Immagina di essere su Minecraft: stai esplorando uno dei mondi virtuali più grandi e di successo mai creati, ti destreggi fra i miliardi di blocchi che sono diventati la sua cifra stilistica e il suo marchio di fabbrica. Ad un certo punto ti imbatti in una biblioteca gigante, su un isolotto nel bel mezzo del mare. Su di essa c’è una scritta: The Uncensored Library. Un bug? Uno scherzo satirico? Basta entrare per capire che non è affatto così, ma una vera e propria banca dati contro la censura giornalistica.
Creata il 12 marzo 2020, in occasione della Giornata Mondiale contro la Cyber Censura, l’Uncensored Library è una biblioteca digitale all’interno di una mappa server di Minecraft, accessibile in due modi: scaricando tale mappa dal sito web ufficiale o connettendosi al proprio server Minecraft. Il suo scopo è quello di aggirare la censura alla libertà di stampa presente in molti paesi, sia online che offline, permettendo un luogo sicuro in cui chiunque possa fruire di contenuti, articoli e reportage che sono stati messi all’oscuro, così come di conoscere le storie e i personaggi dietro questi. Soprattutto chi per quella libertà di parola ha osato, si è esposto e molto spesso ne è diventato martire.

“Providing access to independent information to young people around the world through a medium they can playfully interact with. Journalists from five different countries now have a place to make their voices heard again, despite having been banned, jailed, exiled and even killed. Their forbidden articles were republished in books within Minecraft, giving readers the chance to inform themselves about the real political situation in their countries and learn the importance of press freedom.”
https://www.uncensoredlibrary.com/en
Un mausoleo digitale
A crearla è stata Reporter Sans Frontièrs, un’organizzazione non governativa e no-profit, con lo stato di consulente delle Nazioni Unite, nata nel 1985 col grande obbiettivo di tutelare la libertà di stampa e informazione: infatti le sue due grandi attività sono monitorare la censura su Internet e fornire assistenza materiale, economica e psicologica ai giornalisti assegnati a zone pericolose.1 Oltre a questa attività in prima linea, RSF redige annualmente report e inchieste che informino costantemente sulla situazione attuale del giornalismo nei vari paesi del mondo. Alcuni esempi sono l’Indice mondiale della Libertà di Stampa, manuali per giornalisti e blogger in zone di guerra, o l’Indice dei predatori della Libertà di Stampa (un elenco di soggetti considerati come peggiori violatori della libertà di informazione). Al suo interno, la struttura dell’Uncensored Library è tutt’altro che banale, ma studiata nei minimi dettagli, anche simbolici. Entrando all’interno troviamo cinque sezioni principali dedicate ad un determinato Paese e a un giornalista che qui è stato censurato: Egitto, Messico, Russia, Arabia Saudita e Vietnam. Negli ultimi tempi si sta cercando di ampliarla sempre di più, creando nuove sezioni per altri Stati, come è stato fatto con una nuova area dedicata all’impatto della pandemia di Covid-19 sull’informazione in vari Paesi. Entrando in ogni sezione si rimane subito colpiti da alcuni aspetti: primo fra tutti la presenza di alcune foto ritraenti delle persone. Non degli avatar di Minecraft composte di blocchi, ma persone in carne ed ossa, esposte in dei quadri dall’aspetto commemorativo. E subito è chiaro il motivo: la maggior parte di quei giornalisti ritratti è morto per perseguire il diritto d’informazione e di libera espressione. E quello costruito per loro non è solo una pagina online, ma una sorta di mausoleo virtuale altrimenti impossibile da realizzare.

L’informazione dal basso
Il secondo elemento che colpisce è l’accuratezza simbolica e culturale di ogni sezione, in cui possiamo ritrovare tratti distintivi dei luoghi che rappresentano, così come anche ciò che è utilizzato come strumento politico di oppressione. Il solo fatto di aver costruito la libreria con uno stile classico ed aulico pone una contraddizione molto forte: un luogo visto per eccellenza come simbolo di potere e baluardo della cultura “alta” si trova invece a custodire il bene più prezioso e sempre più a rischio al giorno d’oggi: la libertà di espressione. E lo fa in posto inconsueto: un videogioco mainstream, che nulla ha a che fare con tutto questo. Cliccando sull’immagine di questi giornalisti si apre un’icona che spiega e contestualizza la situazione della libertà di stampa in quel determinato Paese da un punto di vista sia storico che politico, approfondendo poi la specifica vicenda di quel repoter e fornendo integralmente i testi degli articoli che sono stati censurati, alla portata di chiunque. Un vero e proprio esempio di contro-infromazione dal basso, che tenta di andare anche oltre: puntare ad un target giovanile, sensibilizzando soprattutto le nuove generazioni sul problema della censura. E decidere di farlo in questo modo è un’ulteriore provocazione: un videogioco come Minecraft, emblema di quell’idea retograda di gioventù bruciata di fronte ad uno schermo, esempio e giustificazione di un’intera generazione vista come indifferente e ignava, diventa invece veicolo di informazione e di protesta. Oltre quindi all’evidente volontà di creare uno spazio sicuro per informazioni scottanti laddove non potrebbero trovare posto nei media più consueti, c’è un’ironia ancora più acuta: se pensate ancora che videogiochi e social siano luogo di puro intrattenimento vi sbagliate di grosso.
“Truth finds a way”
Che oggi il web offra piattaforme e luoghi in cui poter esprimere liberamente le prorpie idee e in cui poter fare giornalismo eludendo la censura è ovvio: rimane però anche vero che la pressione alla libera espressione sta assumendo forme sempre più preoccupanti, dalle misure penali sempre più stringenti nei confronti di manifestatni in strada ai meccanismi shadowban degli algoritmi di alcune piattaforme. Di fronte a questa evidenza l’Uncensored Library è un piccolo esperimento dal grande singificato simbolico, segno di un contesto sociale e pubblico sentito come sempre più minaccioso per tutti coloro che vogliono mettere luce nelle zone d’ombra della nostra quotidianità. E in questo scopo non solo il web e i social, ma anche il mondo del gaming può diventare un’ulteriore spazio di protesta, che ancor più dei primi può superare censure e limitazioni, e raggiungere direttamente il suo pubblico. Altro esempio più recente è stata una protesta virtuale in sostegno alla Palestina organizzata da molti user all’interno della piattaforma Roblox2: si stima che la maggior parte degli utenti sia in età adolescenziale, eppure ha visto la partecipazione di milioni di persone collegate. Un gesto dal grande impatto, che deve far rilfettere sulle nuove strade che potrà intraprendere in futuro il dissenso sociale. Perchè come recita una frase scritta in una delle sale virtuali di questa libreria di Minecraft “Truth finds a way“.

(Fonte immagine: techcrunch.com)
Rachele Gatto
