Storia di un’Italia ribelle e di una scintilla di speranza (pt. I)
A partire dal 22 settembre 2025, data di sciopero generale nazionale, molte persone sono scese in strada in più di 75 città italiane per protestare contro le violenze messe in atto da Israele nei confronti del popolo palestinese. I manifestanti avevano anche altri scopi, tra cui ribellarsi ai governi che cooperano e negoziano con Israele, favorire l’ingresso di aiuti umanitari nella striscia di Gaza e sostenere la Global Sumud Flotilla, ovvero la flotta di navi con a bordo attivisti e volontari di più di 40 nazionalità diverse che mirava a portare soccorso ai palestinesi, lanciando un messaggio di umanità ed empatia al mondo intero. I verbi sono volti al passato perché, proprio negli ultimi giorni, gli equipaggi sono stati bloccati al largo delle coste di Gaza, in acque su cui Israele non potrebbe vantare alcun diritto, trattandosi di acque internazionali, o meglio ancora palestinesi — come sono state definite dalla Corte internazionale di giustizia — le persone a bordo delle barche sono state portate in Israele e successivamente sono state rimpatriate.
In generale, si è trattato di proteste pacifiche, tuttavia, in alcuni casi, come a Milano, ci sono stati degli scontri tra manifestanti e polizia: tra i danni si contano alcuni feriti e dei vetri rotti. Come spiegato nel podcast e nell’articolo pubblicati dal Post in data 23 settembre, molti giornali hanno dovuto compiere una scelta: se mettere in primo piano le 600.000 persone che hanno preso parte a manifestazioni pacifiche o se dare piuttosto risalto ai rari episodi più violenti che hanno avuto luogo. Per esempio, il Corriere della sera ha pubblicato un articolo intitolato “Scontri in stazione Centrale a Milano durante il corteo per Gaza, oggi: cariche, fumogeni, vetri rotti. Dieci fermati, 60 agenti feriti. Treni bloccati. Dalle 18 ferme linee M1 e M3”, che si concentra chiaramente sui problemi provocati da alcuni manifestanti a Milano. Nel testo sono riportate anche le critiche della Presidente del Consiglio Meloni e del sindaco di Milano Sala, i quali si dichiarano vicini ai poliziotti feriti e condannano la violenza, la quale «certamente non aiuta la causa di Gaza».
Completamente diversa è la scelta operata dalle testate Il Fatto Quotidiano e Il Manifesto: il primo, infatti, riporta un articolo dal titolo “Marea pacifica ma tutti parlano dei cento violenti”, mentre il secondo rinforza con “Un mondo. Sciopero riuscito e cortei pieni per Gaza, sciopero diverso rispetto a quelli del governo complice di Israele”. In questi ultimi due articoli si cerca di evidenziare l’enorme partecipazione e il forte coinvolgimento degli italiani, intenzionati a dimostrare il loro supporto al popolo palestinese e a mettere in chiaro che gli atteggiamenti e le decisioni prese dal governo di un Paese non sempre corrispondono alla volontà della popolazione.


I politici, come il sindaco di Milano Sala, Meloni e Salvini, si sono indignati per l’aggressività dimostrata da certi manifestanti e per i danni alle vetrine della stazione di Milano, che, se confrontati alle violenze subite da un’intera popolazione, risultano irrilevanti. Si parla di quasi 70.000 vittime (secondo i dati ISPI) generate da due anni di continui bombardamenti e sparatorie che non hanno come bersaglio i militari, bensì uomini, donne e bambini.
La violenza sicuramente non è mai giustificata, ma bisogna anche saper discernere tra i vari tipi di violenza e torti. Lo spiega bene Flavia Carlini, la quale si rifiuta di credere che dalla stessa parte del torto si trovi chi spacca una vetrina e chi usa la forza nei confronti di vittime innocenti. «Il vetro di una stazione si ripara, ma nessun bambino di Gaza rinascerà e nessun sopravvissuto dimenticherà quello che ha dovuto subire», sostiene l’attivista. Effettivamente è abbastanza grottesco paragonare i danni causati da un corteo alla distruzione nella Striscia, dove si contano migliaia e migliaia di morti e feriti.
Pubblicamente l’Italia non sta dando una bella impressione di sé, innanzitutto perché il nostro è uno dei 47 Paesi (insieme a Germania e Stati Uniti), sui 193 totali che compongono l’ONU, che non ha riconosciuto neanche simbolicamente lo stato di Palestina, inoltre è “nostra” anche una decisione che ha acceso diversi dibattiti. Il 17 settembre, al Parlamento Europeo, di fronte alla proposta di Ursula von der Leyen di discutere delle eventuali sanzioni contro Israele, l’esponente italiano della Commissione europea, Fitto, invece di mettere a verbale la posizione dell’Italia su questo tema, si è alzato e ha lasciato la sala. Questo gesto molto forte ha generato un certo scalpore, poiché implica anche una mancanza di volontà di dialogo con i rappresentanti degli altri Paesi seduti a quel tavolo.
Questo tema sarà approfondito meglio nella seconda parte dell’articolo, ma anticipo che, nonostante i numerosi scettici, le proteste hanno dato finalmente i loro frutti. Infatti, dal 7 ottobre, sia Hamas sia Israele, con la mediazione di Egitto, Turchia, Qatar e Stati Uniti, hanno firmato la prima parte degli accordi di pace a Sharm el-Sheikh (in Egitto) e l’effetto più evidente, oltre al cessate il fuoco, dovrebbe essere la restituzione degli ostaggi da parte di Hamas. Finalmente uno spiraglio di luce dopo due anni esatti di attacchi, tensione e paura.
Suonano particolarmente azzeccate in questo momento le parole del cantautore Gaber, quando cantava: «Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono». Spesso si critica l’Italia a causa della sua immagine pubblica, legata alle decisioni del governo o a certi comportamenti dei suoi cittadini, ma quando si vedono migliaia di persone scendere in piazza per sostenere i diritti di un altro popolo e protestare contro una violenza e delle morti ingiuste, ci si può sentire fieri di essere italiani. E nel momento in cui arriva la notizia della pace tanto agognata, si può esultare, si può dire: «Io ero là quando c’era bisogno di me». Perciò, possiamo sentirci partecipi di quella pace, di cui, anche se in piccola parte e da lontano, siamo fautori.
Francesca Salvai
Fonti:
Post (podcast Morning di Nicola Ghittoni e vari articoli)
https://www.ilpost.it/2025/09/23/manifestazioni-palestina-italia-come-sono-andate/
https://it.euronews.com/2025/09/27/dalla-germania-allitalia-le-proteste-contro-la-guerra-a-gaza
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/edizione/martedi-23-settembre-2025/
https://ilmanifesto.it/blocchiamo-tutto-300mila-nella-capitale-per-gaza
https://ilmanifesto.it/la-sumud-in-agora-a-roma-agitazione-permanente
https://www.ilpost.it/2025/10/09/hamas-israele-accordo-guerra-gaza/
