Siamo davvero liberi di scegliere? Il libero arbitrio tra scienza e filosofia

Le elezioni presidenziali statunitensi tenutesi il 5 novembre sono culminate nella (ri)vincita del candidato Donald Trump e molti si interrogano su quali saranno le conseguenze di questo cambiamento in America e nel mondo, negli ambiti della politica estera, del clima e dei diritti civili. Naturalmente, il quesito può essere posto anche per ciò che riguarda la sfera individuale,  portando a chiedersi quanto la politica di Trump sarà limitante nella possibilità di scelta (e quindi nel libero arbitrio) del singolo cittadino.

Ma che cos’è il libero arbitrio? La possibilità di scelta può essere veramente limitata dal contesto socio-politico in cui si vive, oppure semplicemente il libero arbitrio non esiste?

Per libero arbitrio si intende la possibilità di scegliere preferendo un’opzione piuttosto che un’altra. Dal punto di vista filosofico, Søren Kierkegaard afferma che non solo l’uomo è libero di scegliere, ma è addirittura obbligato a farlo, e che ogni scelta plasmerà il suo futuro e il mondo che lo circonda. Questo “obbligo a scegliere” implica quindi che sia impossibile non essere liberi.

Dal punto di vista della fisica, è possibile cercare una risposta a questa domanda ricordando che, durante il suo dibattito con Niels Bohr, contestando la meccanica quantistica, Einstein disse una frase diventata celebre nella storia della fisica: “Dio non gioca a dadi con l’Universo”. Einstein credeva infatti nel determinismo: la meccanica newtoniana sembra supportare il concetto che tutto nell’Universo segua un rigido percorso di causa ed effetto. Se infatti si conosce la posizione e la velocità di tutte le particelle nell’universo, allora si potrebbe teoricamente prevedere qualsiasi cosa che accadrà. Questa visione suggerisce che il libero arbitrio è un’illusione e che tutte le scelte che si fanno sono predeterminate. Ma la meccanica quantistica si oppone a questa idea: nella scala più piccola della materia, le particelle sembrano comportarsi in modo completamente imprevedibile, governate appunto dalla probabilità. Per esempio, il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma che non si può conoscere contemporaneamente la posizione e la velocità del moto di una particella in ogni istante. Questa randomicità ha portato a chiedersi se effettivamente il libero arbitrio sia un’illusione. Tuttavia, l’aleatorietà nella meccanica quantistica non implica necessariamente la “libertà di scelta”. Se è vero che le decisioni della mente sono influenzate da processi quantistici, ciò potrebbe semplicemente significare che le azioni di una persona sono casuali e non scelte volontarie.

Dal punto di vista medico scientifico, risulta rilevante menzionare un esperimento compiuto dal  neurofisiologo e psicologo americano Benjamin Libet, che ha permesso di misurare l’intervallo di tempo tra la volontà di compiere un’azione e l’attivazione cerebrale necessaria per eseguirla. Durante l’esperimento, il soggetto doveva osservare un punto in movimento lungo un cerchio numerato e doveva decidere quando fermarlo. In questo modo si poteva confrontare l’istante in cui si decideva di fare il movimento con il momento in cui il cervello aveva iniziato ad attivarsi. I risultati furono sorprendenti: l’attivazione cerebrale precedeva la consapevolezza della decisione di quasi mezzo secondo. Quindi il cervello si attiva prima che la persona sappia di voler fare quel movimento.

In particolare, la corteccia cerebrale si attiva circa 5 secondi prima del movimento, mentre la presa di coscienza della decisione si ha circa 1 secondo prima. A seguito di queste scoperte insorsero delle teorie per cui la volontà non esiste ma sarebbe una “sensazione” provocata dal cervello, il quale si è già attivato molto prima. Questa concezione nega il libero arbitrio e quindi porta a pensare che la libertà individuale sia semplicemente un’ illusione. Tuttavia, ci sono due argomentazioni che mettono in discussione quanto detto. In primo luogo l’attivazione della corteccia cerebrale non implica necessariamente l’esecuzione del movimento (e quindi della decisione presa), perché può attivarsi anche solo “pensando” a quell’azione, senza effettivamente compierla. Inoltre, è necessario considerare il concetto di “cronostasi”, secondo cui la percezione del tempo è fondamentalmente un costrutto mentale generato dal cervello in modo non fedele alla realtà. Ad esempio, durante il movimento rapido dell’occhio, si ha l’impressione di vedere l’immagine su cui si sta spostando lo sguardo circa 50 millisecondi prima dell’effettivo movimento dell’occhio. Il tempo è quindi in qualche modo una costruzione mentale. In conclusione, queste considerazioni rendono difficile sostenere che le decisioni umane non siano libere.

Indipendentemente dal fatto che il dibattito sull’esistenza del libero arbitrio sia ancora aperto, ci si augura che la libertà di scegliere, qualora esistesse, non venga limitata, bensì preservata, in quanto rappresenta un pilastro fondamentale dell’identità dell’essere umano e della convivenza sociale.

Maria Pia Bisceglia

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