La storia dell’inconscio

C’è qualcosa che va al di là della coscienza, che esula dai confini della razionalità e del controllo: l’inconscio. L’inconscio come magma sottostante alla crosta terrestre della psiche umana, che ogni tanto affiora, in modi diversi, che siano eruzioni, lapilli o gas sulfurei, e che inevitabilmente ha degli effetti all’esterno, molto spesso non direttamente visibili.

L’interesse per l’inconscio inizia intorno al Cinquecento e si muove tra fisiognomica, storia dell’arte e storia della psicologia.

Il primo a prefigurare l’inconscio è Leonardo, che inizia ad avere interesse a non pitturare l’esteriorità così come è, ma ad andare oltre, a indagare gli aspetti più profondi e nascosti della psiche umana attraverso la rappresentazione visiva del volto e del corpo. Questo è il periodo in cui si iniziano a condurre i primi studi sui cadaveri ed è anche il periodo in cui vengono definiti il concetto di follia, di psicosi, di anomalie psichiche, ma ancora legandoli a una dimensione di magia e di divinazione.

Verso la fine del Cinquecento la fisiognomica – che, insieme all’arte, permette di rappresentare i moti interiori, di qualunque tipo, nell’esteriorità – si sposta verso la razionalità: il mondo della magia viene abbandonato e gli studi sulla follia continuano, anche con l’istituzione del manicomio. L’oscurità, l’occulto e l’inconscio vengono definiti meglio, prima da Pascal e poi da Leibniz.

Nel Seicento si cerca di definire una correlazione tra corpo e anima: LeBrun ipotizza che quest’ultima si trovi all’interno della ghiandola pineale, in mezzo alle sopracciglia. Nella storia dell’arte l’espressività nella rappresentazione del volto è più accentuata, ed è il periodo in cui nasce l’idea della costruzione di un personaggio protagonista.

Nel Settecento aumenta l’attenzione verso il pensiero introspettivo, le emozioni esistono anche se non sempre sono evidenti all’esterno. Inizia a svilupparsi un sincretismo tra neurologia e psichiatria, e la fisiognomica come scienza inizia a perdere importanza. Questa, infatti si avvicina sempre di più all’antropologia, in molti casi degenerando e dando fondamento a teorie razziste. Alla fine del Settecento, si assiste a un fermento irrazionalistico, che sfocerà poi nel movimento romantico.

All’inizio dell’Ottocento fisiognomica e patognomica si separano e specializzano: la prima si occupa di studiare le strutture fisse del volto, mentre la seconda si concentra sulle forme mobili delle espressioni, che sono più rivelatrici delle prime. Con Gall nasce, inoltre, la frenologia, che studia il cervello tramite la sua morfologia. Si afferma anche la “terapia morale” di Pinel, psichiatra, che esclude trattamenti farmacologici e, grazie a lui, viene per la prima volta riconosciuta la curabilità delle malattie mentali. Alla fine dell’Ottocento, Darwin propone una fisiognomica che interagisce con la teoria evolutiva e Lombroso si interessa alla patognomica e all’antropologia criminale.

Nel Novecento, con Freud, nasce la psicoterapia, con la creazione di modelli che studiano la psiche umana: il concetto di inconscio prende maggiore importanza. Freud, però, non è l’unico a creare questo tipo di modelli: anche Beck, fondatore della psicoterapia cognitiva, ridefinisce il concetto di inconscio introducendo quello di conoscenza implicita. Kelly pone l’attenzione sul concetto di costrutto personale, cioè sul fatto che la realtà sia frutto di una costruzione, di un’interpretazione che l’individuo compie in base al proprio modello operativo interno, creato a partire dall’ambiente affettivo in cui si è cresciuti.

Secondo la psicologia cognitiva, quindi, esiste una sorta di inconscio che, però, si crea a partire da un contesto, il quale influisce sulla formazione dell’individuo dando vita, molto spesso, a schemi rigidi. La narrazione che si fa di se stessi, in relazione alla realtà in cui ci si trova, è un modo per dare senso alla propria esperienza e per organizzarla. L’individuo agisce nel mondo secondo dei modelli di cui non è neanche totalmente cosciente e che, se vuole cambiare, vanno riportati in superficie, estratti da quel magma sottostante alla crosta, che si voglia chiamare inconscio, conoscenza implicita o in altri modi.

Laura Marchese

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