Sabato 15 Luglio la sezione torinese del movimento ambientalista Extinction Rebellion ha occupato il simbolo della città sabauda, la Mole Antonelliana, al fine di protestare contro le continue misure e investimenti portati avanti dal governo a favore di risorse fossili (in particolare il gas), restando cieco di fronte invece ai disastri sempre più quotidiani che affliggono tutto il nostro paese (e non solo). Azioni simili sono incrementate negli ultimi tempi un po’ ovunque: sempre più spesso, infatti, sentiamo parlare nei telegiornali o sui social di attivisti ambientalisti che imbrattano edifici o si incollano ai quadri per protestare e attirare l’attenzione. Questi gesti non devono essere minimizzati come mere “bizzarrie”, soprattutto per il loro carattere eclatante e per l’acceso dibattito che suscitano. Da una parte coloro che ritengono che occupare o imbrattare un monumento o un’opera d’arte a motivo di protesta sia sbagliato e insensato, oltre che inutile. Dall’altra coloro che invece vedono in queste azioni il grido disperato di una causa – quella per il clima – che per quanto urgente rimane inascoltata.
“CLIMA: AGIRE, ORA“: questo era lo slogan che svettava dallo striscione srotolato alla sommità della punta di diamante della città di Torino. Una ventina di attivisti, dopo aver comprato regolarmente il biglietto di ingresso al Museo, si sono recati alla cima e l’hanno simbolicamente occupata con questa scritta, legandosi alle inferriate e incentivando canti di protesta. L’occupazione è durata circa un’ora e mezza, senza particolari interventi delle forze dell’ordine. L’atto provocatorio però non ha fatto tardare commenti dalle istituzioni, come l’assessore all’ambiente della Regione Piemonte, che ha sottolineato come « queste azioni non diano nessun contributo al raggiungimento degli obiettivi per il contrasto al cambiamento climatico ».1 E così la polemica si riaccende: le proteste da parte di movimenti ambientalisti sono sempre più plateali e provocatorie, mentre il governo decide la via della repressione. E’ stato infatti approvato in Senato un disegno di legge contro l’ecovandalismo da parte del Ministro alla Cultura Sangiuliano, che ha l’obbiettivo di inasprire le pene per chi imbratta le opere d’arte, aggravando quelle già previste e rendendolo un crimine punibile con pene fino a 5 anni di reclusione.

Le conseguenze di questi provvedimenti pesano già su molti attivisti: tantissime le denunce per molti giovani per il solo atto di fare volantinaggio durante una protesta; un esempio è stata l’azione compiuta dal movimento durante il Salone di Libro di Torino, che ha creato non poche polemiche dalla stessa ministra Roccella. Fino al caso di Vercelli di qualche mese fa, in cui la questura, sfruttando le interpretazioni dell’articolo (che recita “chiunque renda non fruibile un’opera d’arte o il paesaggio“) ha denunciato degli attivisti che hanno posto delle semplici bende di stoffa su alcune statue. Uno di loro, un ragazzo di vent’anni, rischia ora il carcere. Questo desta grande preoccupazione nel movimento, come afferma Aurelia – attivista di XR: perché tali episodi di repressione sono sempre più frequenti e la non espressione del dissenso sempre più normalizzata, non solo verso gli attivisti ma anche verso chiunque testimoni o denunci queste cause: ad esempio il caso di alcuni giornalisti intenti a documentare una manifestazione di Ultima Generazione sulla provinciale tra Torino e Chivasso, che sono stati arrestati. Ma come afferma sempre Aurelia, questa repressione ha un profondo significato, perché è già di per sé una presa di posizione politica: ovvero che da parte delle istituzioni non si cerca e non si permette un confronto su tali temi.
Ma oltre la preoccupazione, tra gli attivsiti c’è anche la volontà di ironizzare sui nuovi provvedimenti: è infatti prorprio in risposta al decreto che l’azione di occupazione della Mole ha fatto leva, mettendo metaforicamente “a lutto” il monumento finchè non fosse data giusta attenzione ad un emergenza che affligge tutto e tutti. Interessante però notare come l’occupazione abbia suscitato un appoggio dal pubblico. « La risposta è positiva da parte della cittadinanza, e noi ne siamo contenti e contente. L’idea è di arrivare a più persone per creare sempre un movimento di massa che porti un disturbo tale che non si possa più rispondere con le denunce », mi racconta Aurelia.
Il nocciolo della questione resta di non facile soluzione: la mancanza di confronto e dibattitto dimostrato dalle istituzioni spinge i movimenti a rivendicare in modo sempre più plateale ed estremo uno spazio pubblico in cui emergere e farsi sentire, anche a costo di danneggiare e colpire simboli di storia e di bellezza del nostro paese. Proprio perché sono quelli in cui più si sedimenta e si proietta la nostra identità nazionale. Ma c’è da chiedersi fondamentalmente a cosa diamo più valore nella nostra quotidianità: ai beni culturali o a una madre natura che quasi più percepiamo se non nel caldo asfissiante e nelle inondazioni? Comunque la si pensi, è inequivocabile che non solo verso l’ecovandalismo, ma anche contro molte altre proteste e istanze, la risposta delle forze dell’ordine e di decreti rasenti una violenza istituzionale verso la libera espressione dei cittadini. Si può non essere d’accordo con queste azioni, ma forse dare semplicemente ascolto invece che giudicare sommariamente potrebbe essere un primo passo verso un vero diaologo.
Fonti:
- Comunicato Stampa di Extinction Rebellion (informazioni, foto nell’articolo e immagine in evidenza)
Rachele Gatto
