Nostalgia canaglia: perché si preferisce la cultura del passato?

È forse vero che, come cantava Venditti in “Amici mai”, certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano? La risposta sembrerebbe essere di sì, non solo in ambito sentimentale, ma anche consumistico. Infatti, negli ultimi anni la tendenza dei Millennials e Gen Z è quella di guardare indietro nel tempo: si rispolverano serie tv e film degli anni ’80-’90, si va a caccia di pezzi unici nei mercatini dell’usato e si riscoprono le canzoni che hanno fatto innamorare i propri genitori.

Si può intuire che le motivazioni dietro il consumo di prodotti datati siano molteplici. Ad esempio, sulle piattaforme di streaming ci si può facilmente sentire sopraffatti dalla larga possibilità di scelta, in grado di provocare un forte senso di disorientamento piuttosto che di libertà. Ed ecco perché, alla fine di una lunga giornata di studio e di lavoro, si preferisce “spegnere il cervello” e tornare figurativamente tra le braccia di personaggi che si conosce meglio della propria famiglia. Si sceglie dunque di gustare delle trame totalmente prevedibili, perché la certezza di sapere ciò che accadrà conferisce un senso di sollievo impagabile rispetto alla pericolosa incertezza a cui si va incontro ogni giorno nella vita reale.

Per quanto riguarda la moda invece, negli ultimi anni il vintage ha iniziato a suscitare un enorme fascino specialmente tra le nuove generazioni: non solo perché la scelta dei capi second hand è decisamente più sostenibile rispetto alla produzione di massa delle grandi industrie del fast fashion, ma anche perché questi capi permettono di soddisfare efficacemente il crescente desiderio di unicità e autenticità, sia in termini di stile che di qualità dei materiali (che difatti riescono a resistere per decenni).

A contribuire al ritorno al passato c’è sicuramente un bias cognitivo molto comune chiamato “Rosy retrospection bias”, cioè la tendenza a romanticizzare il passato ricordandolo come migliore di quello che effettivamente è stato, motivo per cui si pensa spesso che “si stava meglio quando si stava peggio”.

Tuttavia dietro questo trend si cela anche un intenso sentimento di nostalgia. La nostalgia è un’emozione alquanto bizzarra a causa della sua dualità: provandola, ci si trova avvolti da una sensazione di conforto e dolcezza nel ricordare ciò che si è vissuto, ma anche da una sorta di amarezza e di rimpianto per ciò non si potrà più vivere. Nella cultura portoghese viene resa meglio l’idea di questo concetto tramite il termine “saudade”, che indica il “gusto romantico della solitudine, accompagnato da un intenso desiderio di qualcosa di assente (in quanto perduto o non ancora raggiunto)”. Tuttavia, la propensione alla nostalgia nelle nuove generazioni sembrerebbe essere motivata da una ragione scientifica.

In una serie di studi svolti dallo psicologo Clay Routledge e dai suoi colleghi nel 2011, viene dimostrato che la nostalgia in termini psicologici sia una “risorsa esistenziale”: permette di proteggere l’io interiore nei momenti di crisi e stress, offrendogli una sorta di “safe space” a cui tornare ogni qual volta si ha bisogno di conforto; inoltre, aiuta a integrare la persona che si è stati in passato con quella che si è nel presente, permettendo di mantenere una sorta di bussola con cui orientarsi nei momenti difficili della vita (ad esempio quando  bisogna intraprendere scelte e decisioni importanti). Non solo, ma è stato dimostrato che chi prova nostalgia riesce a contrastare più facilmente pensieri ansiosi e depressivi e sia più incline a guardare al futuro con ottimismo.

Tenendo conto di queste considerazioni, si intuisce che le nuove generazioni stiano cercando (consciamente oppure no) di mettere in atto qualsiasi strategia pur di accrescere il proprio benessere emotivo, compresa quella di provare nostalgia tramite la riscoperta della cultura del passato.

Maria Pia Bisceglia




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