CAROL RAMA: la pittrice torinese della trasgressione

“Il lavoro, la pittura, per me, è sempre stata una cosa che mi permetteva poi di sentirmi meno infelice, meno povera, meno bruttina, e anche meno ignorante… Dipingo per guarirmi.”

Carol Rama, nata Olga Carolina Rama a Torino il 17 aprile 1918 in una famiglia borghese, trascorre un’infanzia felice ed agiata che avrà ben presto una fine disastrosa. Il padre, infatti, imprenditore nella produzione e nella vendita di biciclette, dichiara bancarotta e nel 1942 muore suicida. La madre, invece, a causa dell’insorgere di una malattia neurologica, viene ricoverata in un ospedale psichiatrico. Questi sono i primi traumi della vita di quella che diventerà Carol, ma che è ancora Olga, una bambina della Torino bene abituata alle serate a teatro e alle lezioni di equitazione. È proprio a partire da queste angosce familiari che Olga plasmerà la sua arte e la sua persona fino a diventare Carol: artista, pittrice autodidatta, donna, prima censurata e poi riscoperta, ma rimasta sempre controversa, irriverente, vera.

“Non ho avuto modelli per il mio dipingere; non ne ho avuto bisogno avendo già quattro o cinque disgrazie in famiglia, sei o sette tragedie d’amore, un malato in casa, mio padre che si è suicidato a 52 anni…io, poi, è molto triste, mi sono sentita le sue colpe. Sono tutte cose che mi sono servite per avere soggetti su cui lavorare…non ho avuto maestri pittori, il senso del peccato è il mio maestro”. Così Carol Rama dirà in un incontro con gli studenti alla facoltà di architettura di Milano nel 1981. La sua è un’arte fatta di immagini legate al quotidiano, elementi perturbanti e provocatori, oggetti e situazioni scandalose per la società del tempo: donne nude, scarpe falliche, sedie a rotelle, pissoirs, protesi dentarie e ortopediche, corpi amputati, lingue, genitali.

Crediti immagine: La passione di Carol Rama – Domus (domusweb.it)

Paolo Fossati, professore e storico dell’arte, dirà: “Non tanto per l’aggressività dei temi, dei motivi e delle figure proposte quanto per la loro scandalizzante serenità di stesura pittorica e di metodo di rappresentazione. Una sorta di partito preso delle cose, ma anche una asciutta, e indenne da psicologie, cronaca realistica di giorni, di cose e di sentimenti. Sono cose e oggetti, ma c’è anche un paesaggio con quelle cose ed attraverso quegli oggetti; cioè c’è un programma di vita pittorica”. L’erotismo e la sessualità nell’arte di Rama non sono l’esaltazione di puro feticismo o una rappresentazione pornografica della realtà, bensì il contrario e cioè una liberazione della sessualità dai pregiudizi e dalle norme dell’autorità religiosa e statale ancora influenzate dalla cultura fascista; una ricerca anti-patriarcale e antidogmatica dell’erotismo, una profonda riflessione sulla sofferenza e gli spazi più torbidi della psiche e una ricerca personale su tutto ciò che fino a quel momento era stato messo da parte, nascosto perché trasgressivo, diverso, rifiutato.

Una pittrice che non si è mai adeguata all’arte del suo tempo. Non ha frequentato l’ambita Accademia di Belle Arti e si è avvicinata prima all’espressionismo, poi all’astrattismo. Negli anni ’50 è entrata anche a far parte del MAC (Movimento Arte Concreta), senza però distinguersi particolarmente nell’ambiente artistico. Se proprio va cercata la matrice delle sue opere, è in direzione del surrealismo che bisogna andare. I “Bricolages”, creazioni definite tali dall’amico Edoardo Sanguineti, sono il punto di partenza della sua vera essenza artistica: macchie di colore combinate a denti, unghie, occhi. Opere che la porteranno a essere conosciuta a livello internazionale e ad avvicinarsi ai salotti parigini e newyorkesi di Andy Warhol e May Ray.

Crediti immagine: Carol Rama l’europea. Di ritorno a Torino | Artribune

Il suo nome comincia a farsi strada nel 1980, anno in cui le sue opere vengono esposte nella mostra “L’altra metà dell’avanguardia”, curata dalla critica d’arte Lea Vergine, un’esposizione che raccoglieva le opere delle più grandi artiste del ‘900. Con il ciclo pittorico dell’Appassionata e delle Dorine l’attenzione sull’universo femminile è totale. Un inno alla corporeità femminile, una “volontà di esorcizzare la paura della morte, del disfacimento della carne, attraverso la messa in mostra, la fruizione, della carne stessa.”

Crediti immagine: Radio 3 Appassionata (rai.it)

Nel 2003 Carol Rama ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia ed è stata riconosciuta come una delle artiste italiane più influenti del Novecento. Un’artista che ha trasformato la trasgressione in una filosofia di vita.

Lorenza Re

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