“Non posso pensare senza rossore alla mia ignoranza del mondo, che pure credevo di conoscere, alla mia impazienza, a una sorta di frivola ambizione, di avidità grossolana.” Parole, queste, di Marguerite Yourcenar, scritte in Memorie di Adriano (1951), che ben descrivono una fase della vita in cui è facile sentirsi persi, inesperti, idioti: l’adolescenza.
Edito in Italia nel 2018 da Einaudi, con la traduzione di Martina Testa, L’idiota è il romanzo d’esordio dell’autrice statunitense Elif Batuman, di origini turche: un successo planetario, tanto da essere stato finalista al Pulitzer e ad altri premi come il Women’s prize for fiction.
Il titolo è un omaggio a L’idiota di Dostoevskij (1869), autore a cui la scrittrice è profondamente legata. La trama di per sè è povera di avvenimenti: il nodo centrale sono le riflessioni della protagonista, Selin, alter ego dell’autrice, sui piccoli fatti della vita universitaria, con osservazioni sparse sulla linguistica, la filosofia, la matematica. Selin è una di quelle ragazze sempre con un libro in mano, e nel romanzo sono numerose le opere che legge e cita, tanto da consegnare una lunga e raffinata TBR (To Be Read list) in mano al lettore, fatta di classici più o meno contemporanei: si va da Anna Karenina a L’insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera, da Balzac e Dickens a Chomsky, padre del ramo cognitivista della linguistica, da La peste di Camus fino ai film di Fellini. Insomma, molte conoscenze, che Selin spera invano di poter trasporre nella vita vera, nel desiderio di trovare nei libri soluzioni ai suoi dubbi esistenziali.
Tra i personaggi che le gravitano attorno i più importanti sono l’amica Svetlana, esuberante e estremamente lucida nel riferirle le sue discussioni con l’analista, e Ivan, la cotta di Selin che le sfugge di continuo, col quale intrattiene una corrispondenza per mail – è il 1995, e queste sono un’assoluta novità.
Definito un romanzo a metà tra l’autobiografia e il romanzo di formazione, Beatrice Carvisiglia su L’indiependente definisce quello di Selin «un apprendistato continuo e a volte fallace», che non approda mai a soluzioni definitive. Per chi, come me, studia lettere, potrà essere poi molto soddisfacente capire i riferimenti alle nozioni di linguistica, prender parte alle riflessioni di Selin sulle affinità tra ungherese (la lingua di Ivan) e turco (la lingua dei parenti di Selin). A questo proposito, qui una breve descrizione perfettamente in linea con l’interesse di Selin per la morfologia, e prova dello stile ricco e scorrevole di Batuman : «Le ragnatele ci si attaccavano alla faccia e al viso come lunghe sfilze di suffissi agglutinanti», suffissi caratteristici del turco.
La seconda parte del libro si sposta in Europa – «[…] era così piccola. Sembrava assurdo che la gente la prendesse tanto sul serio» – tra Parigi, Istanbul e la campagna ungherese, in cui Selin va a fare volontariato come insegnante di inglese, portando avanti il tira e molla con Ivan.
Quest’anno è stato pubblicato il sequel del romanzo, Aut aut, che però secondo alcuni, tra cui il booktuber Marco Cantoni, è molto meno convincente del primo, e ne ripete gli stessi errori, in particolare una seconda parte “mal gestita”. Tuttavia la maggior parte della critica riconosce l’originalità non della storia, ma dello sguardo che l’autrice è riuscita a rivolgere alla giovinezza, con tutte le incertezze suscitate dall’amicizia e dalle relazioni, le difficoltà di avere genitori separati, i sensi di colpa per i propri privilegi, l’assurdità dei manuali per imparare una lingua straniera.
La nota booktuber Ilenia Zodiaco ad aprile ha avuto l’occasione di dialogare con l’autrice a Venezia, su invito di Einaudi, e in una puntata della sua newsletter Inside books ha trascritto l’intervista che ha condotto, disponibile sul suo canale Youtube con i sottotitoli. Anche secondo Ilenia la novità del libro non sta nell’argomento: «La frattura tra letteratura e realtà è un tema antico, quello che invece penso sia nuovo e moderno nel romanzo è il modo in cui emerge questa tensione, ovvero attraverso l’imbarazzo», che in effetti permea il libro.
Insomma, un romanzo lungo (415 pagine!), talvolta forse troppo diluito, che però permette al lettore di accompagnare la buffa e ironica Selin nel suo primo anno di università, tra corsi di russo, discorsi filosofici in mensa e relazioni fonte di continua apprensione.
Anna Gribaudo
