Numerose sono le città universitarie in cui nelle scorse settimane gli studenti hanno reclamato affitti più accessibili e un reddito studentesco adeguato, nella speranza che sia garantito loro un eguale diritto allo studio. I tendaggi degli universitari riuniti in una mobilitazione nazionale contro il caro affitti si sono estesi da Milano fino a Napoli, coinvolgendo Padova, Pavia, Venezia, Torino, Bologna, Roma e Firenze.
Le statistiche parlano chiaro e sempre più ragazzi sono costretti a scegliere un ateneo maggiormente vicino alla propria residenza, abbandonando l’idea di studiare in quello di preferenza.
Sicuramente la domanda per vivere in città in cui vi è maggiore opportunità di studio e lavoro sta causando un forte spopolamento delle province, dando via a un massiccio processo di urbanizzazione nazionale: questo fattore, sommato alla crisi energetica, ai privati profittatori, alla carenza di politiche efficaci e all’aumento di affitti brevi per il turismo di massa, ha sicuramente gravato sui costi insostenibili di appartamenti e stanze.
Le proteste sono partite dalla metropoli di Milano, considerata fulcro di un’immensa speculazione immobiliare, dove i prezzi degli affitti sono vertiginosamente aumentati e l’inflazione si è fatta sentire anche sul costo degli alloggi: prendendo come esempio questa città, i recenti dati riportano che il costo al metro quadro risale a 22 euro, con un incremento dell’11%. Pertanto un’angusta abitazione di 50 metri quadrati richiederebbe un importo mensile di 1100 euro, molte volte con spese utenze escluse.
Sono molteplici coloro che ritengono il diritto allo studio in Italia un privilegio, in virtù della spesa sempre più ingente sostenuta da uno studente universitario durante il suo percorso. I costi della crisi spingono questo paese a scaricare responsabilità non di loro competenza sui singoli individui, impedendo loro un concreto e totale accesso all’istruzione.
I più attenti si appellano ai provvedimenti pubblici degli altri Stati europei, quali Francia, Spagna, Portogallo e Germania, che incentivano l’educazione scolastica provvedendo ad assegni mensili per pagare affitti, residenze e studentati accessibili tramite bandi specifici e politiche abitative serie, in grado di porre un blocco tariffario a tutela dello studente acquirente.
L’ondata generale di protesta legata a un malcontento sempre più diffuso nelle grandi città ha origine da un gesto isolato e simbolico di Ilaria, una studentessa che l’otto maggio si è piazzata con una tenda davanti al Politecnico di Milano, per accendere un faro sulla questione caro affitti, spingendo altri suoi colleghi nelle diversi sedi di Italia a solidarizzare per allargare il raggio d’azione di questa coraggiosa iniziativa. E così, infatti, è avvenuto: in seguito a un’interlocuzione con la Commissione Europea, il governo ha sbloccato un fondo di 660 milioni, destinati all’acquisizione della disponibilità di nuovi posti letto presso alloggi o residenze universitarie.
Con il dilagare della mobilitazione, il sindacato studentesco ha contattato la ministra Anna Maria Bernini sollecitando un tavolo tecnico al Mur per ottenere maggiori investimenti. Le rassicurazioni della ministra e le dichiarazioni sui fondi del PNRR non convincono gli studenti e i rispettivi portavoce, che richiedono cifre più alte per favorire una messa a norma di edifici sfitti – per poi successivamente trasformarli in studentati pubblici – e l’attivazione di politiche solidali per un canone concordato.
Riusciranno gli studenti a far sentire la loro voce?
Alessia Dotta
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