponenti politici di rendere conto del loro operato .
Infatti, il presentatore, specificherà poi che il suo appello non è un mero capriccio di un conduttore che “rosica” per l’assenza di alcuni ospiti, ma anzi è in tutta difesa del proprio pubblico simpatizzante per gli stessi, il quale ha il diritto di sentire ciò che hanno da dire.

A seguito di questo monologo, alcune testate simpatizzanti per la destra si sono espresse dichiarando che in realtà il format di Piazzapulita non è equilibrato tantomeno imparziale, ma che anzi mette alle strette gli esponenti di destra riservando loro un trattamento diverso rispetto a esponenti di altri orientamenti.

La comunicazione politica ha vissuto negli ultimi 30 anni un cambiamento radicale delle proprie modalità. Un tempo il parlare di politica non era un qualcosa che interessava tutti e non era possibile che i partiti politici si rivolgessero a tutti massivamente: i mezzi di comunicazione di massa come la televisione o la radio non erano ancora invasi di politica. Questa invasione ebbe inizio negli anni ’90 del secolo scorso, quando il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi diede una svolta epocale al modo di parlare di politica: oltre a mostrarsi come il “paladino” del ceto medio, con una comunicazione esclusivamente (o quasi) market-oriented, il Cavaliere aveva il controllo del palinsesto Mediaset e poteva quindi sfruttare questo spazio televisivo per diffondere la sua propaganda ovunque. Questo gli consentì un ampliamento di consensi, anche grazie alle sue abilità comunicative incentrate sulle promesse concrete in contrasto con la classe politica precedente, che aveva perso ogni credibilità a seguito dello scandalo di Tangentopoli.

Da qui in avanti la comunicazione politica si è sempre più evoluta: si sono diffuse le dozzine di programmi politici che costellano le nostre televisioni, i social network sono diventati il polo attrattivo delle questioni politiche, consentendo ormai a chiunque nel Bel Paese di conoscere e sapere ciò che accade tra Palazzo Chigi e Montecitorio. E dunque, l’assenza di una bella fetta del panorama politico attuale in un programma di prima serata può certamente far discutere.

Programmi come Piazzapulita hanno come scopo principale la divulgazione politica tramite dibattiti tra forze opposte, ma non senza qualche provocazione che renda al programma un’audience maggiore. È ormai senza dubbio il successo di quei programmi dove gli stessi conduttori stuzzicano gli ospiti con temi scomodi e domande fastidiose (pensiamo a Belve di Francesca Fagnani, del quale le clip più pungenti spopolano sui social).

Il caso Piazzapulita mette in luce il tema della libera informazione e della libertà di critica, ormai date per scontate dalla molteplicità di programmi televisivi dallo stesso format, ma messe in pericolo dalla condotta dei due leader che potrebbe costituire un grave precedente. L’idea di un’informazione politica totalmente imparziale e priva di preferenze personali dovrebbe infatti considerarsi superata, oramai.

In ultimo, è da considerare l’uso spasmodico dei propri profili social che i due leader Giorgia Meloni e Matteo Salvini mettono in atto per fare propaganda, con molta sicurezza riguardo le proprie strategie di policy: ebbene viene spontaneo chiedersi come mai si rifiutino di difendere – con la stessa sicurezza con cui le propongono – le loro politiche in un programma televisivo di prima serata innocuo e poco diverso dagli altri.

Un buon politico, dev’essere capace di spiegare le proprie idee e come queste si traducono nelle politiche concrete intraprese, a prescindere dalle provocazioni di un semplice conduttore televisivo.

Maria Vittoria Onnis

Crediti immagine di copertina: @corradoformigli on Instagram

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