Quella di Tina Modotti è la storia di una donna di talento e di possibilità: operaia nata a Udine nel 1896, nel giugno del 1913 emigra negli Stati Uniti dove trova lavoro in una fabbrica tessile.
Ben presto ad Hollywood inizia a fare l’attrice: l’esordio cinematografico si colloca nel 1920 con il film muto Pelle di tigre, mentre i restanti due film non ci sono pervenuti. È la sola attrice italiana, insieme alla cantante Lina Cavalieri, a interpretare il ruolo da protagonista nel cinema muto italiano.
Nella sede di Camera di Torino sono proiettati gli spezzoni della sua produzione cinematografica dove è possibile osservarla in abiti di scena rigorosamente disegnati da lei stessa.
Mentre continua a lavorare, Tina sperimenta tutte le arti: è pittrice, scrittrice, poetessa. Ha chiaramente un animo molto artistico, come sua madre, punto di riferimento che la stimola e ispira moltissimo.
Nel 1918 sposa Roubaix de l’Abrie Richey, poeta e pittore, più comunemente conosciuto con il nome di Robo.
È grazie a lui che entra in contatto niente di meno che con Edward Weston e l’assistente Margrethe Mather. Weston ebbe grande importanza nella vita di Modotti: lui le promise di insegnarle l’arte del fotografare e nel giro di un anno divenne sua allieva, modella e amante.
Scrive Tina Modotti a Edward Weston nel gennaio 1926: “Solo perché mi hai fatto dei tali ritratti, immortali, dimostri la tua capacità di tirare fuori il meglio che c’è in me.”1
Non passa però molto prima che lo stesso Weston affermi che “l’allieva ha superato il maestro”, in riferimento al personale stile di lei, alla sua fotografia– strumento di ricerca e di denuncia sociale.
Donna libera e indipendente, ha vissuto una vita come voleva lei, accompagnandosi delle persone che voleva lei. Però per l’appunto, accompagnandosi: non è mai stata “la compagna di” Weston o di Robo, ma se ne accompagnava.
Il 1922 rappresenta un anno-chiave: la morte prematura del marito Robo (che avrebbe dovuto raggiungere in Città del Messico) e del padre la segnano profondamente.
Modotti in Messico adotta la causa messicana e diventa una rivoluzionaria. Usa la fotografia per la lotta politica, e difatti la sua parabola fotografica coincide con l’esperienza in Messico, dal 1920 fino al 1930, per poi non fotografare più.
Afferma con sicurezza che “arte e fotografia non possono stare insieme”, anche se con l’occhio contemporaneo è innegabile affermare che le sue fotografie hanno moltissime incidenze artistiche.
Su incarico di Anita Brenner (scrittrice e studiosa di antropologia e archeologia), nel 1926 Tina Modotti, Edward e Brett Weston intraprendono due viaggi in varie regioni del Messico per documentare gli oggetti folklorici, data la grande fascinazione che gravitava intorno alle esperienze e ai racconti del Messico post-rivoluzionario, culla di un clima effervescente. Le fotografie scattate vennero poi pubblicate in Idols Behind Altars. The Story of the Mexican Spirit.
Modotti durante i suoi viaggi aveva come obiettivo principale quello di visitare i luoghi religiosi e di interagire con la popolazione locale. Il lavoro con Weston fu un esempio di etnografia collaborativa sul campo.
I due in realtà avevano una conoscenza pregressa di molta oggettistica messicana, anche mistico-religiosa: lui era un collezionista di juguetes, statuine d’argilla zoomorfe.
L’interesse di Modotti al tema del popolare, del divertimento “da strada”, dell’arte in senso ampio, interseca tutta la parabola della sua carriera: in questo senso vanno letti i lavori dedicati alle processioni con pupazzi e ai juguetes.
Modotti riscontrava difatti in queste forme “archetipiche” la possibilità per il popolo di avere un racconto proprio, e – tramite la metafora della marionetta – esercitare una critica al potere precostituito.
Le donne sono un altro grande filone nella fotografia di Tina Modotti.
Scatta molto durante un viaggio in solitaria a metà del 1929 nell’Istmo di Tehuantepec, viaggio che si colloca durante un momento complicato della sua vita, dopo l’omicidio dell’amato Julio Antonio Mella, ammazzato con lei di fianco durante una loro passeggiata nel cammino di ritorno a casa. Tra l’altro, in tale occasione Tina Modotti venne sottoposta a una pesantissima gogna mediatica che la incolpava del delitto.
Modotti scatta nel tentativo di catturare il fascino fiero e la maestosa dignità delle donne tehuane, inserite in una società matriarcale in cui il loro ruolo sociale e politico è particolarmente significativo. Non sono però le uniche donne che ferma nel “senza-tempo” fotografico: già nelle spedizioni nel viaggio del 1926 per Idols Behind Altars aveva mostrato un certo interesse etnografico (nel catturare usanze, costumi, sguardi, attività) per le donne nelle Indie dello stato di Michoacán.
Le lotte sociali, l’attivismo e la sua partecipazione per la causa dei più deboli sono altri temi centrali nella comunicazione fotografica di Tina Modotti, che porta avanti una fotografia spiccatamente sociale senza però perdere la qualità estetica.
Greta Sberna
- Newhall N., The daybooks of Edward Weston, Aperture, New York 1973, vol. I, p.49. ↩︎



