Sono nata il ventuno a primavera
Alda Merini, “Vuoto d’amore”
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
Dal 1° al 15 marzo, il Palazzo della Luce di Torino ha ospitato la mostra fotografica “Oltre il manicomio. Cure disperate, per quale futuro?”. Un percorso arricchito da una serie di contributi video che raccontano la storia della psichiatria e dei suoi errori/orrori dalla sua nascita fino ai giorni nostri. All’ingresso si incontra subito un pannello dedicato a personalità del mondo dello spettacolo e della cultura che hanno avuto rapporti problematici con la salute mentale. Un esempio: la cantante e compositrice Stevie Nicks mancò dalla scena musicale per otto lunghi anni, il motivo? Dopo essere riuscita a vincere la sua dipendenza dall’eroina il suo psichiatra le prescrisse un tranquillante, questo le creò una forte dipendenza, una “cura” che, per dirla con le sue parole: “Ha quasi distrutto la mia carriera, ha quasi distrutto me e ha quasi distrutto i miei genitori”.
Il percorso attraverso la storia della psichiatria parte con la famigerata vicenda del manicomio Bethlem di Londra, dove gli internati erano tenuti legati, nutriti con cibo avariato, ed esposti al pubblico pagante, che arricchiva le casse dell’istituto e del suo personale. Si prosegue con la nascita dell’eugenetica, teorizzata dallo psichiatra Francis Galton, pratica che nei secoli ha giustificato brutture quali lo schiavismo, l’apartheid, lo sterminio di ebrei, disabili e persone omosessuali nei lager nazisti. Nell’ex Unione Sovietica l’internamento in manicomi è stato sfruttato dal regime per zittire gli oppositori politici. La parte finale del racconto, incentrata soprattutto sugli Stati Uniti, tratta dell’influenza di farmaci quali l’Adderal e il Prozac in numerosi casi di omicidi di massa compiuti da adolescenti.
In Italia, la prima legge ad occuparsi dei malati mentali fu emanata sotto il Governo Giolitti nel 1904. Essa obbligava le persone affette da “alienazione mentale” a sottoporsi a trattamenti specifici all’interno dei “manicomi”, strutture adibite ad ospitarli. Il ricovero in manicomio poteva essere richiesto dal diretto interessato oppure da persone esterne, come famiglia o addirittura autorità giudiziarie. Questo dimostra già la situazione drammatica dei pazienti, obbligati a essere chiusi nei manicomi spesso senza una reale verifica delle loro condizioni di salute. Inoltre, i cosiddetti “malati mentali” venivano considerati alla stregua di criminali, motivo per cui gli strumenti di terapia risolutiva spesso sfociavano in vere e proprie torture. La situazione peggiorò durante il periodo fascista, dove venivano internate le donne che si discostavano dall’ideale di moglie e madre esemplare, definite “malacarne”.
Una delle più note e importanti testimonianze della cruda realtà dei manicomi ci giunge dalla letteratura italiana: stiamo parlando di Alda Merini (1931-2009), una delle poetesse contemporanee più note e apprezzate. Fu ricoverata in manicomio per la prima volta nel 1947, dove le venne diagnosticato un disturbo bipolare. Successivamente trascorse parecchi anni in diverse strutture, sperimentando sulla propria pelle torture di ogni tipo: dovette subire la vergogna di spogliarsi davanti a tutti per essere lavata, fu legata al letto come punizione per non dormire, subì elettroshock senza anestesia. Sofferenze e tormenti che Alda Merini ha messo per iscritto, dando voce alla propria anima tormentata attraverso la poesia.
Grazie all’illuminato lavoro di Franco Basaglia, in Italia si è giunti nel 1978 a una legge (l. 180/1978) che da lui prende il nome, la prima legge al mondo ad abolire i manicomi. Basaglia si è fatto portatore di un approccio che mettesse al centro la persona malata, la sua dignità e i suoi diritti. Si è parlato pertanto di “nuovo umanesimo”. Il pensiero di Basaglia ha influito profondamente nella società, ora il malato è un soggetto da curare, da comprendere, da ascoltare, non più da nascondere. Al fondo della mostra fotografica sono stati esposti alcuni cartelloni, tratti dal libro “Oltre il manicomio” di Roberto Cestari che ci ricorda come, anche fino a 20 anni dopo la legge 180, alcuni manicomi fossero ancora attivi, oltretutto in condizioni di forte degrado delle strutture e dei pazienti. Soltanto verso la fine degli anni ’90 la piena attuazione della legge fu completata.
Attualmente, la condizione delle persone affette da disturbi psichiatrici è sicuramente migliorata, lo stigma nei loro confronti va sempre più scomparendo, l’attenzione da parte dell’opinione pubblica è in aumento. Nonostante questo, non si pensi che tutto sia stato risolto. Andrea Soldi, un uomo schizofrenico di 45 anni, è morto nel 2015 mentre veniva trasportato verso l’ospedale Maria Vittoria per la somministrazione di un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio). In sua memoria l’artista Karim Cherif ha dipinto la panchina, dove Andrea passava i pomeriggi, di rosso granata, il colore del Toro: la sua squadra del cuore. Matteo Spicuglia, partendo dal ritrovamento di alcuni diari, racconta la sua storia nel libro “Noi due siamo uno. Storia di Andrea Soldi, morto per un TSO”. Oggi come sempre è importante non abbassare mai la guardia perché la tenuta dei diritti in uno stato si valuta a partire da come questi diritti vengano rispettati nei confronti dei più deboli.
“La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia”
Franco Basaglia
Giulia Menzio,Monica Poletti
Crediti post di Instagram: https://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Basaglia, https://www.pinterest.it/pin/703756186112795/, https://www.ilquotidianoitaliano.com/2022/03/11/psichiatria-legare-i-pazienti-e-roba-da-matti-tancredi-la-contenzione-non-cura-ascoltare-da-ottimi/
