Una landa collinosa scossa da un forte vento che non incontra alcuna resistenza se non l’ondeggiare furioso dei fili d’erba. In un mondo blu cielo e verde erba – come cantano i Lonely The Brave – appare dal nulla una giovane donna, con i capelli infuocati che frustano l’aria. Sarebbe bella se non fosse per gli occhi, irritati da un continuo pianto disperato che si trasforma in urla potentissime. Un grido che è presagio di morte. È la banshee, spirito femminile che fa parte del “piccolo popolo” di folletti, fate, elfi e gnomi, che da millenni popolano le terre indomite d’Irlanda e di Scozia. Dèi nascosti che richiamano un mondo primordiale e selvaggio; dèi che osservano l’umano e il suo operato, come ci ricordano le pagine di Neil Gaiman.
Questo è il clima de “Gli spiriti dell’isola” (titolo originale “Banshees of Inisherin”), nuovo film targato Disney, che il regista irlandese Martin McDonagh ha ambientato nella sua terra natale e che è uscito a inizio febbraio nelle sale italiane.
Trama e significato
Nel 1923 sta per terminare la guerra civile irlandese, che ha sconvolto due Paesi. L’isola di Inisherin, però, sembra che non sia stata toccata dalla gravità del conflitto, tanto che a volte gli isolani si fermano a guardare, un po’ dubbiosi e un po’ intimoriti, la terraferma lontana, da cui si odono spari e tumulti. Ma la guerra è guerra, ovvero azione umana, che sia tra due nazioni o tra due persone. Anche ad Inisherin si insinua una discordia primordiale, uno scontro che ricorda quello di Caino e Abele. Un parallelo che richiama la guerra civile e quella fratricida; tutto si svolgerà sotto lo sguardo indagatore della statua della Madonna, che dal suo piedistallo domina l’isola e i suoi abitanti. Pádraic Súilleabháin (Colin Farrell) e Colm Doherty (Brendan Gleeson) sono sempre stati amici, quasi fratelli, accomunati dal tempo trascorso insieme tra le scogliere erbose e le pinte di birra scura del pub. Sono inseparabili, anzi erano. Colm, di punto in bianco, decide di non sprecare più il suo tempo con Pádraic.
Pádraic: “Se ti ho fatto qualcosa, dimmi che cosa ti ho fatto!”
Colm: “È che non mi vai più a genio.”
Dal giorno alla notte, Colm non vuole più vedere l’amico, e all’inizio sembra che non abbia intenzione di rivelare la motivazione, suscitando la sorpresa non solo di Pádraic, ma di tutta la piccola comunità. Colm ha capito che l’amico è noioso e che i suoi discorsi sono vuoti di significato, perciò rompe tutti i rapporti con lui, per dedicarsi in toto al suo violino e alla musica, sperando di comporre qualcosa per cui essere ricordato dopo la morte, che sente vicina. Dal canto suo, Pádraic è un “pezzo di pane”, e secondo lui il valore fondamentale della vita è la gentilezza: non gli interessa essere rammentato da sconosciuti, ma vuole contare qualcosa per le persone a cui vuole bene, come Colm o la sorella, Siobhan (Kerry Condon). Due uomini agli estremi opposti: uno che vive per il futuro e uno che esiste solo nel presente. Due visioni destinate a scontrarsi in modo progressivo ma inesorabile, contornate da una serie invisibile di spiriti (che lo spettatore non vedrà mai, ma di cui sente la presenza), gli unici a presagire l’esito mortifero di tale conflitto. A nulla servono gli interventi di Siobahn e Dominic (Barry Keoghan), il problematico figlio del poliziotto locale; a nulla serve l’insistenza di Pádraic, che porta Colm a formulare uno sconcertante ultimatum che scatenerà il degenerare degli avvenimenti.
Colm: “Ecco ciò che ho deciso di fare: ho delle cesoie a casa mia e, d’ora in poi, ogni volta che mi darai fastidio, io le userò per tagliarmi un dito… a partire da adesso.”
Lati negativi
Nonostante i dialoghi siano ben scritti e pieni di dark humor, nella sceneggiatura sembra mancare qualcosa che non arriva mai, forse una risoluzione. Il film finisce e ci si domanda “E quindi? C’è altro?”. Il tema è uno, un conflitto personale metafora di macro-scontri, ma tutto gira intorno a questo. Non c’è uno sviluppo in altri sensi. Il titolo stesso, che richiama una tradizione mitologica non indifferente, esaurisce vagamente il suo essere nel personaggio di una vecchia, le cui parole intimoriscono tutti, essendo più dati di fatto che premonizioni, se si guarda col senno di poi. Forse, sono necessarie due visioni del film per apprezzarne valore e dettagli.
Lati positivi
“Gli spiriti dell’isola” è una grande metafora della follia umana, rappresentata da due piccoli uomini, quasi fratelli, che lottano tra loro senza una motivazione valida, in una Storia che si ripete ciclicamente e su di un’isola i cui abitanti sono influenzati da leggende e terrorizzati dalla vita oltre l’isola stessa. La voce della ragione è una donna, Siobahn, che mostra ai conterranei quanto la situazione sia assurda: la ragazza fa notare a Colm, che continua ad affermare la stupidità di Pádraic, che, non solo sarebbe sciocco tagliarsi le dita (per via del suo progetto musicale), ma che tutti in quella maledetta isola sono insensati e vuoti. Ben sottointeso: tutti tranne Siobahn, che infatti se ne andrà, stufa di quella realtà ristretta. McDonagh torna a lavorare brillantemente con la coppia Gleeson-Farrell, dopo 15 anni da “In Bruges”. Estremamente apprezzabile la scelta registica di inserire nel cast principale attori effettivamente irlandesi, cosa che esprime al meglio il cuore primordiale dell’Irlanda. In questo senso, il cast è perfetto: Farrell brilla sulla scena accanto al nostro amato Malocchio Moody, burbero come sempre, a cui fanno da cornice una serie di personaggi, tra cui si distinguono Condon e Keoghan. Diventato attore relativamente “tardi”, Keoghan ha presenziato alla pellicola Marvel “Titans” come personaggio secondario; sull’isola di Inisherin lo vediamo invece come Dominic, “l’idiota del villaggio”, rappresentato ironicamente, nonostante la tragedia di essere un figlio abusato dal padre e sempre in cerca della prossima donna da abbordare. Una performance degna di nota, che risulta particolarmente riuscita nella scena in cui si dichiara a Siobahn: tutto di Dominic, dalla mimica facciale a quella del corpo, è stato curato nei minimi dettagli, in modo da trasmettere l’impeto giovanile, la vergogna, l’attesa e la speranza di un ragazzo che si dichiara in un modo dolorosamente umile alla ragazza che desidera. Infine, è doveroso un elogio alla fotografia di Ben Davis e alla colonna sonora di Carter Burwell. Entrambe trasportano lo spettatore dalla sala cinematografica alla costa irlandese, verde e azzurra, soleggiata e non, sulle note dei canti folkloristici. Lati positivi che sono valsi al film 2 premi al festival di Venezia 2022 (Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile per Colin Farrell; Premio Osella per la migliore sceneggiatura a Martin McDonagh), 3 ai Golden Globe 2023 (premio per miglior film musicale o commedia; premio migliore attore in un film musicale o commedia a Colin Farrell; premio migliore sceneggiatura a Martin McDonagh) e 8 candidature agli Oscar, per le quali il film è in corsa fino al 12 marzo.
Rachele Crosetti
