Il sci-fi che ama l’Oriente: le influenze culturali in Dune tra successo e critiche

Dune, il film sci-fi del momento: dopo l’enorme successo del primo capitolo, in poco tempo dalla sua uscita nelle sale sta raggiungendo numeri record in fatto di incassi, per non parlare poi dell’effetto mediatico che ha sul mondo social. D’altronde è un film che ha tutte le carte in regola per essere vincente: un cast corale, effetti speciali e colonna sonora mozzafiato, un mix avvincente e assolutamente in voga di epico, misticismo e sci-fi che cattura il pubblico. E ovviamente poi poggia su una storia così vasta, complessa e dettagliata da racchiudere un mondo a sé, quello magnificamente descritto da Frank Herbert nei suoi libri. Ed è proprio il gusto esotico che pervade il film ad essere spesso d’ispirazione per il genere sci-fi: già dagli anni ’70 con Star Wars e i suoi riferimenti filosofici orientali, oppure con Avatar che invece metteva in mostra un rapporto individui-natura primordiale, simile a quello presente in molte società indigene. In Dune a farla da padrona è invece la cultura araba e medio-orientale: un aspetto che ha suscitato sia apprezzamenti che critiche.

Bisogna prima di tutto analizzare questa profonda e pervasiva influenza estetica che domina sia nel primo capitolo che nel secondo: non bisogna essere antropologi per cogliere vastissimi riferimenti alla cultura araba e medio-orientale. Termini anche questi che – tengo a precisare – sono sommari, etichette che racchiudono in sé realtà così diverse e variegate che è facile scadere in generalizzazioni. Esempi di questa influenza culturale ed estetica si trovano a tutti i livelli: i costumi, l’ambientazione, il linguaggio dei Fremen (il popolo nativo del pianeta Arrakis, al centro della vicenda). Ma poi si arriva alle analogie più fortemente politiche: la storia – in breve – narra degli intrighi politici che sorgono intorno alla volontà di dominare Arrakis, un pianeta desertico ricco però di una sostanza psicoattiva quasi mistica chiamata “spezia” o mélange, necessaria per il viaggio interstellare. Si può subito riconoscere una metafora forte del colonialismo e dell’imperialismo europeo in Africa e Medio-Oriente. Cos’è la spezia se non l’oro nero, il petrolio? Il docente di Islamologia alla Ca’ Foscari di Venezia Marco Salati afferma proprio come i Fremen – popolo del deserto e società clanica – possano essere visti metaforicamente come gli abitanti della penisola arabica del VII secolo presi di mira da bizantini e persiani. 1

La lingua è una degli aspetti sicuramente più precisi e lampanti di questa ispirazione culturale, poichè moltissimi termini sono direttamente presi da espressioni arabe: Madhi (termine con cui viene definito il protagonista Paul) è la parola usata per riferirsi al Messia; Muad’dib, un altro soprannome del protagonista, qui indica il topo del deserto ma significa anche maestro; Shai-Hulud (il nome dato ai grandi vermi delle sabbie) significa “signore dell’eternità”; e infine il riferimento esplicito che viene fatto in una scena ai jinn, spiriti del deserto che stregherebbero le anime degli uomini, una credenza presente in molte zone del nord Africa, pur se con differenze e divergenze. I continui riferimenti alla venuta del “Messia” fanno poi comprendere come l’aspetto religioso non sia da meno, attraverso una pervasività di termini, credenze e gesti rituali che richiamano non solo l’Isam (in particolare la corrente del Sufismo), ma anche un mix di dottrine filosofiche di varie parti dell’Asia. Infine non si possono non citare i costumi e l’estetica: veli e grandi tuniche che riecheggiano hijab, niqab, khimar o burqa (vari tipi di velo presenti in diversi paesi arabi) e i tatuaggi facciali, conosciuti come deq, praticati dal popolo curdo.

E come la mettiamo col whitewashing?

Fin qui non c’è nulla di male a trarre ispirazione da atmosfere e ambientazioni altrui: ma cosa succede quando parte di questo mondo viene volutamente messo in oblio? Questa è la critica mossa da una parte del pubblico che ha visto simboli, riferimenti, stereotipi della propria cultura rappresentati in questo film, ma allo stesso tempo non ha visto una sufficiente rappresentanza di attori nel cast di effettiva origine medio-orientale o nord-africana. Ed eccoci così al whitewashing. Una critica ancora più profonda è stata mossa nella scelta dei termini usati all’interno del film, che non rispetterebbero quelli invece presenti nel libro, e quindi i veri intenti e il senso della storia: in particolare l’uso della parola jihad per riferirsi al conflitto che nascerà poi dalla storia del protagonista, che nel film viene reso con “guerra santa” (in inglese viene utilizzato il terminecrusade”.) 2 Sicuramente utilizzare un termine simile al giorno d’oggi ha un impatto totalmente diverso che negli anni ’60, al momento della creazione dell’opera. Ma pur trattandosi di sfumature leggere, esse hanno suscitato in molti fastidio e un continuo senso di appropriazione occidentale di culture, terminologie ed estetiche senza la loro giusta rappresentazione. D’altronde lo stesso Frank Herbert, già alla pubblicazione del libro, venne spinto dai suoi editori a smorzare i toni troppo “arabeggianti” presenti nella storia, dato che l’opera venne interpretata da molti alla luce della guerra d’Indipendenza in Algeria. 3

A qualcuno piace “orientale”… ma perché?

Queste scelte stilistiche esprimono una tendenza, purtroppo spesso generalizzata, di appropriarsi di tratti culturali di società e popoli per la loro estetica e per il l’impatto orientaleggiante, andando incontro così a due conseguenze: la prima sicuramente di “esoticizzare” ed essenzializzare tratti culturali in virtù del loro appeal estetico, della loro “eccentricità” o diversità. Tutto ciò però genera stereotipi, soprattutto nel momento in cui non c’è effettiva rappresentanza nel cast di quella cultura da parte di suoi appartenenti. Ma perchè allora il sci-fi ama così tanto rifarsi a ciò che è esotico e a culture a noi distanti? E qui si arriva alla seconda conseguenza, molto interessante se analizzata da un punto di vista antropologico: il genere fantascientifico rappresenta qualcosa che non esiste in futuri lontani e avveniristici, probabili o meno che siano. Per fare ciò deve utilizzare qualcosa che sia anni luce di distanza dal nostro quotidiano: e da dove attingere se non da ciò che viene considerato culturalmente “altro” e distante, ovvero da una cultura i cui tratti siano fortemente iconografici, riconoscibili ma allo stesso tempo estranianti, come può essere per l’Occidente la cultura araba o l’Oriente in generale?. Un Oriente che però esiste nelle nostre menti come etichetta preconfezionata, come una costruzione elaborata da noi stessi occidentali, e che molto spesso non rende giustizia alla complessità e alla veridicità di tutte le realtà che siamo soliti invece buttare in un unico calderone. 4 Il diverso nel tempo è reso visivamente con ciò che è diverso nello spazio, qui e ora. E si sa: ciò che è estraneo lo si teme, come ne si è inevitabilmente affascinati.

Qualunque sia la vostra opinione in merito, penso sia sempre utile non estremizzare nessuna delle due facce della medaglia. Il cinema è un medium potentissimo, che proprio in virtù del suo riuscire a parlare a chiunque deve fare compromessi con stereotipi ed essenzializzazioni. Ma ciò non vuol neanche dire che debba sempre sorvolare su una giusta e appropriata rappresentazione delle realtà a cui attinge, rendendo loro il giusto spazio e mostrandole senza filtri che ne abusino i tratti più superficialmente attraenti. Attraenti – s’intende – per noi occidentali.

Rachele Gatto

FONTI:

  1. Oscar Cosulich, Dune e quelle (insospettabili) radici arabe, rivista mensile CIAK (03-marzo 20214, pag. 46) ↩︎
  2. https://www.aljazeera.com/opinions/2020/10/11/paul-atreides-led-a-jihad-not-a-crusade-heres-why-that-matters ↩︎
  3. https://www.cosmopolitan.com/uk/entertainment/a60007426/dune-2-middle-east-north-africa-muslim-influence-erasure ↩︎
  4. Questo tema è stato affrontato per primo dallo studioso Edward Said e viene interamente analizzato nella sua opera oramai classico Orientalismo. ↩︎

Immagine in evidenza: https://www.melty.fr/cinema/dune-2-la-duree-du-film-va-vous-faire-halluciner-1120888.html

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