“Ex soldato diventa una bella bionda” è questo il titolo pubblicato nel 1952 dal «New York Daily News» riferito a una vicenda alquanto insolita a quel tempo. Un cittadino americano, George William, recatosi in Danimarca, si sottopose a un’operazione di cambio di sesso. A dir dell’articolo, Christine era la prima donna transgender ad aver avuto il coraggio di intraprendere una scelta del genere, ma operazioni chirurgiche di questo tipo in Danimarca venivano effettuate da diverso tempo. Basti pensare a Dora Richter e Lily Elbe, a cui è ispirato il film di successo The Danish Girl, prime due donne transessuali a subire interventi di questo calibro a cavallo tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta. Una cosa è però certa: Christine fu la prima donna transgender americana ad aver il coraggio di parlare della sua storia, di combattere a gran voce per la tutela dei diritti di una comunità messa a tacere.
George William nacque a New York il 30 maggio 1926, partecipò alla seconda guerra mondiale come soldato dell’U.S Army. Successivamente intraprese una carriera come fotografo. Durante il periodo post bellico, si informò sulle operazioni di cambio di sesso che venivano messe in atto in Europa, decise di recarsi a Copenaghen per sottoporsi a una serie di interventi chirurgici per la transizione da uomo a donna e, dopo aver ottenuto alcuni permessi, riuscì a portare a termine il proprio obiettivo: far coincidere la propria anima e il proprio aspetto, diventare Christine Jorgensen. Scelse il nome in onore del medico che gli permise di rinascere, Christian Hamburger, esperto di cure ormonali per il cambio di sesso. Tempo dopo, subì una penectomia e, nel novembre del 1952, una vaginoplastica.

Una volta tornata in America, Christine decise di comunicare ai genitori il proprio cambiamento attraverso una lettera in cui emerge una delle sue più conosciute citazioni: “la natura ha fatto un errore che io ho corretto e ora sono vostra figlia”. Da questo momento in poi, quello di Christine divenne un caso mediatico per via dello scandalo suscitato negli anni Cinquanta del secolo scorso, in cui la transessualità era un tabù culturalmente solido. Anziché farsi travolgere dai giudizi stupefatti e inorriditi dell’opinione pubblica, Christine decise di cavalcare l’onda del successo e di diventare una portavoce convinta dei propri diritti e di quelli di tutte le persone che, come lei, sono nate in un corpo che non le rappresenta.
Intraprese una carriera da intrattenitrice, attrice e attivista, battendosi con convinzione per le proprie idee e sradicando pian piano gli ideali conservatori di una società con una mentalità retrograda e ancora troppo acerba per concepire che non si trattava di fenomeni da baraccone, ma di veri e propri esseri umani. Negli anni Settanta e Ottanta divulgò la propria storia di vita in diversi campus universitari e salotti televisivi, dove si distinse per la sua arguta ironia nel saper trattare temi di difficile comprensione per il pubblico.
È il 1989 quando, a soli sessantadue anni, Christine Jorgensen perde la vita a causa di un tumore, cessando definitivamente la propria attività di divulgatrice. Nonostante il precoce addio, è stata l’apripista americana (e non solo) per tante altre attiviste transgender. Grazie alla sua coraggiosa attività il peso del tabù che gravava sul tema della transessualità si è alleggerito sempre di più e ha consentito di raggiungere un livello di consapevolezza maturo quanto quello attuale (pur sempre migliorabile).
Giulia Calvi
Fonti: Wikipedia; Will Media
Crediti immagine di copertina: LGBTQIA+ Wiki
