“Fuga di cervelli”: Erasmus e non solo

In Italia, si è spesso sentito parlare della “fuga di cervelli, un fenomeno in cui giovani talenti emigrano all’estero alla ricerca di prospettive migliori. Tra pessimismo e disorientamento c’è un altro punto di vista da considerare: quello degli studenti stessi. Cosa spinge le persone al passo che viene definito fuga dei cervelli, anche se solo per un periodo limitato?

Un’esperienza all’estero può fare una differenza significativa, soprattutto in un mondo in cui il numero di laureati cresce, ma le opportunità di lavoro sembrano diminuire. Secondo alcune ricerche, addirittura il 60% dei giovani italiani è disposto a trasferirsi all’estero in modo permanente, indipendentemente dal titolo di studio o dallo stato occupazionale.

Tuttavia, la fuga dei cervelli non dovrebbe essere vista solo come un’opportunità per ricercare un impiego migliore; è anche un’opportunità per acquisire esperienza e confrontarsi con culture diverse. Quasi il 75% dei giovani italiani considera la possibilità di emigrare temporaneamente come un’occasione non solo per trovare lavoro, ma anche per fare nuove esperienze e relazionarsi con usanze, abitudini e stili di vita differenti dal proprio e che possono portare ad un percorso di crescita personale. Questa consapevolezza sottolinea l’importanza di un periodo all’estero, motivazione che va oltre lo studio e oltre la possibilità di inserire il viaggio-studio nel Curriculum Vitae di un individuo.

Un esempio notevole di questo approccio è il progetto Erasmus Plus, che punta a migliorare le prospettive occupazionali dei giovani, offrendo opportunità di studio e lavoro. A dimostrarlo sono i dati: infatti, il 51% dei tirocinanti italiani partecipanti al progetto è stato assunto dall’azienda ospitante, e il 9% ha persino avviato start-up di successo.

Viene, dunque, evidenziato che l’acquisizione di competenze e il processo di internazionalizzazione, favoriti dalle esperienze all’estero, offrono maggiori opportunità di carriera e stimolano l’iniziativa dei giovani.

Ma perché i giovani italiani hanno tanto successo all’estero? Alcuni sostengono che il sistema educativo italiano prepara i laureati a essere competenti e pronti ad affrontare sfide complesse. Tuttavia, in Italia manca ancora una politica del lavoro adeguata che consenta una transizione fluida dal mondo accademico al mondo del lavoro.

Un libro intitolato Exit Only racconta le storie di coloro che hanno deciso di lasciare l’Italia per lavorare all’estero, mostrando una generazione che sente il bisogno di superare i confini, desidera condividere competenze e cerca nuovi stimoli in un Paese che sembra incapace di fornire tali opportunità.

La soluzione a questo problema richiede un approccio olistico, approccio che momentaneamente l’Italia non è ancora riuscita a trovare e applicare. È necessario creare un mercato del lavoro più equo, con tutele adeguate per tutti, e combattere il nepotismo e abusi di potere così come l’eccessiva burocrazia o costi del dipendente che spesso ostacolano l’accesso ai posti di lavoro. Questi cambiamenti contribuirebbero a rendere l’Italia più accogliente per i giovani, affinché la fuga dei cervelli possa essere convertita in un ritorno di risorse umane altamente qualificate nel Paese.

Al momento tutto ciò sembra un’utopia ed ecco, invece, che l’esperienza all’estero offre loro l’opportunità di guadagnare di più e applicare le loro competenze in modo più efficace. Secondo l’Istat, a cinque anni dalla laurea, i giovani espatriati guadagnano il 61% in più rispetto a coloro che rimangono in Italia con lo stesso livello di istruzione.

In definitiva, la fuga dei cervelli è un fenomeno complesso con molte sfaccettature. Mentre offre opportunità di crescita professionale e personale all’estero, presenta anche sfide per l’Italia. Affrontare questi problemi richiede un impegno da parte del governo, delle istituzioni accademiche e della società nella sua interezza. Solo attraverso un approccio integrato e una politica del lavoro equa, l’Italia potrà trattenere e valorizzare il talento dei suoi giovani laureati, contribuendo al suo sviluppo futuro ed evitare che la “prima (temporanea) fuga di cervelli” si trasformi in un trasferimento definitivo in un altro Paese.

Roberto Martorana

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Un commento Aggiungi il tuo

  1. Avatar di Daniela Daniela ha detto:

    analisi perfetta, ma le nostre istituzioni hanno dimostrato più volte una totale indifferenza ai piani di sviluppo del lavoro e della ricerca. Credo che il trasferimento definitivo sia già in atto e ci perderemo via via sia la possibilità di conservare un Paese giovane e competitivo

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