“De Vulgare” e il valore dei dialetti

“De Vulgare” è un’associazione di promozione sociale nata nel 2021 dal connubio di idee di due ragazzi emigrati a Londra con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio linguistico locale. Niccolò e Guglielmo sono cresciuti in un ambiente dove l’utilizzo del dialetto era visto come una forma di maleducazione e non parlare la lingua standard indicava un basso tasso di scolarizzazione. Parlare un dialetto è stato ritenuto per anni indice di una mentalità rozza: spesso derisa e disprezzata, la dialettofonia è stata a lungo considerata un ostacolo nell’imparare l’italiano. Questa visione negativa dei dialetti ha preso piede dopo l’Unità d’Italia del 1871, quando si tentò di dare al paese un’unica lingua: per raggiungere questo obiettivo, si è iniziato a denigrare e ad accantonare le parlate locali.

La definizione di dialetto è complessa e molto controversa: in linguistica un dialetto è semplicemente una varietà di lingua.  

È necessario specificare che, linguisticamente parlando, non c’è alcuna differenza tra lingua e dialetto. Determinati idiomi vengono definiti come dialetti perché l’approccio sociolinguistico tiene conto di come i parlanti percepiscono la propria lingua: se viene parlata in contesti formali o informali, in che contesti essa è considerata adatta da utilizzare, e così via.  

Il progetto “De Vulgare” si propone di creare un’audioteca digitale di tutte le lingue italiane, un intervento più che necessario per salvaguardare la ricchezza linguistica locale. I principali obiettivi dell’associazione di Niccolò e Guglielmo sono la creazione di ponti e connessioni, la salvaguardia delle varietà linguistiche locali e la loro valorizzazione per diffonderne la conoscenza

Come fece notare il dialettologo Gerhard Rohlfs, l’Italia gode del privilegio di essere il Paese più frazionato nei suoi dialetti, al punto che la pronuncia di un termine può cambiare spostandosi di soli pochi chilometri: per la parola “melanzana”, ad esempio, in Sicilia sono riscontrabili numerose e diverse varianti (milinciana, mulanciana, mulinciana, mulunciana, mirinciana) a seconda della zona.

È necessario abbracciare l’idea di ricominciare a parlare i rispettivi dialetti per poter contribuire alla loro preservazione: essi rappresentano in effetti dei valori unici da tutelare per poter salvaguardare la storia e l’identità di luoghi unici al mondo. Proteggerli e valorizzarli permette inoltre di avvicinarsi alla propria tradizione storica e linguistica e di accrescere il proprio bagaglio culturale.

Fortunatamente, negli ultimi anni si è registrato un aumento della dialettofonia e ad oggi l’uso del dialetto è visto come un arricchimento del bagaglio culturale personale e non come un ostacolo o un peso. Grazie ad associazioni come “De Vulgare” è in corso una restituzione di dignità alle lingue locali

Purtroppo esistono ancora molti pregiudizi, che aumentano in particolare quando il focus viene spostato sui dialetti meridionali, ma per fortuna anch’essi negli ultimi tempi stanno venendo smantellati: la generazione degli anni Settanta, per esempio, che fino a vent’anni fa si rifiutava di parlare in dialetto, nel passato più recente ha ripreso a utilizzarlo riconoscendo il suo valore inestimabile; allo stesso modo, in alcune regioni la generazione Z sta offrendo un futuro alle lingue locali destinate all’oblio. L’estinzione dei dialetti non sarebbe solo una perdita sotto il punto di vista culturale, ma anche per quello cognitivo, dal momento che parlare più di una lingua comporta molteplici benefici per il cervello.

Questo articolo vuole essere un invito a riscoprire le proprie radici. Un modo interessante per farlo ci è stato offerto negli scorsi mesi dal tanto amato Topolino. La formula è stata sperimentata il 17 gennaio 2025 (Giornata nazionale dei dialetti) con la messa in stampa di una storia scritta nei dialetti di quattro regioni: Campania, Sicilia, Lombardia e Toscana. La proposta ha riscosso così tanto successo da indurre la casa editrice a ripetere la medesima formula lo scorso 2 di aprile, mandando in stampa una storia di Topolino “tradotta” in torinese, barese, veneziano e romanesco. 

Alex Bertani, direttore di Topolino: “È un’ottima occasione per ricordarci quale immenso patrimonio culturale e storico rappresentino le centinaia di idiomi che attraversano la nostra Penisola da nord a sud e da levante a ponente. Testimonianze vive di un’eredità storica quanto mai ricca e preziosa. Lasciatemi però dire che leggere le disavventure di Zio Paperone in questi dialetti è stata anche l’occasione di un divertimento che da tempo non provavo. Leggere per credere”.

Agnese De Gaetano

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