Da non molto gli studenti di quinta superiore hanno festeggiato i cento giorni alla maturità, e nelle prossime settimane cresceranno le congetture sulle materie da portare all’orale, con l’unica certezza di alcune, come italiano e storia. In quinta superiore ogni studente si è confrontato nelle ore di italiano, come già alle scuole medie, con un autore imprescindibile del canone letterario, una figura rinnovatrice del teatro italiano ed europeo, nonché premio Nobel per la letteratura: Luigi Pirandello. I suoi romanzi, le sue poesie e i suoi spettacoli teatrali sono ormai da tempo conosciuti e apprezzati anche fuori dall’Italia: leggere la sua biografia può tuttavia rivelare particolari ignoti a molti, e permettere di apprezzarne ancora di più la modernità, in particolare per quanto riguarda la sua formazione universitaria, che ha incluso una sorta di Erasmus ante litteram presso l’università di Bonn e una tesi di laurea sul dialetto di Girgenti (ribattezzata Agrigento sotto il regime fascista), scritta in tedesco: ma che contesto lo spinse a compiere scelte così particolari?
Sfogliando le prime pagine della sua biografia scopriamo così che il suo percorso universitario è stato tutto fuorché lineare: iscrittosi dapprima all’Università di Palermo nel 1886, si trasferì in seguito alla Sapienza di Roma dove frequentò la facoltà di Lettere. Tuttavia, in seguito ad un contrasto insanabile sorto con un professore di latino- nonché preside della facoltà- Pirandello decise, su consiglio del suo maestro di filologia romanza Ernesto Bonaci, di trasferirsi alla facoltà di Lettere della Rheinische Friedrich-Wilhelms-Universität di Bonn, nel 1889, all’età di 22 anni- un viaggio che ancora oggi molti studenti compiono appunto con il programma Erasmus+. Ma che cos’è la filologia romanza? E perché la scelta ricadde proprio su Bonn?
La filologia romanza è una disciplina che come la linguistica si approfondisce negli studi universitari, in particolare nelle facoltà di Lettere e attinenti, e si prefigge come obiettivo quello di ricostruire la specificità dei testi e dei fatti linguistici prodotti in una lingua romanza (cioè derivante dal latino) nel tempo, nello spazio e nella società (distinguendosi ad esempio dalla filologia germanica). In Italia le prime cattedre di filologia romanza furono fondate nel 1874, e negli anni di formazione di Pirandello gli studi neolatini erano in piena espansione, e molti apprezzati nel mondo germanico: in particolare Friedrich Diez fu un importante studioso considerato tra i fondatori di questa disciplina, e rese Bonn il centro di irradiazione del suo pensiero, e la città divenne infatti un prestigioso centro per gli studi romanzi. In un manoscritto noto come Libretto rosso provenzale Pirandello tradusse parzialmente la Grammatik der romanischen Sprachen (Grammatica delle lingue romanze) di Diez (1858), a testimoniare l’interesse del giovane studente per questo ambito di studi.
Pirandello seguì così per tre semestri le lezioni del dialettologo Wendelin Förster (allievo di Diez), che si era appassionato ai dialetti della Sicilia e della Sardegna- nel 1884 venne pubblicata a Bonn la monografia Vokalismus des Alt- und Neu-Sicilianischen (Vocalismo dell’antico e del nuovo siciliano), scritta da Matthias Hüllen. Per la sua ricerca Pirandello poté quindi fondarsi sui lavori di molti sicilianisti tedeschi: si laureò nel 1891 in filologia romanza con una tesi intitolata Laute und Lautentwickelung der Mundart von Girgenti (Suoni e sviluppo dei suoni della parlata di Girgenti), nella quale descrisse il dialetto della sua città e quelli dell’intera provincia. Una ricerca improntata dunque alla dialettologia, un settore della linguistica nato proprio in quegli anni, che ha come oggetto di studio i dialetti nel loro contesto storico e sociale. L’atto di nascita della dialettologia italiana in particolare venne sancito con la pubblicazione dei Saggi ladini, che costituirono il primo articolo dell’Archivio glottologico italiano, una rivista fondata da Graziadio Isaia Ascoli nel 1873, che Pirandello conosceva bene.
Dopo la laurea Pirandello tornò in Italia e si trasferì a Roma, muovendo i primi passi nel mondo degli scrittori dell’epoca, ma l’esperienza degli studi in Germania si rivelò molto importante per lui: da un lato gli permise di entrare in contatto con la cultura tedesca, soprattutto con gli autori romantici, che influenzarono la sua opera e le sue teorie riguardanti l’umorismo: tradusse inoltre le Elegie Renane di Goethe, di cui visitò tra l’altro la casa natale a Francoforte sul Meno. Dall’altro lato, anche se una volta tornato in Italia non si applicò più allo studio della linguistica romanza, la questione della lingua rimase negli anni a venire un nodo importante nella sua produzione artistica. I suoi esordi teatrali (Lumie di Sicilia, Pensaci, Giacuminu!, Liolà) furono proprio ascrivibili al teatro dialettale, essendo ben conscio delle capacità espressive del dialetto. In più, l’italiano delle sue commedie non sarà quello proposto da Manzoni, ovvero il fiorentino colto parlato, bensì quello delineato da Ascoli, ovvero un italiano di stampo toscano ma aperto agli apporti dei dialetti delle altre regioni italiane.
Queste e altre informazioni circa quegli anni di formazione sono contenute nel cosiddetto Taccuino di Bonn, pubblicato nel 2022, un quaderno che racchiude appunti e osservazioni, che lo accompagnò nel periodo di studio all’estero: si possono trovare anche abbozzi di commedie, frammenti teatrali, ricordi della Sicilia, schizzi e disegni.
Insomma, le biografie degli autori a volte si rivelano interessanti quanto le loro opere, e l’esperienza di Pirandello permette di capire come a volte uno sguardo estraneo alla propria cultura permetta non di allontanarsene, ma di capirla e apprezzarla ancor meglio. Il suo esempio indica anche come un percorso universitario possa rivelarsi arricchente anche se non si è perseguita una carriera nello stesso ambito di studi.
Anna Gribaudo
