Come funziona la protezione solare e perché usarla
Con l’arrivo della bella stagione, e quindi delle vacanze estive, passiamo molto più tempo all’aperto, esposti ai raggi del sole.
Nonostante la radiazione solare sia indispensabile per il corretto funzionamento dell’organismo, è comunque necessario proteggersi. Ma perché? Quali sono i meccanismi che portano al danneggiamento della pelle, e come ci protegge la crema solare?
Per scoprirlo, cerchiamo di comprendere i meccanismi che stanno dietro all’interazione tra la cute e la luce del sole.
Il sole, come tutte le fonti luminose, ha un proprio “spettro di emissione”, che è l’insieme di tutte le frequenze che irradia.
Ogni fotone (il costituente elementare della radiazione elettromagnetica) ha una propria frequenza, che determina la quantità di energia da esso trasportata.
I nostri occhi attribuiscono una sfumatura diversa a ogni frequenza luminosa, ma questo vale solo per un piccolo range compreso tra i 430 e i 770 THz (Terahertz, cioè 10^12 Hertz), quello della luce visibile.
Questa parte dello spettro solare è innocua; il pericolo è rappresentato dalle radiazioni ultraviolette, cioè quei fotoni con frequenza superiore ai 770 THz e inferiore a circa 10.000 THz.
I raggi UV vengono classificati in altre sottocategorie in base alla loro frequenza, denominate tipo A, B e C.
Il tipo C, il più pericoloso, essendo quello con frequenza maggiore, viene filtrato dallo strato di ozono, e sulla superficie terrestre arrivano solo i tipi A (UVA) e B (UVB).
Gli UVA sono i meno energetici tra i due – ma anche la stragrande maggioranza degli UV che raggiungono la superficie – e penetrano lo strato più superficiale della pelle, composto di cellule morte e sclerificate, arrivando in profondità nel derma.
Questo tipo di radiazione non è ionizzante, cioè non è in grado di “strappare” elettroni agli atomi che incontra sul suo cammino. Gli UVA non causano, quindi, danni diretti al DNA.
Gli UVB, al contrario, non sono molto penetranti, tuttavia sono ionizzanti, e dunque in grado di alterare la composizione chimica del DNA nel nucleo delle cellule che colpiscono. Fortunatamente il 95% circa di queste radiazioni è assorbito dall’atmosfera terrestre, ma ciò che giunge sulla superficie è abbastanza da causare diverse patologie della pelle, tra le quali la più comune è l’eritema solare, un’ustione di primo grado conseguenza di una lunga esposizione ai raggi UV che tipicamente si manifesta con un ritardo di 6-12 ore.
L’eritema solare è correlato con un’incidenza aumentata di tumori maligni della pelle e altre malattie gravi, quindi è necessario proteggersi adeguatamente con la crema solare per evitare la sua comparsa.
Un’eccessiva esposizione ai raggi ultravioletti è inoltre associata con la depressione del sistema immunitario, che può favorire lo sviluppo di infezioni.
Il meccanismo che permette alle lozioni protettive di agire è molto simile a ciò che fa già l’atmosfera precedentemente al contatto dei raggi con la pelle: all’interno della crema solare sono presenti composti chimici in grado di filtrare lo spettro della luce, disperdendo tramite riflessione, assorbimento o diffusione l’energia dei fotoni con una particolare frequenza.
L’applicazione di questi prodotti, dunque, impedisce fisicamente ai raggi UV di raggiungere le cellule cutanee, formando una vera e propria barriera.
Questo stesso principio è, in realtà, già impiegato dalla pelle stessa, che possiede cellule chiamate “melanociti”, in grado di produrre melanina, una sostanza scura responsabile, insieme ad altri fattori, del colore della pelle, e che disperde l’energia dei raggi ultravioletti.
L’abbronzatura è quindi un’alternativa alla protezione solare? Purtroppo no, infatti il fattore di protezione offerto da questa sostanza corrisponde a un FPS (fattore di protezione solare) di circa 2, che corrisponde a un dimezzamento dei raggi ultravioletti che arrivano al nucleo delle cellule della pelle.
Se compariamo l’efficacia dell’abbronzatura con quella di una crema con FPS 50, che fa quindi passare solo un cinquantesimo dei raggi UV, notiamo subito quanto sia grande il divario.
Per intensità di radiazione costanti, il livello FPS di una protezione solare scala linearmente con la quantità di tempo necessaria per sviluppare un eritema, dunque applicare una crema con fattore di protezione 50 dovrebbe rendere cinquanta volte superiore il tempo necessario per ustionarsi.
È bene ricordare anche che i raggi ultravioletti, nonostante gli effetti avversi sull’organismo nel caso di esposizione eccessiva, sono in realtà necessari.
Queste radiazioni, infatti, oltre a possedere proprietà antibatteriche, sono responsabili di circa l’80% del fabbisogno del corpo umano di vitamina D, che viene sintetizzata dalla pelle quando colpita da questo tipo di raggi.
Non bisogna, quindi, evitare ad ogni costo il sole, ma solo proteggersi adeguatamente, facendo attenzione soprattutto in luoghi dove la radiazione luminosa colpisce più direttamente, come le montagne, con la loro atmosfera più rarefatta e l’elevata altitudine, o la spiaggia, dove i raggi UV vengono riflessi da sabbia e acqua colpendo una volta in più.
Mario Colabello
Sitografia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Sole
https://it.wikipedia.org/wiki/Protezione_solare
https://it.wikipedia.org/wiki/Eritema_solare
https://it.wikipedia.org/wiki/Filtro_solare_(cosmetica)
https://it.wikipedia.org/wiki/Abbronzatura
https://it.wikipedia.org/wiki/Fattore_di_protezione_solare
https://it.wikipedia.org/wiki/Radiazione_ultravioletta
https://it.wikipedia.org/wiki/Vitamina_D
https://it.wikipedia.org/wiki/Radiazione_solare
Definizione di “Fotone” di Oxford Languages and Google
Crediti immagine in evidenza: https://unsplash.com/it/foto/PfK35Iw1JAo
