Comunemente si è soliti dire che “la storia la scrive chi vince” ed effettivamente se si guarda a come ci viene tramandata la Storia non possiamo che essere d’accordo con il detto. Per secoli le classi dominanti hanno imposto la loro versione degli eventi chiave della nostra civiltà che, però, non per forza coincidono con quello che è veramente accaduto. Basti pensare che nell’immaginario comune degli statunitensi, furono i puritani inglesi che attraversarono dure tempeste a “fondare” le “nuove” terre americane, e non i nativi americani che invece quelle terre le abitavano da lungo tempo.
È possibile cambiare narrazione dando voce a chi fino ad ora non l’ha mai avuta? È la domanda che si pone attorno al 1980 un gruppo di studiosi dell’Università del Sussex che darà il via al nuovo movimento dei “subaltern studies”che si iscrive in quello più ampio degli studi postcoloniali. Con il termine “subaltern” la studiosa Ranajit Guha fa riferimento al rapporto di subordinazione nelle società Sud asiatiche, andando ad indagare principalmente il rapporto di potere tra colonizzati e colonizzatori. Per questo il movimento ha avuto forte rilevanza in India, con esponenti quali Gayatri Spivak che con il saggio “Can the Subaltern Speak?” unisce il femminismo al discorso di subalternità.
Il gruppo di studi rivoluziona il modo di raccontare i grandi eventi della storia, partendo “dal basso” e andando a cercare tutti quei testimoni che i documenti canonici hanno lasciato ai margini. Guardando all’indipendenza dell’India ad esempio, gli studiosi notarono come si fosse data poca rilevanza al contributo sostanziale che i contadini ebbero nella ribellione, ridando loro la voce che li era stata tolta. Non a caso Antonio Gramsci, oltre agli operai, considerò i contadini come possibili motori della rivoluzione marxista, e per questo fu di forte ispirazione per il gruppo di studi.
Se con il gruppo dei “subaltern studies” si è guardato a come riscrivere un pezzo di storia delle ex colonie inglesi, si può adottare lo stesso metodo con un altro pezzo di storia britannica. Seppur di grandissima rilevanza per ciò a cui ha portato, il massacro di Peterloo avvenuto nell’agosto del 1819, stando al Guardian, è raramente insegnato a scuola poiché fu una battaglia mossa non da chi deteneva il potere ma da chi ne era oppresso, e solo nel 2019, con il film “Peterloo” di Mike Leigh, è iniziato ad entrare di più nel dibattito pubblico.
Ma perché è così rilevante per la storia britannica? Siamo in un periodo di grandi cambiamenti: la rivoluzione francese ha da poco sconvolto l’Europa, le macchine della rivoluzione industriale stanno poco a poco riducendo la manodopera e tutti i soldati impegnati nelle battaglie napoleoniche ritornati a casa cercano un nuovo posto nella società. Il popolo ha bisogno di sentirsi ascoltato, ma chi dovrebbe rappresentarlo sembra essere interessato solo ai propri bisogni. È così che le classi più basse, che ancora non avevano diritto di voto, iniziano a lottare per una propria rappresentanza in Parlamento: a Manchester, il 16 agosto 1819, sessantamila esponenti della “working class” si uniscono in una protesta per reclamare il proprio diritto di voto, ma presto la marcia si trasforma in tragedia: non si hanno i numeri esatti ma approssimativamente si contano 18 morti e più di 650 feriti per mano delle milizie inviate dall’aristocrazia, che si opponeva all’idea che le classi più basse potessero avere accesso al voto.
Nonostante l’immediato esito tragico, dove venne adoperata una censura feroce, la protesta portò al Great Reform Act del 1832 che creò più posti di rappresentanza per le città industriali e alla nascita del Manchester Guardian (oggi il Guardian) , il cui fondatore fu profondamente turbato dagli orrori che vide a Manchester e da come i giornali rappresentassero negativamente le vittime degli attacchi. Il poeta romantico Percy Bysshe Shelley ispirato dagli eventi scrisse The Masque of Anarchy, i cui ultimi versi sono stati usati più volte in discorsi politici contemporanei e che in qualche modo incarnano lo spirito del “subaltern study group” citato all’inizio:
Shake your chains to earth like dew
Which in sleep had fallen on you:
Ye are many – they are few!
Scuotete le vostre catene come rugiada
Che era caduta su di voi nel sonno:
Voi siete tanti – loro sono pochi!
Maёl Bertotto
Fonti:
-https://www.theguardian.com/uk-news/2019/aug/16/the-peterloo-massacre-what-was-it-and-what-did-it-mean
-https://scholarblogs.emory.edu/postcolonialstudies/2020/02/17/subaltern-studies/
Crediti immagini di copertina:
