Lovers Film Festival: l’animazione e la rappresentatività di genere

Dal 18 al 23 aprile si è tenuta la 38esima edizione di un festival molto importante e peculiare del panorama torinese: il Lovers Film Festival, una kermesse tutta dedicata al cinema e alle produzioni LGBTI+. Negli ultimi decenni si è ampliato sempre più, arrivando a proporre un numero importante di titoli (corto e lungometraggi, ma anche documentari) da tutto il mondo. Con la direzione di Vlamidir Luxuria, questa edizione ha rappresentato la prima tappa di un percorso che porterà al festeggiamento nel 2025 del quarantesimo anniversario del festival. Molti sono stati gli ospiti di rilievo di quest’anno, provenienti dal mondo dello spettacolo e non solo: dalla rivelazione giovanile di Rosa Chemical, al divulgatore Vincenzo Schettini, fino alla figura quanto mai interessante del monaco buddhista Kodo Nishimura, diventato anche make-up artist e modello che rivoluziona completamente i canoni di genere nell’ambito spirituale. Ma qui intendo parlarvi di un’interessante proiezione a cui ho assistito, accompagnata dalla presentazione di un progetto a tutela della comunità LGBTI+ e delle tematiche di genere.

Copertina dell’edizione di quest’anno del Festival
(Fonte: https://www.loversff.com/it/)

Il film in questione s’intitola Classmates (titolo originale Doukyusei), anime giapponese del 2016 tratto da una serie di manga e diretto da Shoko Nakamura. La storia narra di due studenti, Rihito Sajō e Hikaru Sasakibe, il primo timido e impacciato, il secondo loquace ed estroverso. Entrambi si devono allenare per un festival musicale della scuola, ma il primo ha molte difficoltà a cantare, mentre il secondo fa parte di una band. Sasakibe allora si offre di aiutare Sajō pur non conoscendolo, ma vedendo la sua tenacia nel voler migliorarsi. Iniziano così a vedersi frequentemente nel doposcuola, ma da una semplice conoscenza nasce qualcosa di più. Entrambi cominceranno ad esplorare sé stessi e ciò che provano l’uno per l’altro. Ma come sempre i sentimenti si scontrano con un mondo esterno giudicante, che pone domande e fa sentire emarginati.

Con una grafica ad acquerello molto delicata e minimalista, che convoglia perfettamente un senso di delicatezza e intimità, il film è un piccolo spaccato di amore estivo adolescenziale. Ritroviamo in esso i temi più classici delle rappresentazioni queer in questo genere cinematografico: protagonisti adolescenti in un’ambientazione scolastica, che si pongono al pubblico come “questioning“, mettendo in discussione la loro identità sessuale. In tal senso però troviamo anche una stereotipizzazione che rimanda ad una visione binaria delle relazioni amorose, ovvero che all’interno di un amore gay ci sia una netta differenza di rappresentazione fra una figura vista come “più maschile” (che ha maggior verve, in questo caso Sasakibe) e una figura vista come “più femminile” (che agisce in modo passivo, che sarebbe invece Sajō ). Molto interessante è il confronto e la dicotomia posta fra il periodo di vita che i due giovani studenti stanno vivendo, cioè la spensieratezza adolescenziale e un mondo in un certo senso protetto, rispetto invece a quello verso cui si stanno per proiettare, ossia la vita adulta. E nonostante possa sembrare che quest’ultima renda più liberi, pone invece a due ragazzi una serie di problemi: l’allontanamento l’uno dall’altro, ma anche il giudizio e le responsabilità, gli stereotipi del mondo adulto e le aspettative che ne conseguono.

Alla proiezione del film è seguita un’interessante presentazione da parte di due ricercatori universitari – Alessandra Richetto (Ph.D. student in Lettere) e Fabrizio Santoniccolo (Ph.D. student in Scienze Psicologiche, Antropologiche e dell’Educazione) – riguardante la rappresentazione delle tematiche queer nel mondo dell’animazione cinematografica. Attraverso un excursus temporale si scopre come sia cambiata la presenza (o per meglio dire la non presenza) di personaggi queer in film e serie animate, e come questi, ancora oggi, risentano di stereotipi difficili da abbattere. Fin dagli inizi del cinema e della tv, con il Codice Hays che limitava ciò che poteva essere mostrato sullo schermo, i personaggi LGBTI+ erano continuamente costruiti e ritratti come piccole comparse o villain della storia, destinati a tragedie o all’anonimato. È stato poi grazie alle produzioni provenienti dal Giappone e la loro diffusione globale che abbiamo un cambio di paradigma: con serie animate come La Principessa Zaffiro, Lady Oscar, Inuyasha e molte altre, per la prima volta il grande pubblico, soprattutto quello occidentale, può finalmente cogliere personaggi che mettono in discussione il binarismo di genere. Successivamente la presentazione si è soffermata sull’importanza sociale e individuale di vedersi rappresentati sul grande schermo. Infatti molto spesso nell’opinione pubblica domina ancora la quanto mai superata idea che la visione di certi comportamenti e fenomeni nei media porti le persone che ne fruiscono a fare altrettanto. E come ciò si diceva negli anni ’70 della violenza in tv, così è stato detto di altri orientamenti sessuali e di genere nel mondo del cinema. Idea priva di fondamento, strumentalizzata spesso per nascondere semplicemente un’attitudine omofoba nel non voler mostrare che esistono infinite espressioni della nostra identità e sessualità. E poterle ammirare sul grande o piccolo schermo è importante: non solo a livello di un’intera società che si proclama inclusiva e per i diritti di tutti, ma anche e soprattutto per il benessere dei singoli individui. Poterci specchiare nelle storie che ci appassionano, fin dalla tenera età, aiuta a non sentirci “sbagliati”, a capire e a far capire a tutti che ciò che continuiamo a definire come qualcosa di “diverso” o “alternativo” non lo è di principio, perché è e basta. Viviamo nell’era delle rappresentazioni per eccellenza, ma spesso sembra che ci si dimentichi della sua importanza sociale e politica. O forse la si conosce fin troppo.

L’evento è stato infine un’occasione per presentare un’importante progetto co-finanziato dalla Commissione Europea e incluso nella Strategia sull’uguaglianza LGBTI 2020-2025 per un’Unione dell’Uguaglianza. Il progetto si chiama INSIGHTEstablish an Inclusive LGBTI Health Care Provision: Make a stand against stigma, discrimination and inequalities. Il suo obbiettivo è quello di educare studenti, professionisti e operatori, in particolare nell’ambito sanitario, sulle esigenze di salute LGBTI+, al fine di creare maggior consapevolezza e creare un sistema sanitario inclusivo, competente e privo di discriminazioni. Potete trovare maggiori informazioni sui loro eventi e sul progetto in generale sul loro sito: https://lgbtq-insight-project.eu/it/ .

Rachele Gatto

Crediti immagini in evidenza: https://gaymingmag.com

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