Tu lo sai perché “Barriera di Milano” o “Porta Nuova” si chiamano proprio così? 

Alcuni momenti che hanno segnato la storia dei confini di Torino

Quando sono a Torino spesso mi ritrovo a parlare con gli altri di strade, piazze e percorsi. Non abitandoci per me è solo una città di passaggio che ho conosciuto meglio solo di recente. Ho imparato a chiamare la periferia a nord “Barriera di Milano” senza chiedermi l’origine di quel “barriera”, e così per le varie circoscrizioni, non mi interessavo al perché un quartiere potesse chiamarsi borgo, come per esempio “Borgo Vittoria” o “Borgo San Paolo”, o una stazione “Porta Nuova”. Cercavo solo di ricordarmi le strade e i nomi. Ma quanta memoria sopravvive nei nomi dei luoghi? Torino è una città antichissima, che nel tempo è cresciuta e ha cambiato di fisionomia. 

Tutti ci ricordiamo che Torino è stata fondata dagli antichi romani, nel 9 a.C. .
Augusta Taurinorum era divisa in quattro parti dall’intersezione di due strade principali: il cardo e il decumano. Ognuna di queste parti era un quartiere.  Questa suddivisione restò invariata in epoca medioevale e caratterizza ancora oggi il centro storico della città, il Quadrilatero romano

Per secoli la città fu protetta dalle stesse antiche mura romane che ne delimitavano i confini.
I primi bastioni delle mura furono portati a termine dai francesi nel 1536, anno in cui occuparono la città. Nel 1557, dopo la battaglia di San Quintino, Emanuele Filiberto di Savoia sconfisse le truppe francesi che gli restituirono Torino, la Savoia e il Piemonte. Tra il 1564 e il 1577 le mura furono implementate con una nuova fortificazione pentagonale, la Cittadella, che fu posta nel lato sud ovest delle mura romane. Il Re promosse anche diverse iniziative per rendere più sontuosa la città, come la costruzione di Piazza Castello

Dagli anni 20 del ‘600 fino ai ’20 del ‘700 le aree centrali si ampliarono. Nel 1620 Carlo Emanuele I realizzò il primo ampliamento della città verso sud. Furono realizzate la Piazza Reale (l’attuale piazza San Carlo) e la via Nuova (via Roma), fino alla nuova Porta meridionale, Porta Nuova. In questo periodo Torino contava intorno ai 25 mila abitanti

Nel 1673 la città si ampliò verso est e verso sud, con la nuova sezione Contrada di Po e la via detta di PoPiazza d’armi (oggi piazza Vittorio Veneto), la piazza principale della contrada oggi detta Piazza Carlina. Nel 1679 venne istituito in via San Francesco da Paola il ghetto ebraico. Il terzo ampliamento della città verso ovest avvenne tra il 1715 e il 1729. L’organizzazione della città fu divisa in quattro quartieri: Cittadella, Via Nuova-San Salvario, Porta Palazzo e Vanchiglia.

Ma la popolazione non aumentava solo all’interno della città fortificata. Al di fuori delle mura, già in età romana, iniziarono a formarsi aree abitate legate alla produzione di beni e allo sfruttamento del territorio, dette borghi.
I più antichi si trovavano sulle sponde dei due fiumi che scorrono a Torino, il Borgo Po e il Borgo Dora, ma successivamente, con l’aumentare della popolazione cittadina, furono i primi ad essere inglobati nel tessuto urbano. Nell’alto medioevo nacquero poi i borghi Vanchiglia, San Donato, Martinetto, San Secondo e molti altri ancora anche nei secoli a venire, come i borghi Vittoria, Sassi e Cenisia, e ancora altri. In seguito al  trattato di Aquisgrana, del 1748, con cui il territorio smetteva di essere soggetto agli assalti militari, si aprì per loro un periodo di maggiore sicurezza e prosperità

Dal 1800 al 1814 Torino andò sotto l’occupazione napoleonica e il Piemonte divenne la ventisettesima ripartizione della Francia. Torino venne demilitarizzata e cessò di essere la capitale-fortezza dei Savoia. Venne demolita l’antica cinta muraria diventando una città aperta. La spinta riformatrice francese investì la città che, oltre ad assumere i loro modelli amministrativi e fiscali, si adoperò all’ammodernamento delle infrastrutture e dei servizi

Con la nuova piantumazione della città, nel 1801, Torino fu divisa in quattro sezioni sulle direttrici di traffico che mettevano in comunicazione la città col territorio dell’Impero Napoleonico e prendevano il nome da elementi naturali: Po, Dora, Montemisio e Monviso. Tra le altre importanti riforme, anche giuridiche, in ambito urbano si stabilì un piano per rendere carrabili e rotabili molte delle sue strade allora fangose. Tra il 1808 e 1809 venne istituita la numerazione civica. La città, allora, contava circa 64 mila abitanti.

Il 22 novembre 1810 iniziò la costruzione del Ponte sul Po, quello che oggi collega Piazza Castello alla Gran Madre, e che, il 27 aprile 1814, in seguito alla caduta di Napoleone,  il nuovo re Vittorio Emanuele I di Savoia attraversò trionfante rientrando nella sua città dopo anni di esilio. Torino, che ora non aveva più una cinta muraria, non ebbe più problemi a espandersi urbanisticamente, soprattutto verso sud, in quello che si può definire il quarto ampliamento della città. Ma non restò una città aperta a lungo. 

Conseguentemente allo Statuto Albertino del 1848, che dava alle autorità locali la facoltà di riscuotere le imposte e i dazi, fu finanziato il progetto di una vasta cinta daziaria per controllare le merci in entrata e uscita e riscuotere l’imposta su di esse.
I lavori si conclusero in cinque anni, nel 1853. Questa cinta, progettata dall’ingegnere Edoardo Pecco, oltre che un’opera edile di tipo civile costruita a scopo fiscale per far incrementare al massimo le entrate con le tasse, contrastare il fenomeno del contrabbando e controllare l’ingrandimento della capitale, era anche un’opera edile dal carattere militare.
Infatti si era da poco conclusa la prima guerra di indipendenza. Nel 1848 Carlo Alberto aveva dichiarato guerra all’Austria, che allora occupava il lombardo-veneto, e invaso il territorio della Lombardia sull’onda delle giornate di Milano (18 marzo) nel contesto più esteso delle rivoluzioni del ’48. Nonostante la definitiva disfatta di Novara nel marzo del 1849 il Regno di Savoia non aveva abbandonato le proprie mire espansionistiche ed erano temuti attacchi dalle potenze oppositrici.

All’incrocio con le strade di accesso alla città la cinta presentava aperture dette “barriere“. Erano costituite da uno spiazzo che fungeva come una sorta di anticamera alla città, permetteva la sosta dei carri e alle guardie del comune di riscuotere il dazio sulle merci trasportate. Ciascuna piazza era dotata di uffici e caserme dei dazieri e di un peso pubblico.

Rispetto alla loro importanza tali barriere erano divise in tre ordini.
Al primo ordine appartenevano, nella parte piana, Barriera di Nizza (oggi piazza Carducci), Barriera di Francia (oggi piazza Derna) e Barriera di Milano (oggi piazza Crispi). Nella parte collinare invece c’erano Barriera di Casale (oggi piazza Borromini) e Barriera di Piacenza (oggi lo slargo di corso Moncalieri e via Marsala).  C’erano poi quelle di secondo ordine: Barriera di Stupinigi (oggi incrocio Lepanto e Unione Sovietica), Barriera di Orbassano (incrocio di corso de Gasperi con via Fratelli Carle) Barriera di Lanzo (piazza Baldissera), Barriera di Vanchiglia (incrocio corsi Belgio e Tortona). Infine i “baracconi“, caselli daziari d’importanza minore. In seguito furono istituiti anche caselli per il controllo daziario lungo le principali linee ferroviarie: la Barriera di Genova e la Barriera di Susa.

Attorno a queste piazze, lungo le strade di accesso alla città e attorno alla barriera, sorsero aggregati di case, le borgate, come borgata Ceronda o Vittoria. Alcune di queste, per metonimia, presero il nome di barriere, come barriera di Lanzo o barriera di Milano

Dopo il trasferimento della capitale del regno d’Italia da Torino a Firenze, nel 1865, la città perse il suo ruolo terziario indotto da quello di capitale. Per lungo tempo le imposte furono la principale entrata nel bilancio comunale. Tra Ottocento e Novecento si concentrò di conseguenza un articolato processo industriale di costruzione di fabbriche che stimoló a sua volta la velocità di espansione della città. In questa fase si delinearono due diverse realtà: all’interno della cinta città l’espansione era pianificata e regolata, fuori della cinta era invece soggetta unicamente alla logica della proprietà fondiaria. Dai circa 173 mila abitanti del 1861 si passò nell’arco di cinquant’anni a più di 415 mila. Si rese così necessaria l’estensione del perimetro daziario. Nel 1912 fu costruita una seconda linea di cintura ben più ampia della precedente. Ma anche questa cessò di esistere quando, nel 1930, il governo fascista abolì le cinte daziarie.

La dimissione delle due cinte daziarie liberò spazi pubblici di notevole dimensione e ha permesso di creare due percorsi anulari di ampia sezione. In corrispondenza della cinta del 1853 si sviluppa l’anello dei corsi: Bramante, Pascoli, Ferrucci, Tassoni, Svizzera, Mortara, Vigevano, Novara, Tortona. Sul sedime della cinta daziaria del 1912 è articolato il percorso di circonvallazione urbana delle vie Vigliani, Reni, Maria Mazzarello, De Sanctis, Cossa, Sansovino, Veronese, Botticelli.

Dal censimento del 2021 risulta che la popolazione di  Torino ammonti a 848.748 abitanti. Oggi la città è divisa in otto circoscrizioni amministrative costituite da uno o più quartieri. Definiamo quartiere un settore di territorio che ha assorbito più borghi. Ma dove l’identità del borgo è rimasta anche il nome lo è, in alcuni casi sostituendosi completamente alla definizione di quartiere e mantenendo una identità molto forte.

Milena Toselli

    

foto:
1)https://www.museotorino.it/view/preview/1b31d8f23d55473596a0f91c4a541746/1 ; 2)https://torinostoria.com/wp19/wp-content/uploads/2020/11/La-Mappa-Cinta-Daziaria-1906_2-scaled-e1605708704408.jpg ;
3)https://it.wikipedia.org/wiki/Circoscrizioni_di_Torino#/media/File:Circoscrizioni_torino_2016.pn

   Bibliografia:
–   La storia della città per capire. Il rilievo urbano per conoscere. Borghi e borgate di Torino, Politecnico di Torino, Torino 2014 https://www.museotorino.it/resources/pdf/books/552/#10
–   Lupo, Giovanni Maria, Le barriere e la cinta daziaria, in Levra, Umberto (a cura di), Storia di Torino. Da capitale politica a capitale industriale, 1864-1915, Vol. 7, G. Einaudi, Torino 2001, pp. 303-317  https://www.museotorino.it/resources/pdf/books/148/#/450/
–  https://www.museotorino.it/view/s/85ba226a36c342e088dcae0a9ae52851

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