Oppenheimer sta sbancando il botteghino: non è una sorpresa dato il grande hype che c’è stato per mesi, dall’uscita del trailer in poi, e anche grazie a una non piccola dose di marketing efficace e alla sua concomitanza con l’altro film del momento, Barbie, di Greta Gerwig. Ma, solitamente, all’uscita di un film di Christopher Nolan seguono numerosi elogi quanto altrettante critiche: è un regista che divide il mondo dei cinefili ormai da anni, tra coloro che lo osannano come il migliore dei nostri tempi e chi lo denigra affermando punti solo alla tecnica e allo stile, creando film non così eccelsi da definirlo un grande autore. A prescindere dallo schieramento, Nolan è indiscutibilmente tra i registi più interessanti della nostra generazione: è stato in grado di creare un suo stile inconfondibile e riconoscibile, che gli è valso l’amore e la fidelizzazione di una buona parte del pubblico. Ma soprattutto è in grado di misurare opposti che nel cinema di oggi difficilmente riescono a convivere: cinema d’autore e blockbuster, tecnica cinematografica e profondità delle storie narrate, azione e realismo con filosofia e fantascienza. Che possa piacere o meno, vale la pena contestualizzare quest’ultima opera con altre sue precedenti, per comprendere meglio l’evoluzione di un uomo e della sua visione curiosa quanto unica del mondo cinematografico.
The Prestige: scienza, la vera magia
Uscito nel 2006, The Prestige è forse uno dei film più emblematici e significativi della cinematografia nolaniana. La trama si snoda lungo la faida tra due illusionisti: ossessionati dal successo e dalla perfezione, tra vendette personali e segreti scopriranno i loro limiti e fino a che punto possono spingersi per diventare il migliore. La magia qui non è altro che una metafora del cinema stesso: l’illusione per eccellenza che trasporta in altri mondi e ci fa vivere l’impossibile. E come il pubblico che non vede realmente ciò che è evidente durante il trucco di magia, lo spettatore si perde davanti allo schermo quando “l’illusionista” Nolan mette in atto i suoi artifici stilistici, per farci credere che ciò che abbiamo davanti sia vero. Alcuni temi, ricorrenti nella filmografia di Nolan, connettono questa storia a Oppenheimer: primo fra tutti l’ossessione per l’invenzione, che spinge il protagonista fino ai limiti della moralità pur di svelare e di realizzare ciò che per gli altri sembra impossibile. In particolare in The Prestige la magia si mischia alla scienza: l’illusionista interpretato da Hugh Jackman, infatti, si rivolge addirittura al celebre Nikola Tesla per convincerlo a costruirgli una macchina degna di uno numero di magia insuperabile, finendo per sprigionare un segreto quasi sovrannaturale, che avrà un costo inimmaginabile. Già agli esordi il regista pone quindi una riflessione profonda sulla scoperta scientifica, e la messa in discussione morale del suo utilizzo. Simbolica la frase pronunciata da Tesla nel film (interpretato da un camaleontico David Bowie):
“Avete mai sentito la frase «L’uomo va al di là di ciò che può afferrare?» È falso. Ciò che può afferrare va al di là del suo coraggio. La società tollera un solo cambiamento per volta. La prima volta che ho tentato di cambiare il mondo, mi hanno chiamato visionario. La seconda volta, mi hanno chiesto educatamente di ritirarmi “.1

Dunkirk: la guerra ai minimi sistemi
Con Dunkirk si ha una svolta importante nella filmografia nolaniana: l’appello alla veridicità storica. Il regista abbandona scenari onirici e avveniristici, tra viaggi nei sogni o alla velocità della luce, per raccontare invece un fatto di guerra spesso dimenticato: la cosidetta Operazione Dynamo, ovvero l’evacuazione navale delle truppe britanniche strette dalla morsa tedesca nella località di Dunkerque. Dunkirk e Oppenheimer costituiscono gli unici due film di Nolan che fanno riferimento a fatti realmente accaduti: e se l’ultimo guarda alla guerra “dai massimi sistemi” e dalle grandi figure che hanno deciso le sorti di essa (pur se dietro le quinte), Dunkirk invece focalizza la cinepresa sui minimi sistemi, i soldati con le loro sofferenze e contraddizioni. Qui ad agire non sono grandi politici e scienziati, ma persone comuni che decidono di fare la loro parte, con la paura ma anche la speranza di contribuire. Entrambi i film presentano una peculiare caratteristica, che è anche tratto distintivo di Nolan: l’alternarsi di linee temporali differenti e punti di vista di personaggi diversi. Se nel caso di Oppenheimer abbiamo l’alternarsi dei ricordi del fisico – passati e presenti – con il punto di vista del personaggio di Strauss ( simbolicamente distinti dal bianco e nero), qui abbiamo tre storie parallele, distanti nello spazio e nel tempo. La complessa articolazione della trama con questo espediente è forse un modo per rendere una storia, che altrimenti sarebbe semplice e lineare, più intricata, com’è nel suo stile. Abbandonare infatti un film fantascientifico come il precedente Interstellar per passare ad una vicenda storica è stato molto particolare per un regista così fortemente connotato nel suo stile. Ma è altrettanto affascinante, come testimoniano sia Dunkirk che Oppenehimer, osservare come invece anche film storici possano essere trattati in modi inconsueti e assumere tratti quasi onirici. In particolare in questo film questo effetto è reso benissimo dal poco dialogo dei personaggi e dalla potenza evocativa che si è voluta dare alla fotografia, agli sguardi, ai luoghi, alle riprese.

Tenet: la guerra dal futuro
Tenet può essere visto come un preludio a Oppenheimer: la storia non è basata su fatti reali, così come il filo conduttore di tutta la trama (l’ipotesi di esistenza di un’entropia al contrario che inverte oggetti, persone e perfino il mondo intero), eppure le dinamiche di tale filo non ci sono così estranee. Una guerra imminente, pur se invisibile, una tecnologia così rivoluzionaria che può distruggere il mondo, la scienza come arma ma anche soluzione a questa guerra, interessi politici che si intersecano a grandi decisioni sulle sorti dell’umanità. Per quanto il film punti sull’azione piuttosto che sull’introspettività che distingue Oppenheimer, Tenet pone un’attenta riflessione e rivisitazione dei polarismi che hanno interessato la Guerra Fredda del secolo scorso, ricreandoli in un’immaginaria guerra del — anzi dal — futuro. Inoltre il film, come Oppenheimer, mostra perfettamente il rapporto controverso ma imprescindibile tra scienza e potere: come la prima influenzi le scelte del secondo, ma anche come quest’ultimo si appropri delle scoperte, del linguaggio e del prestigio che gode la scienza per legittimarsi, e agire concretamente. Entrambe le opere sono chiare: una scienza scevra dal potere non può esistere, perché al centro di entrambe vi è l’uomo, essere politico e culturale per sua natura. Da qui la disillusione di menti visionarie che intravedono un mondo non visibile agli altri (come Oppenheimer e le sue visioni iniziali nel film) ma la constatazione che tali visoni, tale svelamento di ciò che è ancora intangibile, non sarà mai pura scoperta, ma sempre assoggettato alle contingenze umane. Non è casuale che la scienziata che ha scoperto la tecnologia al centro della trama di Tenet abbia deciso di nasconderla e suicidarsi affinché nessuno la potesse usare.
Rachele Gatto
Fonti:
- Fonte immagine in evidenza: https://www.motionpictures.org/2023/07/oppenheimer-star-david-dastmalchian-doesnt-want-to-disappoint/

