La guerra in Ucraina e il conflitto isreaelo-palestinese – che ora stanno inglobando tutto il Medio Oriente – sono state nelle ultime settimane protagoniste di un vero e proprio boom finanziario che coinvolge alcuni dei maggiori centri di potere e capitale.
Nel corso dell’ultimo anno, infatti, solo a causa della guerra tra Russia e Ucraina, la crescita in Borsa dell’industria di armi ha visto un incremento del ben 25%, mentre il settore afferente l‘aerospazio e la difesa ha raggiunto picchi del 50%.
Alla fine del 2022 si parlava di un incremento di quasi 800 miliardi di dollari per i portafogli delle aziende militari, rispetto ai 700 del 2020.

Questa crescita – che ha raggiunto il suo picco nelle ultime settimane – è, in realtà, il frutto di un processo molto più lungo e radicato, che ha visto negli ultimi otto anni un aumento record delle spese militari in Europa, grazie soprattutto allo scambio di armi.
A livello globale la situazione, però, non differisce: la spesa è raddoppiata nell’ultimo ventennio e in particolare dal 2001, con la tragedia dell’11 Settembre. Ne consegue, naturalmente, che una tale corsa al riarmo abbia anche implicazioni finanziarie notevoli.
Secondo il Financial Times, infatti, questa tendenza è stata ulteriormente esacerbata dai conflitti attualmente in atto: nel 2022, la spesa militare globale è aumentata del 3,7% e non solo, il mercato ha raggiunto le dimensioni mastodontiche di 2.240 miliardi dollari. L’Europa, in tal senso, è stata una delle regioni che ha speso maggiormente, con un incremento del 13% di spesa per via della guerra in Ucraina.
Armi, munizioni, nuove tecnologie.
Come hanno reagito le imprese del settore? A vendere di più è stata la Corea del Sud con un incremento di vendite del 230% nell’ultimo anno. Questo dato, per quanto elevato, non è totalmente rappresentativo di ciò che sta accadendo nel resto del mondo: in realtà, la maggior parte delle aziende ha faticato – e continuerà a faticare – a fronteggiare una domanda così in espansione.
A bloccare la produzione sono soprattutto, sempre secondo il Times, interruzioni nella catena di approvvigionamento e una progressiva carenza di manodopera. Situazione, però, che non sembra affatto ottimista se si pensa che i principali investitori nel settore siano convinti che l’aumento per la difesa da parte dei governi sia destinato a durare, riflettendo il boom dei titoli del settore in Borsa.
Crediti immagini: Il Sole 24 Ore
Rebecca I Siri
