“I’ll tell you what freedom is to me: no fear. I mean really, no fear!”
Nina Simone
Con la sua voce inconfondibile, e allo stesso tempo melodiosa e potente, Nina Simone è passata alla storia come una delle personalità più influenti della nostra epoca. Icona musicale e politica, la cantante è stata e continua ad essere di grande ispirazione per artisti a lei contemporanei e dei giorni nostri, tra i quali: Elton John, Aretha Franklin, Adele, Beyoncé, Kanye West e molti altri. Da dove viene tutto questo successo? Cosa la rende così emblematica e importante ancora oggi? A vent’anni dalla morte dell’artista, cercheremo di ricordare ciò che l’ha resa così speciale e amata dal pubblico di tutto il mondo.
Nina Simone sembra essere nata per essere indimenticabile: infatti, a soli tre anni, inizia a suonare il piano durante le messe nella chiesa della città natale, Tryton, in North Carolina. Fin da subito viene identificata come “enfant prodige” e il suo talento riuscirà a farle varcare i confini imposti da un ’America razzista e segregazionista. Siamo ancora nella “Jim Crow era”, Tryton, così come tante altre città americane (specialmente del sud), è letteralmente divisa in due: una linea ferroviaria separa la parte la ricca zona dei bianchi da quella povera dei neri, molto spesso costretti a lavorare per i propri vicini. La piccola Eunice (vero nome della cantante), con le sue doti conquista la cittadina, tant’è che “Miss Mazzy”, donna bianca da cui sua madre lavorava, decide di darle lezioni di pianoforte classico e di aprire un fondo, l’Eunice Waymon Fund, per finanziare gli studi della bambina. È così che in lei nasce un sogno che non l’abbandonerà mai: diventare la prima pianista classica di colore in America. Per questo a 19 anni, Eunice prova ad entrare al rinomato Curtis Institute of Music di Philadelphia, che nonostante le sue straordinarie capacità, la rifiuta. Questo episodio marcherà un momento importante nella vita della cantante: è qui che Eunice diventa Nina. Per la prima volta infatti, Nina diventa cosciente del razzismo sistemico americano, in quanto motiva il suo rifiuto come gesto puramente razzista. Fin dagli anni ’20 i neri intrattenevano il pubblico bianco con il jazz. Avvicinarsi al mondo classico, per una ragazza di colore, era dunque impensabile. Il mondo volle da lei che diventasse una cantante jazz, e così fu.
Per non far scoprire alla famiglia di essere diventata una cantante “della musica del diavolo”, Eunice cambia nome in Nina Simone e da qui sarà pronta a conquistare chiunque l’ascolti. Se da una parte Nina fu “costretta” a diventare una cantante jazz, etichetta e ruolo che spesso l’hanno incatenata, dall’altra è riuscita a liberarsi da queste catene creando una voce propria, difficile da racchiudere in categorie, che spazia dal jazz, al gospel alla musica classica e che oggi fa da base a tante canzoni hip-hop. Proprio la sua ricerca per scappare dalle etichette, la rende un’icona e paladina di libertà: più di tutti infatti, attraverso le sue canzoni, Nina Simone è riuscita a rappresentare tutte le sue complessità interiori, ma anche quelle esteriori. È con le proteste guidate dal movimento dei diritti civili degli anni ’60 che infatti Nina trova la sua voce, il vero scopo della sua musica: la rabbia e la voglia di giustizia dopo l’uccisione a sfondo razziale di Emmett Till e Medgar Evers in Mississippi, e l’attentato alla Baptist Church di Birmingham, in Alabama, che uccise quattro bambine, le fanno scrivere quella che considera la sua “prima canzone di protesta”: Mississippi Goddam, subito bandita in alcuni stati del sud e diventata uno gli inni del movimento per la lotta dei diritti civili, che infatti cantò nel 1965 alla fine della marcia di Selma. Da qui in avanti il repertorio di Nina sarà fortemente composto da canzoni di protesta, quali Backlash Blues e To Be Young, Gifted and Black , tant’è che l’artista irlandese Hozier, uno dei cantanti più influenzati da Simone, intitolerà un proprio brano per celebrare il genere “Nina Cried Power” (2018).
Il suo forte attivismo politico, con messaggi anche controversi, arrivò a minare la carriera che tanto aveva impiegato a costruire, segnando l’inizio del declino. Non venne più invitata a programmi televisivi per paura che potesse fare discorsi troppo schierati, la società americana la stava opprimendo, subiva da tempo gli abusi del marito e la sua indole violenta (successivamente riconosciuta come disturbo bipolare) ne faceva commettere altrettanti: decise quindi di lasciare tutto per andare in Africa, in Liberia, per cercare quella libertà che tanto le era stata preclusa. “I Wish I Knew How It Would Feel to Be Free” è uno dei suoi brani più famosi e forse libertà è la parola che meglio descrive lo spirito di Nina Simone, una libertà che ha spaventato molti, perfino lei stessa, una libertà incontenibile e imprevedibile, una libertà trasmessa attraverso canzoni che hanno permesso a lei e alla comunità per cui ha lottato, ma anche a chiunque l’ascolti oggi, di provare a capire cosa significasse essere liberi.
Maël Bertotto
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